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 2010  dicembre 05 Domenica calendario

GABRIEL GARKO

Sulle prime è diffidente. «I giornali inventano qualunque cosa. Uno ha scritto che ero a Porto Cervo a letto con una velina ma ho mollato tutto, ho noleggiato un elicottero per cinquemila euro e mi sono precipitato a Roma dal mio cavallo che stava male e ho anche dormito al suo fianco nella stalla. Ora: mai stato a Porto Cervo in vita mia, mai andato a letto con una velina, mai noleggiato un elicottero, mai dormito in una stalla. E fortunatamente il mio cavallo, facendo le corna, sta benissimo». Metti un pomeriggio con Garko - vero nome Dario Gabriel Oliviero - nel roof di un grande albergo di ardito design. Lui bello in modo caricaturale, gli zigomi alti, il sorriso abbagliante, gli occhi azzurro cangiante o forse verde veleno come il titolo di una delle sue tante fiction che i critici stroncano come trash ma le folle idolatrano. Maglietta e jeans blu, felpa grigio chiaro col cappuccio, a trentasei anni dal vivo appare più giovane che in televisione, un ragazzo e non ancora un uomo. Fuma molto, dice spesso «quant´altro», vuole accreditarsi come un antidivo, una persona normale. E invece è il Re Mida dello share, fenomeno sbanca-audience.
«Mi piace molto il mio lavoro, mi piace stare sul set, mi piace interpretare un personaggio, meglio se cattivo: dà più gusto. Ma quando finisco di recitare torno a essere me stesso. E allora voglio vivere nella normalità più assoluta, stare con amici di cui mi posso fidare, andare a cavallo, tenermi alla larga dai flash e quant´altro. Di vita ne ho una sola e me la voglio godere fino in fondo, senza perdere il senso della realtà. Per questo non vado a Porto Cervo o a Cortina a perdere tempo. Molto meglio stare con i miei animali».
Un vero e proprio piccolo zoo quello che Gabriel Garko alberga nella sua reggia bucolica alle soglie di Roma, a Zagarolo, dove lo scorso 5 settembre fu oggetto di una misteriosa aggressione da parte di ignoti. «Ho un cavallo di nome Otello e presto ne arriverà anche un altro. Ho un´alana nera di nome Afrodite, figlia del mio amatissimo Bacco che ora non c´è più e che ho seppellito in giardino. Ho un lupo cecoslovacco, non un cane lupo ma un vero lupo, di nome Aragon; un comportamentalista mi ha insegnato come gestirlo. Ho quattro gatti, un british, un trovatello e due maine coon, grandi e meravigliosi, ognuno pesa quattordici chili, sono neri a pelo lungo, ora ti faccio vedere la foto sull´iPhone. E ho un enorme acquario con ottomila litri d´acqua e solo pesci tropicali».
Non sarà un divo ma la villa in cui abita è quella di una star: «Ho il bar, la palestra, la sala della musica con il pianoforte a coda, la sala hobby e naturalmente la sala cinema per guardarmi i film in santa pace sullo schermo grande». Padre pasticcere, madre casalinga che sognava per lui un futuro da impiegato in banca oppure da carabiniere, ne ha fatta di strada Garko da quando, diciottenne, bussò alle porte del mondo dello spettacolo forte solo del suo aspetto fisico. «Mi alzavo alle quattro del mattino per aiutare mio padre a consegnare le paste e le torte, di giorno avevo un altro lavoretto e poi la sera da Settimo Torinese correvo in Liguria per partecipare alle selezioni del più bello d´Italia». Naturalmente arrivò primo ma la notte dell´elezione ci ripensò e l´indomani riconsegnò fascia, corona e titolo: «Mi vidi in trappola, un anno intero a fare il reginetto e quant´altro, ospite di qua e di là in costume da bagno, e così scappai»
Sono trascorsi diciannove anni: dal calendario seminudo sulle balle di fieno per Max e dal primo impacciato film con Tinto Brass in cui venne doppiato, Garko è passato gradualmente a lavorare con molti registi di nome. Ronconi a teatro che gli valse epiche stroncature, in televisione Samperi e Pingitore e al cinema Zeffirelli, Pieraccioni, Ozpetek: «Quel ruolo di malato terminale di Aids nelle Fate ignoranti è uno dei miei preferiti. Sono dimagrito quindici chili in meno di un mese, praticamente ho digiunato, per calarmi meglio nella parte. Pur di recitare con Ozpetek accettai di essere pagato una sciocchezza. Ma io amo moltissimo i ruoli in cui mi devo trasformare, cambiare radicalmente».
E invece recita in fondo sempre se stesso, bello e fatale, che sia un ufficiale nazista, un sacerdote, un mafioso, un poliziotto, un bandito: angelo o demone ma molto più demone che angelo, «perché bello e anche buono è troppo stucchevole e zuccheroso, roba da diabete, e invece più fai il cattivo più le donne ti amano, più sei intrigante, più hai il fascino del proibito. Magari rischi: il mio personaggio ne Il peccato e la vergogna era veramente troppo perfido, troppo infernale. E invece ha funzionato: abbiamo sfondato il tetto dei sei milioni di spettatori, un record».
