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 2010  dicembre 04 Sabato calendario

La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1380 5 dicembre 2010 Ieri Berlusconi è intervenuto telefonicamente a un convegno del Pid (Popolari per l’Italia di Domani)

La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1380 5 dicembre 2010 Ieri Berlusconi è intervenuto telefonicamente a un convegno del Pid (Popolari per l’Italia di Domani). Ha detto questo: «È irresponsabile aprire una crisi di governo. Siamo convinti di avere con noi la maggioranza degli italiani, quegli italiani che vogliono restare liberi». Quale ultimo fatto ha spinto il presidente del Consiglio a fare questa dichiarazione? Venerdì, alla fine di una riunione di due ore, Fini, Casini e Rutelli, con Lombardo (Mpa) e Italo Tanoni (Libdem), hanno stilato una mozione di sfiducia, che sarà votata dalla Camera il 14 dicembre. Berlusconi sapeva già che in quella data ci sarebbe stato un voto su una mozione di sfiducia, ma sperava che non fossero i finiani a presentarla, con questo lasciando uno spazio alla possibilità che all’ultimo, magari alla fine di una trattativa o grazie a qualche concessione, potessero restare nella maggioranza. La mozione voluta dallo stesso presidente della Camera toglie ogni possibilità di marcia indietro. L’onorevole Bocchino ha poi mostrato ai cronisti una tabella dalla quale si evince che il partito degli sfiduciatori ha a Montecitorio a questo punto la maggioranza assoluta, 317 voti. Berlusconi peraltro continua a dire che il 14 dicembre, grazie a un abile gioco di assenze che farebbero abbassare il quorum, il governo piglierà i voti necessari a rimanere in piedi. La Lega ha già detto che però, con una maggioranza di uno o due voti, si dovrà andare a votare lo stesso. E Berlusconi dovrebbe essere d’accordo. Con un paio di voti in più è possibile che il presidente del Consiglio vada da Napolitano e gli chieda di sciogliere le Camere. Il bandolo della matassa si troverà in ogni caso, a un certo punto, nelle mani del presidente della Repubblica. Che è stato attaccato duramente da Denis Verdini, non proprio l’ultimo arrivato, ma uno dei coordinatori del Pdl. Verdini, alla fine di un ragionamento, ha pronunciato questo parole: «Noi sappiamo che in caso di caduta del governo il capo dello Stato ha le sue prerogative. Lo sappiamo benissimo che funziona così. Ciò che non sappiamo e non vogliamo capire, e che non ci piace per niente, è che il capo dello Stato, nelle sue prerogative, possa pensare che per risolvere i problemi di questo Paese si mandi a casa chi ha vinto le elezioni, Berlusconi e Bossi, e si mandi al governo chi le ha perse, Casini e Bersani. E su questo si innesca una polemica perchè noi andiamo a toccare le prerogative del capo dello Stato. Noi sappiamo che le ha ma ce ne freghiamo, cioè politicamente riteniamo che non possa accadere questo. Anche i partiti hanno le loro prerogative». Verdini ha poi corretto il tono di questa dichiarazione e ieri Calderoli (Lega) ha detto chiaramente che «Verdini ha sbagliato a dire che le prerogative dei partiti possono travalicare quelle del presidente». Stessa marcia indietro da parte di Cicchitto: «Da parte nostra non viene e non verrà mai meno il rispetto che dobbiamo al presidente della Repubblica». Questo subisso era stato fomentato da una dichiarazione dello stesso Napolitano, che qualche giorno prima aveva ammonito: «Nessuno può oscurare le prerogative del presidente della Repubblica». È particolarmente odioso il «ce ne freghiamo». Un’espressione fascista. Sì. Nelle parole di Verdini c’è anche un errore tecnico. In caso di crisi, il capo dello Stato non consulta i partiti (che sono in definitiva associazioni private), ma i gruppi parlamentari. Quando Berlusconi sarà caduto, la delegazione del Pdl al Quirinale sarà guidata non dai tre coordinatori (Bondi, La Russa, Verdini), ma dai due capigruppo (Cicchitto per la Camera, Gasparri per il Senato). Può però il presidente della Repubblica far fare un governo a quelli che hanno perso le elezioni? Il presidente della Repubblica, prima di sciogliere anticipatamente il Parlamento (un atto comunque altamente traumatico), deve per prassi verificare se non esista una maggioranza alternativa. Se il Pdl si spaccasse, se la Lega acconsentisse a un nuovo esecutivo di centro-destra, nessuno vieterebbe a Napolitano di mandare alle Camere un gabinetto guidato da qualcuno diverso da Berlusconi. Con l’appoggio di Fini, continuerebbe a governare la parte che ha vinto le elezioni, non importa se, magari, anche con l’appoggio del Pd. È un’ipotesi remota, ed è quella che il Cavaliere teme di più. Per renderla meno improbabile, Fini, Casini, Rutelli e gli altri hanno invitato il Cavaliere a dimettersi spontaneamente, prima del 14 dicembre. Berlusconi non ci pensa minimamente. Quale evento potrebbe rendere meno improbabile unun governo di centro-destra non guidato da Berlusconi? La crisi internazionale. Se la speculazione cominciasse ad attaccare sul serio i titoli italiani, se il differenziale tra i nostri Btp e i Bund tedeschi tornasse a schizzare verso l’alto… Tremonti deve chiedere ai mercati 120 miliardi di euro entro la fine di marzo.