Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 04 Sabato calendario

Secondo ottantamila lettori di Time è l’“uomo dell’anno” da mettere in copertina. Secondo la leader della destra americana Sarah Palin «va braccato come Osama Bin Laden»

Secondo ottantamila lettori di Time è l’“uomo dell’anno” da mettere in copertina. Secondo la leader della destra americana Sarah Palin «va braccato come Osama Bin Laden». Di certo, «innovatore rivoluzionario che usando le nuove tecnologie ha scardinato consuetudini diplomatiche antiche di secoli» (Federico Rampini), Julian Assange, fondatore di Wikileaks, ha ormai conquistato un posto nel Pantheon dei grandi dell’era Internet con Bill Gates (Microsoft), Larry Page (Google), Mark Zuckerberg (Facebook). [1] Il nemico numero uno del Dipartimento di Stato Americano dovrebbe essere nato a Townsville, in Australia, il 3 luglio 1971. La narrazione favolistica che lo riguarda comprende «la residenza su un’isola magnetica che deviava le bussole, la fuga da una setta che teorizzava l’invisibilità, il debutto come hacker con lo pseudonimo Mendax (tratto da Orazio “splendide mendax”: nobilmente bugiardo), la passione per Kafka e Solzenycin evocanti l’incubo dell’istituzione autoritaria, il continuo timore di essere ingiustamente arrestato» (Gabriele Romagnoli). [2] Assange ha imparato fin dall’infanzia a vivere come un nomade e a far perdere le sue tracce, tra un padre direttore teatrale in continuo movimento e una madre che, dopo due divorzi, cercava l’invisibilità per non farsi togliere i figli. [3] Romagnoli: «I capelli bianchi li ha da quando ha perso la battaglia legale per il figlio, affidato all’ex moglie. Si arrabbia se lo paragonano a Andy Warhol e su questo bisogna capirlo, perché davvero siamo dalle parti di un giornalismo, più che soggettivo, superficiale. Quello a cui veramente assomiglia è il protagonista del film L’uomo che cadde sulla Terra, interpretato da David Bowie, tratto dal romanzo di William Tevis. Non solo esteticamente. Assange è infatti l’uomo caduto sul pianeta dell’informazione. E ci ha fatto un buco così». [2] Wikileaks è attivo dal dicembre del 2006. L’idea è semplice: sfruttare le potenzialità di Internet per creare un sito capace di far filtrare documenti scottanti in modo completamente anonimo, proteggendo le fonti e sfuggendo a qualunque censura, legale o illegale. Stefania Maurizi: «Per mettere a punto la sua creatura, Assange fa il giro del mondo tra luminari di informatica, crittografia e sicurezza. Arriva a chiedere una mano anche a un vegliardo come Daniel Ellsberg, la gola profonda che nel 1971 fece filtrare i “Pentagon Papers”: rapporti segretissimi sulla guerra del Vietnam, che crearono un enorme imbarazzo alla Casa Bianca e costarono l’arresto a Ellsberg». [4] «Quello di Assange mi sembrava un progetto irrealizzabile», ha raccontato Ellsberg: «Non riuscivo a capire come potesse proteggere l’anonimato delle fonti da potenze come la National Security Agency (Nsa) o l’Fbi. Ero diffidente al punto da pensare che Assange volesse creare un sistema proprio per incastrare le persone che si azzardassero a inviare documenti: temevo che la sua fosse un’operazione coperta della Cia. Ma poi, dopo aver visto il video e altri documenti che hanno pubblicato, ho cambiato idea». [4] «Io voglio lanciare un nuovo tipo di giornalismo», spiega Assange: «Il giornalismo come scienza. Se tu pubblichi uno studio sul Dna tutti i migliori giornali di biologia ti chiedono di fornire i dati per poterli verificare. Vorrei che questo si ripetesse per il giornalismo vero. Oggi i lettori