Sergio Rizzo-Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 04/12/2010, 4 dicembre 2010
VICERE’ MICHELE E LA REGIONE «PIGLIATUTTO»
«Dissetare gli elettori». Doveva leggere il futuro nella sfera di cristallo, il nostro Alberto Cavallari, quando mezzo secolo fa titolò così sul Corriere il reportage dal Molise per «Italia sotto inchiesta». «E Molise»: così lo chiamava. Sorridendo bonario su come i politici locali si fossero dannati l’ anima per staccarsi dall’ Abruzzo e da quella formula che milioni di scolari avevano imparato sui banchi: «Abruzzo e Molise». Dove quest’ ultimo era solo un’ appendice, un territorio che esisteva solo come allegato: «E Molise». Così povero, scriveva, che i contadini «non conoscono il ferro» e «lavorano con l’ aratro di legno. Anche i tridenti del fieno sono di legno». Una realtà inchiodata a una miseria contadina secolare. Uguale a quella di cento anni prima, quando queste povere aree appenniniche, sorprendentemente, avevano regalato all’ Italia un paio di intellettuali di spicco nella storia del Risorgimento. Il primo era quel Vincenzo Cuoco al quale è dedicato il ritratto, nella pagina a seguire, dello storico Christopher Duggan. Il secondo, ingiustamente dimenticato, era Leopoldo Pilla. Nato a Venafro da una famiglia agiata, mandato adolescente a studiare a Napoli, benedetto da un’ intelligenza scintillante e dotato di una curiosità onnivora, si laureò prima in veterinaria, poi in medicina, poi in geologia, per non dire dei diletti studi presso il linguista Basilio Puoti. A 36 anni era in cattedra a Napoli, a 37 all’ Università di Pisa. Avviato a una straordinaria carriera accademica e alla celebrità internazionale, quando nell’ inverno a cavallo fra il 1847 e il 1848 si accese la miccia risorgimentale, non ci pensò due volte. E il 22 marzo, come ricostruisce ad esempio Antonio Sorbo nel libro «Leopoldo Pilla, un intellettuale nel Risorgimento», partì con i suoi studenti e il battaglione universitario verso la Lombardia per schierarsi con Carlo Alberto. Se lo sentiva, che non sarebbe tornato. E la settimana prima della battaglia di Curtatone affidò a un amico una lettera: «Siccome la vita e la morte sono nelle mani di Dio, così trovandomi nel campo Toscano nella santa guerra della Indipendenza italiana e potendo mancare ai vivi, esprimo in questo foglio la mia ultima volontà...». Intellettuale purissimo fatto ufficiale sul campo per l’ ascendente che aveva sui suoi studenti, venne investito da una cannonata mentre smistava ai ragazzi le munizioni. Giuseppe Montanelli, professore, patriota e avo del nostro Indro, racconta che «spirò dicendo "non ho fatto abbastanza per l’ Italia"». Certo è che se l’ Italia si è dimenticata di lui, è difficile sostenere che negli ultimi decenni si sia dimenticata del Molise. Scriveva nel ’ 63 Alberto Cavallari: «La stessa "lotta sociale", tra baroni e contadini, rappresenta un lusso che la miseria non consente». E aggiungeva: «Manca tutto, persino i baroni». Mezzo secolo dopo, un barone c’ è. Più che un barone, un viceré. Si chiama Michele Iorio ed è saldamente alla guida della Regione da tempo immemorabile proprio grazie a quel titolo dell’ inchiesta che lui ha raccolto come un incitamento politico: dissetare gli elettori. E lui li ha dissetati. È una vita che li disseta. Prima come assessore provinciale di Isernia, poi come sindaco della città, poi come assessore regionale di centrosinistra, poi come candidato (trombato) dell’ Ulivo appoggiato da Rifondazione comunista, poi da governatore berlusconiano... Cavallari scriveva che «il Molise è rimasto in fondo alla serie B delle regioni sottosviluppate perché le sue dimensioni sono troppo ridotte per consentirgli di chiedere. Chiede poco, e ottiene meno»? E’ cambiato tutto. Anzi, fra le regioni che non sono a statuto speciale (il Molise ci provò pure, ma gli andò male...) è quella che ottiene più di tutti. Prendete ad esempio Ripabottoni, un comune di 673 anime sperso sugli Appennini a nordest di Campobasso: nessun altro comune italiano, ma