Attilio Bolzoni, la Repubblica 4/12/2010, 4 dicembre 2010
Uomo della verità o grande depistatore perché il figlio di don Vito divide i magistrati - Quel nome che ha divulgato sottovoce in giro per l´Italia è finito in un atto, un verbale di interrogatorio
Uomo della verità o grande depistatore perché il figlio di don Vito divide i magistrati - Quel nome che ha divulgato sottovoce in giro per l´Italia è finito in un atto, un verbale di interrogatorio. Adesso il nome l´ha fatto anche ai giudici. Con quel suo modo di parlare molto siciliano, che è sempre fra il dire e il non dire, Massimo Ciancimino ha scaraventato Gianni De Gennaro nell´intrigo della trattativa fra Stato e mafia. Chissà come sarà chiamato da oggi il rampollo di don Vito. L´uomo della verità? Il grande depistatore? L´esecutore materiale dei desideri del mafioso più mafioso di Palermo? Di certo è che da oggi, non importa se ha addossato il peso al padre che non c´è più o se la colpa se la prenderà tutta lui, Massimo Ciancimino ha oltrepassato un confine dal quale difficilmente potrà tornare indietro. Innanzitutto per il nome che ha deciso di rivelare. E poi perché, su quel nome, tanto per cambiare la magistratura siciliana si sta già spaccando. Nella Ciancimino story siamo alla resa dei conti. Dopo molti mesi di esitazioni e di retromarce sull´identità del misteriosissimo «signor Franco» - l´uomo che per almeno tre decenni aveva protetto don Vito - Massimo Ciancimino ha raccontato che l´ex capo della polizia italiana e attuale direttore del dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, sarebbe «molto vicino» o comunque «dell´ambiente» di quel personaggio degli apparati che ha tramato con Vito Ciancimino e con i Corleonesi. Un tira e molla, con ammiccamenti e qualche paura, che ha portato "Massimuccio" a svelare il nome più stupefacente e farlo scivolare nel cuore dei negoziati più inconfessabili a cavallo fra le stragi del 1992. Qualcuno - alla procura di Palermo - vorrebbe andare a fondo e magari saperne di più, qualcun altro - alla procura di Caltanissetta - invece sta pensando di incriminare il piccolo Ciancimino per calunnia. Sono i primi effetti reali, dopo i malumori degli ultimi mesi, dell´ingorgo giudiziario che ha creato il «teste» che esattamente un anno fa aveva consegnato agli inquirenti il famigerato «papello», la prova principe dell´abbraccio fra Totò Riina e ancora sconosciuti uomini dello Stato. Il coinvolgimento in questa fossa di patti e di ricatti incrociati del più famoso poliziotto italiano - fedele al fianco di Falcone quando tanti altri non lo sono stati negli anni del maxi processo, ai vertici investigativi e della sicurezza nazionale con nomina praticamente «a vita» dopo i successi contro Cosa Nostra - è destinato a ribaltare in un senso o nell´altro non soltanto le precedenti dichiarazioni di Ciancimino ma anche tutta la ricostruzione fatta fino ad ora sulla trattativa. Se quella di Ciancimino figlio o di Ciancimino padre è la verità (ed è veramente molto complicato far coincidere il profilo di Gianni De Gennaro con le criminali scorribande attribuite al famigerato «signor Franco», un agente dei servizi contemporaneamente a disposizione di Stato e mafia), allora bisognerà rivedere un´altra volta ancora cosa è accaduto in Sicilia e a Roma prima dopo e durante le stragi del 1992. Se quella di Ciancimino figlio invece è solo un tentativo su mandato per intossicare e avvelenare (e c´è chi lo sospetta), allora bisognerà correggere comunque le ultime acquisizioni giudiziarie su patti veri e presunti stipulati all´ombra dei massacri. In ogni caso le sue confessioni, anche mettendoci la tara su certe «rivelazioni» e soprattutto sui pensieri del padre riportati e forse frettolosamente presi per buoni (don Vito di strategie mafiose se ne intendeva assai), rilanciano comunque dubbi, domande: sono stati soltanto ufficiali dei carabinieri dei reparti speciali (il generale Mario Mori) o spioni (come Lorenzo Narracci) o alti funzionari o addirittura ministri della Repubblica a dialogare con i Corleonesi nell´infuocata stagione delle stragi? E la polizia di Stato?, non si è mai accorta di nulla in quei mesi e in quegli anni, non ha mai intercettato e nemmeno fiutato le operazioni che erano in corso in Italia per fermare le bombe? Il resto della trama per ora è affidata alle sole parole di Massimo Ciancimino, che ultimamente ha reso molto nervosi i rapporti fra la Procura di Caltanissetta - quella che investiga sulle stragi - e quella di Palermo - che investiga sulla trattativa - proprio intorno al nome di De Gennaro. È scontro o quasi. Cominciato proprio intorno alla caccia del capo degli 007 rimasto in contatto con don Vito per un´eternità. Cominciato con le ammissioni e le smentite continue di Massimo, con i suoi riconoscimenti poi disconosciuti del «signor Franco», con la pista di numeri telefonici risultati inesistenti. E, alla fine, con la consegna di un foglio con dentro 12 nomi e una freccia accanto a un diplomatico israeliano puntata su un tredicesimo nome, il più grosso di tutti: Gianni De Gennaro. Il foglio, giusto per ricordarlo, apparteneva a qualcuno che non è mai stato al di sopra di ogni sospetto: sempre lui, Vito Ciancimino. Gira e rigira, don Vito forse trama anche da morto.