non sono in grado di verificare ciò che viene raccontato: ed è questo che porta agli abusi del potere». [5] Scoop e guai colossali per Wikileaks arrivarono subito: uno dei primi documenti fatti filtrare fu il regolamento del centro top secret di Guantanamo. Poi, toccò alla Banca Julius Baer, un istituto privato di Zurigo con uffici dalle isole Cayman fino a Milano. Maurizi: «Nel 2008 Wikileaks pubblica una valanga di files su clienti della banca che si sarebbero macchiati di reati di evasione e riciclaggio alle isole Cayman. La reazione del colosso svizzero è immediata: arruola il più agguerrito studio legale americano specializzato in querele e ottiene un provvedimento giudiziario di chiusura del sito da una corte della California». [4] Problema risolto? Tutt’altro. Maurizi: «Le pagine incriminate continuano ad essere accessibili da paesi come il Belgio o l’India e la sentenza scatena la reazione di una coalizione di ben 18 grandi associazioni, mobilitando anche i grandi giornali statunitensi. Vecchi e nuovi media fanno fronte comune, sostenendo il ricorso in tribunale. E vincono. La sentenza viene completamente ribaltata, Wikileaks torna on line e la banca batte in ritirata, rinunciando all’azione legale. Nella sentenza che annulla la chiusura del sito, il giudice prende atto che il bavaglio ha sortito “esattamente l’effetto contrario a quello voluto”». [4] Dopo la Julius Baer, i pirati hanno preso di mira la multinazionale di trading petrolifero “Trafigura”, accusata di aver scaricato in Costa d’Avorio rifiuti tossici che avrebbero fatto ammalare 30 mila persone. Maurizi: «E poi ancora hanno abbordato Scientology e la massoneria. E hanno rivelato i massacri in Kenya, vincendo il “Media Award” 2009 di Amnesty International. Infine, è arrivato “Collateral Murder” sul massacro in Iraq». [4] “Collateral Murder”, assassinio collaterale, è un video di 38 minuti messo in rete nello scorso mese di aprile mandando in besta i comandi militari Usa: girato nel 2007, mostra le immagini di un elicottero americano che massacra civili inermi, tra cui due giornalisti della Reuters, scambiati per guerriglieri mentre l’equipaggio ride di gusto. A giugno Daily Beast, il quotidiano online diretto da Tina Brown, rivelò al mondo che le autorità americane erano convinte che Assange avesse ricevuto in tutto o in parte i 260 mila fascicoli riservati del Dipartimento di Stato trafugati da un analista dello spionaggio militare agli arresti in Kuwait, Bradley Manning. [6] Il salto di qualità arrivò lo scorso 26 luglio, con la pubblicazione di circa 92 mila documenti segreti del Pentagono relativi alla guerra in Afghanistan, la più grande fuga di notizie della storia militare americana. Massimo Gaggi: «Stiamo vedendo l’alba del nuovo “giornalismo scientifico” annunciato proprio da Assange? O siamo davanti a una forma di “info-vandalismo” (gogna mediatica per tutti con pochi controlli e solo sulla provenienza dei documenti, non sulla loro veridicità) come denuncia Steven Aftergood, uno scienziato che, pure, era stato invitato a entrare nel team di “Wikileaks”?». [7] Spesso i documenti di Wikileaks hanno aperto nuovi orizzonti. Gaggi: «È stata più volte premiata e ha ricevuto donazioni con le quali, assicura Assange, paga tutte le sue spese. Ma è questo il modo giusto per analizzare la realtà o si rischia, come ha rabbiosamente commentato il ministro della Difesa Usa, Robert Gates, di “guardare il mondo attraverso il foro di una cannuccia”, cioè senza vedere quello che c’è a monte e a valle del documento (o filmato) che viene messo in Rete?». [7] Assange & C. hanno adattato alla Rete i classici della guerriglia, mescolando la lezione di Sun Tsu a quella di Che Guevara. Maurizi: «Trasformano la forza del nemico nella loro: sfruttano la potenza delle banche dati centrali che garantiscono il controllo planetario e se ne impadroniscono per mettere in crisi quello stesso sistema di potere. Poi dopo ogni imboscata, con ondate di documenti lanciati in tutto il mondo, la banda si disperde tornando a essere invisibile. Hanno studiato una chat protetta da un sistema di cifratura che li unisce e li raduna, per comunicare senza rischi. L’unico punto debole sono i contatti con l’esterno, le relazioni con il pool di giornali che garantisce la diffusione mondiale delle notizie». [8] «Wikileaks fa un buon lavoro nel proteggere le fonti ma un margine di rischio esiste sempre» (Steven Murdoch, esperto di “comunicazioni anonime” del laboratorio di informatica dell’università di Cambridge). Maurizi: «Non a caso, a chi ha in mano documenti veramente scottanti, Wikileaks non suggerisce la Rete, ma propone piuttosto un mix di tecnologie avveniristiche e sistemi vecchio stile: criptare il file, metterlo su un Cd o su una chiavetta Usb e spedirlo via posta ordinaria a uno degli indirizzi che l’organizzazione ha in giro per il mondo, seguendo le precauzioni raccomandate sul sito». [4] La settimana scorsa è arrivata la pubblicazione di migliaia di documenti del Dipartimento di Stato americano riguardanti i politici di tutto il pianeta. Viviana Mazza: «E intanto il mondo si chiede: “hacker etico” o criminale? Per i fan, Assange è un paladino della verità. Per i critici, avido di pubblicità, è pronto a diffondere dati che mettono a rischio molte vite. Non avendo censurato i nomi contenuti nei file riservati su Iraq e Afghanistan diffusi a luglio e a ottobre, è stato criticato per aver messo a rischio, tra gli altri, i collaboratori locali degli Usa. Prima di quest’ultimo scoop, denominato “Cablegate”, però, ha inviato un’email al dipartimento di Stato Usa offrendo di cancellare i nomi di eventuali persone a rischio. Washington ha risposto che non negozia con lui, che ha replicato: “I rischi sono un pretesto. Volete nascondere prove di abusi dei diritti umani e altri crimini”». [9] Già ricercato per poche ore ad agosto dalle autorità giudiziarie svedesi con l’accusa di aver stuprato e molestato nei giorni precedenti due donne tra i 20 e i 30 anni [10], da mercoledì il nome di Assange figura nella lista dei “Most Wanted”: l’Interpol gli dà la caccia con un mandato di cattura che gli chiede di presentarsi in tribunale per affrontare un «interrogatorio sui reati sessuali» che gli vengono contestati (si dichiara innocente e parla di complotto). [11] Sebbene nessuno lo dica apertamente, tutte le indiscrezioni lasciano capire che si nasconde a Londra o comunque nel sud-est dell’Inghilterra. [12] Il suo legale assicura che non c’è bisogno di scatenare chissà quale spettacolare caccia all’uomo: «Quando volete arrestare Julian Assange venite da me e combiniamo l’incontro». [13] Note: [1] Federico Rampini, la Repubblica 1/12; [2] Gabriele Romagnoli, la Repubblica 22/8; [3] Massimo Gaggi, Corriere della Sera 27/7; [4] Stefania Maurizi, L’espresso 8/7; [5] a. aq, la Repubblica 27/7; [6] Paolo Valentino, Corriere della Sera 13/6; [7] Massimo Gaggi, Corriere della Sera 27/7; [8] Stefania Maurizi, L’espresso 9/12; [9] Viviana Mazza, Corriere della Sera 30/11; [10] M. Fa., Corriere della Sera 22/8; [11] Maurizio Molinari, La Stampa 2/12; [12] Enrico Franceschini, la Repubblica 3/12; [13] Fabio Cavalera, Corriere della Sera 4/12.