FRANCESCO LA LICATA, La Stampa 4/12/2010, pagina 19, 4 dicembre 2010
LA CREDIBILITÀ TRA I FUOCHI DI DUE PROCURE
Non è facile districarsi fra le contraddizioni del guazzabuglio nel quale sembra essere caduto Massimo Ciancimino con le sue «rivelazioni» sul misterioso e imprendibile «signor Franco», l’uomo dei servizi che avrebbe in qualche modo monitorato l’attività del padre, l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, sia nella veste di punto di riferimento politico affaristico della mafia corleonese (fino al 1984), sia nel successivo ruolo di mediatore all’interno della trattativa fra Stato e Cosa nostra durante l’offensiva stragista di Totò Riina.
L’ultima novità del teste riguarda il coinvolgimento di Gianni De Gennaro, ex Capo della polizia e oggi direttore del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza), tirato in causa come «vicino» all’ambiente del «sig. Franco». E’ ovvio, visto il personaggio, la sua reputazione e il passato di successi nella lotta alla mafia, che la notizia abbia suscitato parecchia fibrillazione. E anche confusione, dal momento che all’immediata reazione di De Gennaro non corrisponde un’altrettanta decisa presa di posizione della Procura di Caltanissetta. Col risultato che Massimo Ciamcimino potrebbe trovarsi due volte accusato di calunnia: una volta da De Gennaro, un’altra volta dai magistrati di Caltanissetta, qualora decidessero (non l’hanno fatto in una recente riunione) di certificare di non credere al teste.
Già, perché questa è una storia che va avanti da mesi, tra opposte convinzioni dei giudici (Palermo dà affidabilità al teste, Caltanissetta ha più volte preso le distanze) e conseguenti diversi atteggiamenti. In particolare si può dire che la Procura di Palermo - anche sulla base di attività investigative che hanno riscontrato molte affermazioni di Massimo Ciancimino - abbia l’interesse processuale a mantenere alta la credibilità del teste. Più complesso il compito dei giudici nisseni, anche per via delle difficoltà insite nella rivisitazione di un periodo storico che ha visto negativamente coinvolti alcuni rappresentati degli apparati di sicurezza impegnati sul fronte antistragista.
Per quel che si sa, Massimo Ciancimino ha fatto il nome di Gianni De Gennaro non durante un interrogatorio ufficiale coi magistrati, ma durante uno scambio di battute informale con alcuni funzionari della Dia che, correttamente, hanno subito presentato una relazione ai giudici. Chiamato, poi, a confermare, Massimo Ciancimino ha ridimensionato il suo pensiero, spiegando che quelle espresse erano convinzioni del padre «notoriamente avvelenato col giudice Falcone e con gli investigatori che lo assistevano». E De Gennaro era il più vicino a Falcone.
Massimo Ciancimino, però, aveva offerto un profilo del «sig. Franco» molto preciso e sorretto da particolari e aneddoti che poco si addicono alla figura di De Gennaro. A cominciare dall’identità anagrafica, per finire all’episodio della concessione di un passaporto al figlio appena nato. Episodio ancora al vaglio degli accertamenti, visto che una prima ricerca si era conclusa nel nulla.