Sogna di poter recitare con Almodovar, «perché è coraggioso», con Tornatore «perché è un grande maestro», ma soprattutto con i fratelli Coen, «perché riescono a tirar fuori dagli attori sempre qualcosa di nuovo, basta vedere come hanno trasformato Brad Pitt». Ma per il momento è blindato nel suo sistema di fiction televisive genere mélo alla Matarazzo, vere macchine per sbancare l´audience che fanno di Garko uno degli attori più richiesti del momento. «Sono sepolto sotto una valanga di proposte. Certo ci sono i miei collaboratori che mi aiutano a scremare i copioni e a valutarli, ma l´ultima parola spetta a me. E di soprannome mi chiamano "signornò". Preferisco mangiare pane e cipolle ma non dovermi pentire poi. Ho rifiutato anche tre film a Hollywood, ma proprio non erano nelle mie corde. Non ho mai fatto nessuna scuola di recitazione ma ho studiato per conto mio. Ho cercato di cancellare le inflessioni piemontesi dalla mia dizione; quant´era umiliante essere doppiato. Mi hanno doppiato fino a Il bello delle donne».
Delle stroncature dei critici tende a infischiarsene: «Ormai mi viene da ridere quando le leggo, così prevedibili. Le trovo una mancanza di rispetto verso milioni di telespettatori che vengono fatti passare per mezzi deficienti. Dieci anni fa era ancora peggio: c´era grande snobismo verso la fiction. Ma ora che ha sostituito il cinema di genere, vorrei almeno che i critici, prima di stroncare un lavoro, lo vedessero per intero, dalla prima all´ultima puntata».
Quanto alla sua etichetta di sex symbol Garko non la rinnega, tutt´altro: «È un´etichetta che funziona, è una conseguenza dei ruoli che interpreto e può anche durare nel tempo, vedi Sean Connery, che a ottant´anni è ancora considerato tanto sexy». Né lo infastidisce essere un´icona gay, o l´onda di indiscrezioni sulla sua presunta bisessualità: «Non è vero, ma se lo dicono significa che sono diventato una vera star, è una consacrazione».
Sex symbol ma non solo lo ha definito ammirata Sabrina Ferilli, che ha da poco recitato con lui nella fiction Caldo criminale: «Garko è l´unico vero sex symbol ma è anche un professionista serio, puntuale, disciplinato, un ragazzo alla mano che ha una grande consapevolezza del proprio corpo e lo usa come portentoso strumento artistico».
Il corpo, quel corpo da Apollo greco, da solo però non basta. Per avere successo due cose sono indispensabili, sostiene Garko: «Il senso dell´umorismo, che è basilare, e la forza di volontà. Secondo me volere è potere: se vuoi veramente una cosa - ma devi volerla davvero - alla fine la ottieni». E cosa vuole, fortissimamente vuole, Garko oggi? «Voglio riuscire a non farmi travolgere. Arrivare fino a qua è stato difficile ma ora sarà ancora più difficile mantenere questo stato di cose. Sono perfettamente consapevole che prima o poi comincerà la discesa e io voglio restare con i piedi per terra e mantenermi lucido».
A proteggerlo dall´invadenza di ammiratrici e ammiratori ci pensa il suo staff. «Mi arrivano centinaia e centinaia di lettere con le proposte più diverse, dal sesso esplicito al matrimonio, e i regali più strani. Spesso mi vogliono affidare i loro animali. Ad alcune lettere, se sono nel limite del ragionevole, rispondo personalmente. Approfitto di questa intervista per dire che il Gabriel Garko che si spaccia per me su Facebook non sono io».
Fra le cose più importanti della vita mette il sesso e la buona cucina. Gli piace fare regali alle persone che ama e si considera uno scialacquatore. Odia andare in televisione ospite di programmi «a fare lo scemo, non è il mio mestiere, mi imbarazzo. Persino il grandissimo Dustin Hoffman era a disagio da Fiorello». In un futuro non lontano progetta di darsi alla regia.
Quando è molto stanco e vuole rilassarsi si chiude nella sua sala cinema e guarda un classico Disney oppure cartoni più recenti come Wall-E e come Up. O legge thriller tipo L´ipnotista di Lars Kepler: «Che peccato quando un bel libro finisce, vorrei che durasse per sempre». Del suo rapporto con la religione dice dopo una lunga pausa: «È troppo crudele pensare che dopo la morte ci sia il nulla. L´uomo ha un disperato bisogno di credere ed è per questo che si rifugia in una dimensione legata al mistero». Poi, accendendosi un´altra sigaretta, aggiunge: «Ci sono due argomenti di cui un attore non dovrebbe parlare mai. La politica e la religione».