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 2010  dicembre 06 Lunedì calendario

I cablo di Hillary “Riad bancomat del terrorismo” - E’ dall’Arabia Saudita che traggono linfa vitale i terroristi islamici grazie a finanziamenti incassati attraverso l’intermediazione di enti filantropici e società di copertura durante i pellegrinaggi nei luoghi sacri della Mecca

I cablo di Hillary “Riad bancomat del terrorismo” - E’ dall’Arabia Saudita che traggono linfa vitale i terroristi islamici grazie a finanziamenti incassati attraverso l’intermediazione di enti filantropici e società di copertura durante i pellegrinaggi nei luoghi sacri della Mecca. Il «cablegate» punta su Medio Oriente e Golfo Persico con la pubblicazione di una nuova ondata di documenti in possesso di Wikileaks, nei quali si parla di un Iraq assediato dai Paesi confinanti e destabilizzato da finanziamenti obliqui provenienti da Iran e altri Paesi islamici. «Occorre fare di più dal momento che l’Arabia saudita rimane il principale finanziatore di Al-Qaeda, dei taleban, di Lashkar-e-Taiba (Let) e di altri gruppi terroristici», Hamas compreso, riferisce un documento del dicembre 2009 firmato da Hillary Clinton. Nel memo, il segretario di Stato esorta i diplomatici a intensificare gli sforzi per evitare che i fondi provenienti dal Golfo raggiungano Afghanistan e Pakistan. I militanti si infiltrano duranti i pellegrinaggi del Ramadan, aprono società di copertura per il riciclaggio di denaro e ricevono fondi da enti benefici. Lashkar-e-Taiba, l’autore degli attentati a Mumbai del novembre 2008, utilizzò sin dal 2005 una società saudita per finanziare le proprie attività. La società raccoglieva somme di denaro per la realizzazione di scuole, ma la gran parte finiva nelle casseforti dei miliziani. Da parte loro i funzionari sauditi, impegnati a combattere con forza il terrorismo all’interno dei confini del Regno, si dimostrano riluttanti a intensificare gli sforzi per stroncare i flussi diretti all’estero, elemento che causa timori crescenti da parte della Clinton. «Il nostro principale obiettivo strategico è convincere l’Arabia Saudita a impedire questi traffici», avverte Hillary Clinton, che tuttavia ieri ha sdrammatizzato le tensioni di questi giorni. Elogiando gli artisti premiati nel corso dei Kennedy Center Honors, ha detto di voler «scrivere un dispaccio per i loro meriti, il cui testo sono sicura troverete molto presto su un sito web a voi vicino». I cablogrammi parlano anche di alcuni progressi, dal momento che tra il 2009 e il 2010 la capacità di raccolta di fondi da parte di Al-Qaeda è stata di gran lunga inferiore rispetto al passato. Oltre ai sauditi gli americani riferiscono di un «pericolo Emirati», dal momento che i taleban incassano somme importanti dalle comunità pashtun che vivono nel Paese, attraverso il network Haqqani. Ci sono poi il Qatar, considerato «il peggiore della regione» nelle attività di antiterrorismo, e il Kuwait definito «un punto di transito chiave» del denaro. Emerge poi la preoccupazione di un Iraq assediato da tutti i Paesi confinanti che aspettano il ritiro definitivo degli Usa dal Paese per avviare un’opera di influenza a vari livelli e appropriarsi delle ricchezze petrolifere. Lo afferma un cablogramma spedito a Washington dall’ambasciata Usa di Baghdad, alla luce di un incontro del 10 dicembre 2009 tra il presidente iracheno, Jalal Talabani, e il segretario della Difesa americano, Robert Gates. L’ambasciatore Usa in Iraq, Christopher Hill, il 24 settembre 2009 dice che i tentativi dei sauditi di coalizzare i sunniti «forniscono all’Iran la scusa per intervenire nella politica irachena». Gli Usa sono convinti che l’Iran «con flessibilità sia operativa che ideologica» passi ogni anno tra i 100 e i 200 milioni di dollari in finanziamenti occulti a gruppi politici iracheni. Da parte sua il fondatore del sito Wikileaks, Julian Assange, in un’intervista a El País denuncia di aver ricevuto «minacce di morte da personaggi vicini ai militari Usa. Ci sono precise richieste per il nostro assassinio, rapimento, esecuzione da parte dell’élite della società americana» estese anche «ai nostri avvocati e ai miei figli». Sul presunto spionaggio dei funzionari Onu Assange è durissimo: «Barack Obama deve dirci se ne era a conoscenza: se si rifiuta di rispondere o ci sono prove del suo coinvolgimento, si deve dimettere».