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 2010  dicembre 05 Domenica calendario

E DIO NON SALVÒ LA REGINA

Trentacinque anni fa, di questi giorni: Londra incomincia a bruciare. Piccoli focolai si accendono nei club rock di periferia. Una nuova generazione di anarchici sbandati suona concerti fulminanti, mezz´ora di schitarrate, voci dilanianti, grida sinistre e allarmanti, bocche distorte, occhi strabuzzati, strumenti distrutti nell´esaltazione furibonda di finali orgiastici e violenti. Non c´è una fitta folla ad applaudirli. Dieci, venti ragazzi al massimo, quasi tutti ubriachi, quasi tutti senza futuro, come la band di dannati che si agita sul palco. Adolescenti proletari e rampolli di Mayfair, tutti in sintonia con quel suono sgangherato che fa scempio di note e accordi, con quelle voci che si beffano dell´intonazione, con quel look fatto di catene e spilloni e abiti sudici e sdruciti che contraddicono qualsiasi etichetta di palco. Qualcuno, tra il pubblico, ha un ratto addomesticato accoccolato sulla spalla. Qualcuno sfoggia un ciuffo alla moicano sulla testa rasata, qualcun altro ha i capelli tinti di verde o blu elettrico, rosa shocking, nero corvino.
Non sanno cantare, gridano; non sanno suonare, strimpellano, percuotono, violentano gli strumenti. Li chiamano punk, che in slang vuol dire marcio, fradicio. Agli applausi rispondono con sputi e fuck you. Bastano poche settimane per infiammare Londra. Una nuova, primitiva ondata di rock si sprigiona dal Regno Unito come elettricità nell´acqua, un passaparola ben più urgente di quello scatenato dagli Who e da tutta la mod-generation.
Il 6 novembre 1975 un gruppo chiamato Sex Pistols tiene un concerto alla St. Martin´s School of Art: diventano gli idoli degli studenti. Dopo Natale sono su tutti i giornali. Steve Jones, il chitarrista della band dichiara: «La musica c´entra poco, noi rappresentiamo il caso». Johnny Rotten, il cantante, scatena zuffe in ogni locale dove la band si esibisce. Al pubblico grida con un ghigno beffardo: «Non credo che riuscirete mai a odiarci quanto vi odiamo noi». Il punk, tra il 1975 e il 1977 - con Margaret Thatcher neoleader del Partito conservatore - diventa un fenomeno di portata mondiale, sconvolge e rinnova la scena rock, lascia tracce profonde nel tessuto sociale, influenza in maniera fulminante il mondo della moda; il logo di God Save the Queen, la celebre canzone dei Sex Pistols che sbeffeggia il sistema politico e la casa reale (l´altro inno è Anarchy in the Uk), finisce sulle cartoline illustrate insieme alla Regina Elisabetta, Piccadilly Circus, London Tower e Buckingham Palace.
Il critico Jon Savage, che segue la scena punk inglese fin dai vagiti delle prime band, ha scritto due libri sull´argomento negli ultimi cinque anni (England´s Dreaming e England´s Dreaming Tapes), che ora la casa editrice Arcana pubblica in un solo volume dalle dimensioni di dizionario, Il (grande) sogno inglese. I Sex Pistols e il punk... e tutte le interviste. Savage conosce a memoria nomi e cognomi, vizi (molti) e virtù (nessuna) dei protagonisti, li ha inseguiti nei club di provincia e li ha aspettati nelle hall di alberghi cheap, si è fatto travolgere da orde di fan, e ha maturato la certezza che il punk non sarebbe stato così potente e influente - e non solo sulla scena rock - se non ci fossero stati i Sex Pistols a incarnare quell´iniziale, devastante energia, astutamente "calcolata" da Malcolm McLaren utilizzando «scampoli di radicalismo politico fine anni Sessanta, una carica sessuale fortemente fetish, elementi chiave di cultura pop e sociologia giovanile».
McLaren, che ha tutto il diritto di rivendicare sui Pistols lo stesso ruolo genitoriale di Andy Warhol sui Velvet Underground, lavorava nella sua Factory al numero 430 di King´s Road, una boutique chiamata SEX che gestiva con Vivienne Westwood. Fu proprio lì che i Sex Pistols, in cerca di un cantante, fecero la prima audizione a Johnny Rotten. Sempre lì dentro McLaren e Westwood inventarono il look della band e di una generazione, creando a tavolino i personaggi di Rotten e Sid Vicious, i Jagger & Richards (o i Lennon & McCartney) del punk. Nel giro di pochi mesi SEX divenne il tempio della scena punk, come Carnaby Street per i vecchi mod e la swingin´London. «Negli anni in cui esplose il punk», spiega Johnny (Rotten) Lydon, «l´Inghilterra era un paese a dir poco deprimente. Abbandonato a se stesso: sporcizia, disoccupazione, scioperi a catena. La mia generazione è cresciuta con la convinzione che se non stavi dall´altra parte della barricata non avevi nessuna possibilità di uno straccio di lavoro». Quella dei punk fu la prima di una serie di «generazioni vuote» di fine millennio, che ha ispirato rocker e artisti per almeno tre decenni.
Quando all´inizio del 1977 il bassista Glen Matlock fu rimpiazzato dal carismatico e folle Sid Vicious (un altro protegé di McLaren), i Pistols avevano già fatto terra bruciata anche negli Usa. Eroina e discordia furono alla base di un tour che ha fatto epoca. Il 17 gennaio del 1978 la band con un solo, glorioso album alle spalle (Never Mind the Bollocks, Here´s the Sex Pistols, istantaneo primo posto nella classifica inglese) era già al capolinea. Quel che non è scritto nella storia del rock è cronaca. Sid Vicious, dopo aver accoltellato la fidanzata Nancy Spungen al Chelsea Hotel, morì a New York per overdose il 2 febbraio del 1979. Rotten si è ripreso il suo vero nome, John Lydon, e ha continuato a vagabondare per la scena rock con i Public Image Ltd. A Malcolm McLaren il marchio Sex Pistols ha garantito una rendita fino alla morte, avvenuta lo scorso aprile. E Vivienne Westwood è entrata nell´olimpo del fashion business. Punk but chic.