Antonio Gnoli, la Repubblica 4/12/2010, 4 dicembre 2010
UNA SPOON RIVER DA RICORDARE
Quindici anni fa – era novembre del 1995 – il filosofo Gilles Deleuze si tolse la vita, come Mario Monicelli, lanciandosi dalla finestra di un quarto piano. Si schiantò, come Primo Levi e Franco Lucentini che furono ritrovati sul fondo di una tromba di scale. Scelsero di morire: stanchi e indifesi, disperati e consapevoli. Liberi e costretti. Come Walter Benjamin che, settant´anni fa, ingerì del veleno per sottrarsi alla Gestapo. Pochi mesi dopo Virginia Woolf, con le tasche colme di sassi e di depressione, si lasciò inghiottire dal fiume dietro casa. Come Paul Celan, che si gettò nella Senna. Sessant´anni fa Pavese si congedò con i barbiturici. Ed è trascorso mezzo secolo da quando Hemingway – ormai stravolto - si tolse la vita mirando alla tempia. Ottant´anni fa Majakovskij si tirò un colpo al cuore. Come dieci anni prima Carlo Michelstaedter. Yukio Mishima morì, quarant´anni orsono, seguendo il rituale seppuku. Trent´anni fa Romain Gary si sparò, con una rivoltella. L´anno prima, l´ex moglie e attrice, Jean Seberg, si era uccisa con i sonniferi. Li utilizzarono anche André Gorz e la compagna Dorine. Tutto quello che di un suicidio riusciamo a capire non illuminerà mai il fondo della disperazione che lo provoca. Ci restano pietà e dolore. E un senso di smarrimento per una Spoon River che scava nella nostra memoria.