proprio nessuno, ha ricevuto nel 2008 tanti soldi dallo Stato: 33.851 euro ad abitante. Trenta volte più che a Bolzano, 57 più che a Roma, 160 più che a Caserta. Una valanga di denaro, più di 22 milioni di euro in un anno. Certo, tanta generosità statale un motivo ce l’ ha: Ripabottoni è uno dei centri colpiti dal sisma del 31 ottobre del 2002, quando a San Giuliano di Puglia 27 bambini e la loro insegnante rimasero schiacciati sotto le macerie della scuola elementare. E il sindaco Michele Frenza spiega che il piano di recupero è stato predisposto in modo così efficiente che Roma non poteva fare diversamente. Meglio così. Ma certo tanti altri comuni italiani devastati da terremoti, frane o inondazioni se li sono sognati, tutti quei soldi. E tutto si può dire tranne che lo Stato, negli ultimi anni, non abbia cercato di farsi perdonare il disinteresse del passato. Il 20,4% degli occupati lavora nella pubblica amministrazione. I soli uffici della Regione pagano un migliaio di stipendi: con la stessa proporzione, per capirci, la Regione Lombardia dovrebbe avere oltre 30 mila dipendenti anziché quattromila. Con tutti quei dipendenti pubblici, dovrebbe essere un modello di efficienza. Non è così. Prendiamo la spazzatura: stando ai dati Ispra del 2007, la regione è in coda alla classifica della raccolta differenziata con il 4,8%: meno ancora della Sicilia (6,1%), della Calabria (9,1%) e addirittura della Campania (13,5%). Un disastro confermato secondo Legambiente a Campobasso. Che col 13% è all’ ottantottesimo posto su 103 capoluoghi. Una posizione che, con tutti i soldi che girano, è disastrosa. E la sanità? Il deficit 2009 è astronomico: 225 euro per abitante. Più pesante, Lazio a parte, di ogni altra regione. Al punto che Iorio, nominato dal governo commissario alla sanità, aveva addirittura chiesto per tappare il buco di usare i soldi del Fas, il fondo interventi aree sottosviluppate. Richiesta respinta, ovvio. Dice un rapporto della Corte dei Conti del maggio 2010 che «la Regione Molise non ha migliorato bensì peggiorato negli anni il risultato di esercizio con una conseguente crescita dei disavanzi». Tanto che, «alla luce della grave situazione finanziaria determinata dai ritardi nell’ attuazione del piano di rientro, dall’ adozione di atti in contrasto con lo stesso piano» è stata proposta una iniziativa senza precedenti: commissariare il commissario. Lui, il viceré Michele, non si è scomposto. Sa bene che il decreto sul federalismo contiene una pillola avvelenata: i governatori che sei mesi prima della scadenza non presentino i conti della sanità certificati non possono ricandidarsi. Ma lui, che scade a novembre del 2011, sa altrettanto bene che nel centrodestra nessuno è in grado di mettere in discussione il suo ruolo di «dominus» regionale. Così potente che per due anni, caso unico nel parlamento italiano, riuscì a mantenere anche il seggio di deputato. E successivamente, per qualche mese nel 2006, anche quello di senatore. Governatore, leader del Popolo della libertà, commissario alla sanità, commissario al terremoto, commissario all’ alluvione: un patriarca. Un patriarca che, come ha raccontato su La Repubblica Antonello Caporale ricostruendo l’ intreccio di parenti all’ Ospedale di Isernia, è legatissimo alla famiglia. Il fratello Nicola Iorio, primario di neurofisiopatologia, ha visto il suo reparto ricevere un contributo di un milione di euro a dispetto del buco regionale salito in otto anni a 600 milioni. La sorella Rosa Iorio, subentrata al cugino Vincenzo Bizzarro (consigliere regionale Pdl) direttrice del distretto sanitario. Il figlio Luca Iorio medico ospedaliero. L’ altro figlio Raffaele Iorio, direttore medico di un centro privato convenzionato con la Regione del papà. Il cognato Sergio Tartaglione, marito di Rosa Iorio, primario di psichiatria e presidente dell’ ordine dei medici isernini. La moglie del cugino, Luciana de Cola, vicedirettrice sanitaria... Ma se Isernia al «suo» governatore deve molto (la città è stata scelta anche per una delle