CECILIA GENTILE, la Repubblica 6/12/2010, 6 dicembre 2010
DUECENTOMILA IN SELLA "MA QUI NESSUNO CI TUTELA" - ROMA - «Né
infrastrutture né controlli. In altre parole: nessuna attenzione per la sicurezza». È questo l´eterno, drammatico problema dei ciclisti, ma anche dei pedoni e di tutta la cosiddetta utenza debole in Italia: essere abbandonati, considerati dei fastidiosi intrusi delle strade, pensate solo per le macchine. «Perché è vero - continua Antonio Dalla Venezia, presidente della Fiab, la Federazione italiana amici della bicicletta - che quello di Lamezia Terme è un episodio tutto particolare, con il conducente drogato e alla guida senza patente - ma nessuno lo avrebbe sottoposto a controlli se non avesse ammazzato sette persone. E se lungo quella statale ci fosse stato un percorso dedicato alle biciclette, separato dal flusso delle auto, quei ciclisti sarebbero ancora vivi».
Le cifre gli danno ragione. Negli ultimi tre anni, l´Italia ha investito appena cinque milioni l´anno nelle infrastrutture per la mobilità ciclistica. Soldi stanziati dal governo Prodi e spesi sotto Berlusconi. Dal 2002 al 2006 i finanziamenti previsti dallo stato per le biciclette sono stati pari a zero. Al contrario, dal 2007 la Germania ha deciso di investire 80 milioni all´anno solo per realizzare e garantire la manutenzione delle piste ciclabili lungo le autostrade federali. La Spagna ha trasformato 1.600 chilometri di ferrovie abbandonate in Vias Verdes, vale a dire percorsi riservati a biciclette, pedoni e cavalli.
Eppure in Italia sono 200mila i ciclisti amatoriali e 32 milioni gli italiani che possiedono una bici. Quando, lo scorso anno, il governo per la prima volta mise a disposizione otto milioni e 750mila euro di incentivi per l´acquisto di una bicicletta, furono 40mila le bici vendute in meno di tre settimane, con 8.000 pratiche al giorno inserite nel sito del ministero dell´Ambiente. Un´utenza potenziale che meriterebbe più rispetto e attenzione. Sempre in Germania le piste ciclabili extraurbane sono 40mila chilometri, in Inghilterra i percorsi per ciclisti ammontano complessivamente a 17mila chilometri. In Italia i chilometri di piste extraurbane sono appena una manciata, anche se la Fiab da anni ha individuato la Ciclopista del sole, 3.000 chilometri per spostarsi in sicurezza dal Brennero alla Sicilia che solo alcune coraggiose province del nord hanno in parte dotato di segnaletica.
È chiaro che in questo modo chi sceglie la bicicletta rischia la vita. Anzi, i dati dimostrano che mentre per le auto negli ultimi cinque anni gli incidenti sono diminuiti, per i ciclisti e i pedoni il numero di vittime e feriti rimane sostanzialmente stabile. E anche questo forse può spiegare perché in Italia solo il 4% degli spostamenti viene compiuto in bicicletta, contro il 9,5% della media europea.
«In Italia i controlli sul rispetto del codice della strada e della velocità sono un quinto di quelli effettuati negli altri paesi d´Europa», ricorda Edoardo Galatola, responsabile della sicurezza per la Fiab. «Se in città la riduzione della velocità e la creazione di zone a 30 all´ora è fondamentale per aumentare i livelli di sicurezza di ciclisti e pedoni, fuori città, nelle strade extraurbane, oltre ai controlli sulla velocità diventano indispensabili le infrastrutture», dichiara Alberto Fiorillo, responsabile della mobilità per Legambiente. E ancora una volta i numeri lo confermano: 295 ciclisti morti nel 2009, 288 nel 2008, 352 nel 2007. Pedoni e ciclisti insieme rappresentano il 27% del totale delle vittime degli incidenti stradali, contro la media europea del 20%.