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 2010  dicembre 04 Sabato calendario

Il partitino di Fini può incassare 95 milioni - I «piccoli imprenditori di piccoli partitini politici», co­me li ha definiti Silvio Berlu­sconi, magari non si impegne­ranno al massimo per il bene del Paese, ma sono imbattibi­l­i nella cura del proprio orticel­lo, machiavellicamente dedi­ti al particulare

Il partitino di Fini può incassare 95 milioni - I «piccoli imprenditori di piccoli partitini politici», co­me li ha definiti Silvio Berlu­sconi, magari non si impegne­ranno al massimo per il bene del Paese, ma sono imbattibi­l­i nella cura del proprio orticel­lo, machiavellicamente dedi­ti al particulare . Quanto vale, infatti, un par­titino? In cinque anni di legi­slatura si possono incamera­re circa 95 milioni di euro che non faranno la fortuna del­­l’Italia, ma di ogni sedicente leader certamente sì. Si tratta di una stima parametrata su una formazione che riesca a conseguire il 6% alle elezioni politiche. Un valore che i son­daggi attualmente accredita­no all’Udc di Casini, all’Italia dei valori di Di Pietro e anche a Futuro e libertà di Gianfran­co Fini. Ipotizzando che l’affluenza alla prossima chiamata alle ur­ne si attesti prudenzialmente attorno al 75%, il «partitino X» otterrebbe circa 2 milioni di voti alla Camera (47 milioni la base elettorale) e circa 1,9 mi­lioni di preferenze al Senato (43 milioni gli aventi diritto). Il rimborso per i cinque anni di legislatura elargito dalle Ca­mere di appartenenza dovreb­be pertanto attestarsi sui 28,5 milioni di euro. Una cifra co­munque ragguardevole consi­derato che i partiti tendono a spendere per le campagne elettorali importi di gran lun­ga inferiori a quelli che saran­no rimborsati. Se non stringesse alleanze, il «partitino X» con un forte ra­dicamento territoriale ( ponia­mo a caso il Centro-Sud) po­trebbe, in base all’attuale leg­ge elettorale, far eleggere una trentina di deputati e una deci­na di senatori. Una pattuglia di tutto rispetto e soprattutto capace di formare gruppi au­tonomi in entrambi i rami del Parlamento. Un onorevole ha un costo medio annuo lordo per le casse della Camera di circa 160mila euro. Trenta de­putati «valgono» pertanto 4,8 milioni. Dieci senatori, inve­ce, vengono retribuiti a vario titolo ogni anno per 2,3 milio­ni di euro circa (231mila euro di retribuzione media annua lorda). Se la nuova legislatura durasse cinque anni si arrive­rebbe a un totale di 35 milioni. E il «partitino X» cosa c’en­tra se le indennità e le diarie dei deputati sono elargite indi­vidualmente? È prassi che ogni parlamentare contribui­sca alle casse del proprio parti­to con una quota del proprio «stipendio», dunque di quei 35 milioni una parte giunge­rebbe sicuramente al tesorie­re e comunque i parlamentari svolgono attività politica an­che autofinanziandosi. Non è finita qui: Montecito­rio e Palazzo Madama contri­buiscono al funzionamento dei gruppi parlamentari stan­ziando rispettivamente 35 e 38 milioni di euro ogni anno. Il «partitino X» potrebbe rice­vere pro­quota circa 3,5 milio­ni all’anno. Una parte di que­sto ammontare viene corri­sposta dai gruppi ai singoli parlamentari per agevolare il rapporto con gli elettori. Logi­co pensare, quindi, che depu­tati e senatori utilizzino que­ste somme destinandole alle casse del partito, anche a livel­lo locale. Per cinque anni di le­gislatura si ottiene dunque un importo di 16,5 milioni. Ultimo ma non meno im­portante, l’organo di partito. Il «partitino X» potrebbe edita­re un quotidiano, come fa l’Udc (e anche Fli considerato che Il Secolo è ormai la voce di Fini). Liberal e Il Secolo per l’anno 2008 hanno ottenuto contributi pubblici per l’edito­ria prossimi ai 3 milioni di eu­ro. Se il partitino X li imitasse in una legislatura otterrebbe per il proprio house organ ben 15 milioni di euro. Tirare le somme è semplice: 28,5 milioni di rimborsi eletto­rali, 35 milioni per deputati e senatori, 16,5 milioni per i gruppi e 15 milioni per il quoti­diano fanno 95 milioni in una legislatura. Ben 19 milioni al­l’anno che non cambieranno il destino del Paese, ma che consentiranno a quelli che il Cavaliere chiama «professio­nisti della politica» di prospe­rare per lungo tempo. Ovvia­mente, a nostre spese.