opere per i 150 anni dell’ Unità d’ Italia, quell’ Auditorium i cui costi sarebbero lievitati secondo un esposto comunista a ben 43 milioni), è Campobasso a essere diventata il cuore di un sistema di potere ramificato ed esteso. E al riparo da ogni insidia dell’ opposizione nonostante questa possa contare qui su Antonio Di Pietro. La riprova è arrivata alle ultime Comunali. Dove il candidato di Iorio, l’ ex senatore azzurro Gino Di Bartolomeo, è passato al primo turno e il centrosinistra si è spaccato in due. Il giovane consigliere regionale dipietrista Massimo Romano, una spina nel fianco di Iorio, si è fermato al 20%. L’ ex senatore pd Augusto Massa non è arrivato al 15%. Un harakiri. Che ha lasciato nell’ opposizione ferite profonde. Così profonde che le prossime elezioni regionali rappresentano un rebus. A cominciare dai consensi per Di Pietro. Nel «suo» Molise l’ Italia dei Valori era arrivata alle Politiche del 2008 a sfiorare il 30%, ma il test delle Comunali di Termoli è stato rovinoso: 7%. Chi possa essere l’ anno prossimo il candidato del centrosinistra è tutto da capire. Certo è che demolire il sistema messo in piedi da Iorio sarà una missione quasi impossibile. Anche le numerose inchieste giudiziarie nelle quali sono coinvolti i vertici regionali, al viceré Michele hanno fatto solo il solletico. A cominciare da quella dei giudici di Larino e Campobasso sul Turbogas, una centrale della Sorgenia del gruppo De Benedetti. Al centro di un contenzioso nel quale la Regione, pur potendosi ritenere parte lesa, ha deciso di non costituirsi parte civile. Scelta decisa con una delibera della stessa giunta varata su proposta di Iorio. Il quale, coincidenza, compare fra gli imputati. Il terremoto è stato un volano formidabile. Sapete quanti soldi sono arrivati finora in provincia di Campobasso? Gli impegni di spesa hanno raggiunto 805 milioni, i pagamenti 622 milioni. Ma secondo Iorio servirebbero ancora, per completare la ricostruzione, 3 miliardi e 184 milioni. Una marea di quattrini. Sviluppata sul «modello Irpinia»: il «cratere», che inizialmente comprendeva 14 paesi, è stato allargato a 83. Tutti quelli della provincia campobassana tranne uno, Guardiaregia. Poi compreso anch’ esso (crepi l’ avarizia!) anche se il suo sindaco non aveva mai denunciato danni. Il tutto non per decisione del governo, ma con un’ ordinanza del commissario Iorio. A dispetto di ogni critica e obiezione. Perfino di quelle di Guido Bertolaso, che gli scrisse sottolineando la «dubbia legittimità» dell’ ampliamento. Tutto inutile. E tutto è andato avanti come niente fosse. Il comune di Campochiaro, a 70 chilometri dall’ epicentro, per dire, fu dichiarato terremotato perché il campanile della chiesa era risultato leggermente lesionato: 11 milioni di euro. Venne finanziato pure il ripristino di scuole chiuse da dieci anni. Ma il massimo è arrivato con l’ articolo 15 dell’ ordinanza del marzo 2003 con la quale Iorio veniva nominato da Berlusconi commissario con pieni poteri al terremoto e alla successiva alluvione. La norma stabiliva «un programma pluriennale di interventi per la ripresa produttiva: 670 milioni, di cui 454 milioni di fondi pubblici. Dentro il calderone c’ era di tutto: soldi europei, denari dello Stato e della Regione. Fondi ordinari, non come in Irpinia, puntualizza Iorio. Ordinari ma «programmati in maniera unitaria e con procedure più veloci». Messi in moto con la scusa del terremoto ma destinati a tutto il «territorio della Regione Molise». Morale: il fiume di denaro ha presto esondato fuori dal «cratere». Esattamente come in Irpinia. Cinque milioni sono finiti a Macchia d’ Isernia, 110 chilometri dall’ epicentro del sisma, alla «DR Motor Company» di Massimo Di Risio, che faceva fuoristrada con telaio cinese e due diversi motori, uno a benzina made in China e un diesel della Fiat di Termoli. Altri 8 milioni furono spesi per una nave: la Termoli jet che doveva portare turisti da Termoli in Croazia e ritorno. Operazione affidata a una società mista fatta con un socio