Ranieri Polese, Corriere della Sera 05/12/2010, 5 dicembre 2010
IL GIOVANE BRAHMS E LA MOGLIE DI SCHUMANN: L’AMORE SI REALIZZA
La strana storia d’amore che dà il titolo al nuovo romanzo di Luigi Guarnieri (Rizzoli, pagine 214, 17) è quella che lega, per oltre e quarant’anni, Johannes Brahms a Clara Wieck. Una storia complicata anche perché, al momento del loro incontro (1853), Clara è sposata con Robert Schumann. Appena ventenne, Brahms si è presentato a Düsseldorf, a casa del capofila della musica romantica: porta con sé lo spartito di una sonata, chiede consigli, incoraggiamenti. Clara, la grande pianista che ha sacrificato la carriera per il marito e i figli, gli appare subito una donna sublime. Ma troppo presto cominciano i problemi per la famiglia Schumann: Robert sta velocemente precipitando nella follia, all’inizio del 1854 tenta il suicidio nel Reno, poi viene ricoverato in una clinica per malattie mentali dove morirà due anni dopo. È allora che Brahms si dedica con devozione ai sette figli di Clara che torna, per necessità, a dare concerti in Germania e in Europa. Non chiede nulla, si accontenta di offrire in silenzio la sua adorazione, di prestare i suoi servigi (è lui che va a trovare Schumann in manicomio). Sogna un’unione che è impossibile per la differenza di età (Clara ha 14 anni più di lui), per il timore di commenti malevoli, e soprattutto per il peso dell’ombra di Schumann che resterà sempre fra loro.
Il romanzo si apre con la morte di Clara, nel 1896. Dopo i funerali (la donna viene sepolta accanto al marito), Guarnieri immagina Brahms che si mette a scrivere una lettera all’amata. Una lettera che non sarà mai recapitata, e per questo contiene le tante cose non dette per tutti gli anni della loro amicizia. Così si ripercorre l’intera, lunga vicenda di questo rapporto che, per tutti i biografi dei tre musicisti, fu e rimase assolutamente casto. Guarnieri, invece, regala ai suoi amanti una settimana di amore completo, durante una tournée di Clara in Olanda. Poi, più nulla. Con Brahms che in parte sublima le proprie pulsioni in una sorta di dipendenza sentimentale, come un figlio nei confronti di una madre troppo bella, troppo amata. Non vuole, non può prendere il posto del marito e padre che non c’è più, si comporta come uno zio scapolo, un amico di famiglia. Non passa giorno senza che Johannes e Clara non si scrivano, e al giudizio di lei sottopone tutte le sue composizioni. Ormai vivono lontani, e lui cerca di trovare una fanciulla da sposare: tentativi falliti. Certo per colpa di un legame indissolubile che insieme mortifica e appaga, dà strazio ma anche conforto. Qualcosa che oggi ci appare venato da una certa dose di ambiguità, forse di perversione.
Nelle pagine del romanzo, Brahms ormai vicino alla fine (morirà un anno dopo Clara, nel 1897) è abitato dalla disperata malinconia di chi sente di aver sprecato una vita intera. A tratti, però, emerge un cupo, duro risentimento. Contro di lei, che forse non è stata quella figura meravigliosa che per troppi anni lui ha idolatrato. Forse nella tragedia di Schumann, Clara ha le sue responsabilità, così come nei tristi destini dei figli (uno, addirittura, finirà anche lui in manicomio). Innamorata solo della sua eccelsa bravura di concertista, ha regalato a marito, amico, figli solo infelicità. Ma poi anche questa rabbia tardiva sfuma in una sorta di rassegnata, crepuscolare accettazione. E nel ritratto di questa vecchiaia inappagata — poco contano, per lui, ormai la gloria e la fama — di questo mesto addio a una vita non vissuta sta il singolare pregio del libro. Che non è e non vuol essere uno studio accademico né un saggio psicoanalitico (quel singolare triangolo offre spunti a volontà), meno che mai una biografia come quella stucchevole realizzata a Hollywood nel 1947 (il film di Clarence Brown, Canto d’amore, con Katherine Hepburn nei panni di Clara). Una strana storia d’amore è un romanzo che descrive, senza interpretare, con i mezzi del romanzo, l’enigma di un sentimento forse sbagliato, certo troppo intenso per realizzarsi, troppo assoluto per non produrre dolore.
Ranieri Polese