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 2010  dicembre 05 Domenica calendario

LA WALKIRIA DELLA SCALA CAVALCA OLTRE IL NAZISMO

Daniel Barenboim è la celebre bacchetta che martedì dirigerà la Prima della Walkiria wagneriana alla Scala, ma è anche un personaggio a cui piace porsi come intellettuale a tutto tondo e a cui piace, insomma, occuparsi anche d’altro. La cosa ci interessa sino a un certo punto: nonostante il Maestro sia stato in grado di coniugare impegno civile
e musica senza esiti vacui o retorici, la sua decennale opera di pacificazione israelo-palestinese per fare un esempio talvolta presta il fianco a un certo velleitarismo tipico degli “artisti” e in sostanza distrae dalla sua missione musicale: fatti suoi se ha deciso di prendere il passaporto palestinese e se ha deciso di fondare, tra mille altri impegni, anche la West-Eastern Divan Orchestra che riunisce musicisti israeliani e palestinesi e arabi: basta che i ragazzi suonino bene.
Diverso è il discorso che riguarda la passione smodata di Barenboim per Richard Wagner: sia perché un direttore che si accosti a Wagner in maniera equilibrata deve ancora nascere e infatti anche Barenboim è, come si dice, un wagneriano “fradicio”, malato di wagnerismo sia perché a complicare le cose c’è che Barenboim è ebreo, che ha scelto di risiedere in Germania e che la ferità tra Wagner e Israele, in definitiva, è ben lontana dal rimarginarsi.
Il tabù infranto
Non solo: a complicare ancor di più le cose c’è che Barenboim è l’uomo che nel 2001 infranse un noto tabù e suonò Wagner appunto in Israele, dov’era vietato eseguirlo. Lo scandalo che ne venne fuori l’ha inseguito sino a oggi, al punto da infastidirlo, o quasi, ogni volta che se ne riparla: senonché il primo a farlo in genere è proprio lui (ci ha scritto anche un ottimo libro assieme al filosofo Edward Said) e così pure ha fatto durante un simposio wagneriano berlinese di qualche settimana fa, con un intervento che il Corriere della Sera, venerdì, ha pubblicato integralmente. E dove lo stesso Barenboim, tuttavia, tende a liquidare ogni argomento come accade quando si teme di ripetersi o quando si presume che gli interlocutori conoscano già tutte le puntate precedenti.
Il Maestro infatti si limita a dire che nel 2001, in Israele, eseguì il Preludio e morte di Isotta di Wagner sotto forma di bis, e che lo fece dopo aver preavvertito il pubblico che era ben libero di lasciare la sala, ovviamente. Se ne andarono da venti a trenta persone, e musica fu: dopodiché, secondo il Maestro,
ne nacque un polverone alimentato soltanto dai politici. Ma forse, come il Corriere non fa, la storia andrebbe ri-raccontata meglio.
Sino al 7 luglio 2001, per cominciare, Wagner non era mai stato eseguito in Israele, se non di nascosto. Barenboim era in tournée con la Staatsoper di Berlino e aveva messo in programma anche il primo atto della Valchiria proprio quella ma ecco che il direttore del Festival di Israele gli chiese di sostituire quei brani. Barenboim formalmente lo fece: al posto di Wagner inserì Schumann e Stravinskij. Alla fine, però, si rivolse direttamente al pubblico e
andò come detto: qualcuno uscì ma altre 2800 persone non lo fecero e applaudirono il Maestro in lacrime.
Dal giorno dopo fu l’inferno, al punto che il 25 luglio la commissione per la cultura e l’istruzione della Knesset additò «il compositore preferito di Hitler» e invitò a boicottare Barenboim se non avesse presentato scuse formali: al-
trimenti sarebbe stato espulso per sempre dalla cultura israeliana. Lui non si scusò mai. Era un cittadino di Israele a tutti gli effetti, anche se nato in Argentina, e in Israele era cresciuto dopo aver frequentato le scuole ebraiche.
In vendita nei negozi
Una contraddizione? Non l’unica. Nei conservatori israeliani le partiture di Wagner venivano stu-
diate ed eseguite; nei negozi di musica si vendevano dischi di Wagner eseguiti da Furtwängler (bacchetta prediletta di Hitler) e Karajan (che aderì al partito nazista) e Bohm (che faceva i saluti nazisti prima dei concerti) e così pure erano in vendita versioni wagneriane eseguite da altri famosi direttori ebrei come Walter o Levine o Bernstein, i quali evidentemente tutta questa intransigenza non dovevano averla condivisa, e tantomeno dovevano averla confusa con chi i nazisti, per esempio di Wagner ebbe a servirsi. Nella Germania nazista del resto risuonavano anche Beethoven e Mozart, mentre la Passione secondo San Giovanni di Bach aveva un testo tra i più antisemiti possibili ma veniva eseguita lo stesso. Wagner invece no. Si aveva deciso -
si ha deciso che Wagner fosse e sia il simbolo dell’antisemitismo musicale. Se è vero che non sarà mai possibile scacciare una certa