privato, la Emi holding di Giuseppe Larivera, che aveva solo il 49% dell’ impresa para-regionale ma era l’ amministratore delegato. Con nove dipendenti, la Ltm iniziò l’ attività nel 2006. Ma fra ricorsi al Tar e perdite di bilancio le cose andarono malissimo. Finché non fu deciso di fermare le macchine e affittare la nave a una società che ora la usa sulla rotta Brindisi-Valona. Uno spreco assurdo. Tanto più che la sentenza con cui il Consiglio di Stato bocciò l’ operazione rivelò un dettaglio incredibile: che nel 1990 l’ amministratore aveva «patteggiato una pena per truffa proprio in danno della Regione Molise, per corsi fantasma». Regione che oggi si è ripresa in mano tutto facendo un bando di gara per trovarsi un nuovo socio privato. Bando sul quale, manco a dirlo, si è abbattuto un nuovo ricorso... Anche i pescatori hanno ringraziato il terremoto: 250 mila euro hanno finanziato la «sperimentazione del ripopolamento della seppia». Altri 90 mila, il monitoraggio dell’ «apis mellifera ligustica». E poi ecco 450 mila euro per il museo naturalistico di Monte Vairano, 425 mila per un centro di equitazione, 100 mila per la patata turchesca di Pesche, 800 mila per i «sentieri di ippovia e ippoterapia»... Fino ai 144 mila euro destinati alla società milanese Mafea comunication srl «in qualità di concessionaria esclusiva per la gestione finanziaria del programma» televisivo «On the road da inserire sul palinsesto di Italia uno e avente ad oggetto il territorio della Regione Molise». Fino al decreto 314 del 2007 con cui Iorio, commissario per il terremoto e l’ alluvione, ha destinato «la somma di euro 40.000 oltre Iva quale contributo per la esecuzione di n. 3 serate regionali del concorso di Miss Italia». Che più propriamente avrebbe dovuto chiamarsi Miss Calamità Molise. A un certo punto il giornale online Primonumero.it ha fatto i conti. Denunciando che la maggior parte dei finanziamenti (563 euro ad abitante, contro i 530 euro della provincia terremotata di Campobasso) era finita nella zona di Isernia, il «bacino elettorale» di Iorio nemmeno sfiorato dal sisma. Seicentomila euro al «parco tecnologico dell’ acqua» nella città capoluogo, 200mila al Museo del profumo a Sant’ Elena Sannita, altri ancora a microscopiche «roccaforti del centrodestra» come Sant’ Angelo del Pesco, un comune di 416 anime a 110 chilometri dall’ epicentro che avrebbe avuto per la ripresa produttiva fondi pari a più di 4 mila euro pro capite. D’ altra parte, come poteva essere tirchia una Regione come quella molisana? Trenta consiglieri, uno ogni 10.668 abitanti: cinque volte più della Lombardia. Quattordici gruppi consiliari: media 2,1 consiglieri a gruppo. Più otto assessori, per un totale di 38. C’ era perfino, fino a due settimane fa, un assessore alla Sanità: con la Sanità commissariata! E gli stipendi? Adeguati. Il presidente della giunta e del consiglio possono arrivare, fra indennità e rimborsi, a 12.038 euro netti al mese. Gli assessori a 11.037. I consiglieri semplici a 10.255. Dite voi: abituati così bene, non avrebbero diritto a una sede adeguata? Detto fatto, dato che oggi spendono 5 milioni di euro l’ anno di affitti (cinque milioni: a Campobasso!) i bravi amministratori volevano costruire un nuovo palazzo dove adesso c’ è lo stadio comunale. Costo dell’ operazione, battezzata Master plan: 120 milioni di euro. Da finanziare con la partecipazione dei privati, che in cambio avrebbero potuto costruire un centro commerciale. Piano sventato. Centoventi milioni vi sembrano parecchi per la sede di una regione di 320.042 abitanti? Sapesse come è cara la vita, signora mia... Più di dodici milioni se ne sono andati per comprare un palazzo dell’ Enel nel capoluogo... Altri cinque per una seconda sede a Roma, in via del Pozzetto: quella sulla Nomentana era troppo decentrata... Senza contare la sede del consiglio regionale appena inaugurata a Termoli e gli uffici di Bruxelles... Come poteva stare, il Molise, senza una sede a Bruxelles?
Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella