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 2010  dicembre 05 Domenica calendario

I GIGANTI DEL WEB CONTRO JULIAN ECCO LA GUERRA NELL´ERA INTERNET - NEW YORK

Barack Obama ha dichiarato guerra totale a Julian Assange. L´assedio a WikiLeaks diventa ogni giorno più stringente: adesso il sito che ha pubblicato i cables dello scandalo non può più nemmeno raccogliere donazioni attraverso PayPal. La banca virtuale più grande del mondo ha sbattuto fuori l´australiano con una motivazione che sembra riecheggiare quella delle altre due compagnie americane che si sono liberate del sito: Amazon che ospitava i suoi server ed EveryDNS che gli consentiva di "trasmettere" sul web. Mica per le pressioni del governo, suvvia: è che WikiLeaks violava le regole secondo le quali il servizio di pagamento «non può essere usato per attività che incoraggiano, promuovono, facilitano o istruiscono altri a seguire attività illecite».
Ma non sono le stesse regole che per esempio regolano l´iscrizione a Facebook? WikiLeaks sarà fatta sloggiare anche dal social network sui cui conta già seicentomila amici? E soprattutto: il diritto all´informazione è una "attività illecita"?
La stretta intorno ad Assange ha fatto scattare l´allarme di Reporters Sans Frontières. «E´ la prima volta che assistiamo al tentativo a livello di comunità internazionale di censurare un sito dedicato al principio di trasparenza. Siamo scioccati dal ritrovarci con stati come la Francia e gli Stati Uniti che allineano le loro politiche di libertà d´espressione a quelle della Cina». La presa di posizione pesa anche per un altro motivo: la più importante associazione della libera stampa non aveva esitato a polemizzare la scorsa estate con WikiLeaks criticando in una lettera aperta ad Assange la pubblicazione "irresponsabile" dei file segreti sulla guerra in Iraq perché mettevano a rischio confidenti e collaboratori degli Usa.
Ma adesso è un´altra storia. WikiLeaks ha sfrondato con i giornali che pubblicano i cables ogni riferimento a persone a rischio. E perfino Time - il settimanale cugino della Cnn che, come l´Ap, ha rifiutato di entrare nel pool di giornali internazionali per non sottostare agli accordi di WikiLeaks - ora dice che i cables non danneggiano nessuno e sono anzi un contributo importante all´informazione.
La prima info-war, la guerra dell´informazione annunciata dal gruppo di Assange su Twitter, è appena cominciata. L´Associated Press definisce ormai Wikileaks "il sito vagabondo": attaccato dagli hacker, cacciato dagli Usa, braccato in Francia, rifugiato in Svizzera. «Aiutateci a essere più forti» chiedono gli spifferatori del cable-gate ai suoi sostenitori. Ma senza PayPal - che è controllata dal gigante del commercio Usa eBay - le donazioni sono obiettivamente più difficili. Così i fan stanno già passando alla contromossa: sul web è partito il tam tam che invita a boicottare la banca virtuale. Così come Daniel Ellberg, l´uomo dei Pentagon Papers, la fuga di notizie sulle miserie della guerra in Vietnam, ha invitato a boicottare Amazon.
È una catena senza fine. Assange accusa gli Stati Uniti di «maccartismo digitale». È la nuova caccia alle streghe. La Libreria del congresso Usa ha vietato l´accesso al sito. I dipendenti dei ministeri non possono entrarci. I militari tantomeno. Ma il tentativo americano di svuotare con il secchiello il mare dell´informazione web finora ha avuto solo l´effetto opposto: su Google ormai il nome Wikileaks è più digitato dell´enciclopedia online Wikipedia. E Julian Assange è diventato un eroe da film: «Quando l´ho incontrato sembrava uscito da Matrix» dice l´attivista islandese Robert Marshall. Chi l´avrebbe mai detto che nella parte del cattivo si sarebbe cacciato il Nobel per la pace Barack Obama.