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 2010  dicembre 03 Venerdì calendario

Quel gasdotto è vitale per gli italiani - L’idea di costruire South Stream, la pipeline che dovrà portare il gas naturale dai giacimenti russi ai mer­cati dell’Europa Occidentale, è nata dopo l’inverno 2005

Quel gasdotto è vitale per gli italiani - L’idea di costruire South Stream, la pipeline che dovrà portare il gas naturale dai giacimenti russi ai mer­cati dell’Europa Occidentale, è nata dopo l’inverno 2005. Come si ricorderà, un inverno molto freddo. Non tanto perché il termometro sia sceso molto al di sotto delle medie stagionali, ma perché uno scontro econo­mico- politico lo ha reso tale. I gasdotti in funzione (al­lora come adesso) per collegare produttore e consuma­tori passano attraverso il territorio dell’Ucraina.E il go­verno di Kiev, proprio negli ultimi mesi del 2005, ha deciso di chiudere i rubinetti per spuntare dei diritti di transito più vantaggiosi. Il braccio di ferro è durato set­timane, mettendo in ginocchio molte imprese euro­pee e lasciando spenti i termosifoni in centinaia di con­domini. L’effetto della contesa è stato anche un altro:ha mes­so paura a un colosso, Gazprom, proprietario del gas che scalda gli europei. Gazprom è la prima società rus­sa, rappresenta l’8 per cento del suo prodotto interno lordo, possiede circa il 16 per cento delle riserve mon­diali di idrocarburi. Privatizzata (in maniera molto di­scussa) nel 1997, è tuttora controllata al 38 per cento dallo Stato. Le sue scelte strategiche sono dettate dal Cremlino, il quale però, a sua volta, è condizionato dal­la Gazprom (e dagli altri azionisti) proprio per il peso che il gruppo ha nell’economia del Paese. Dopo l’inverno 2005 entrambi non hanno avuto dub­bi sulla necessità di prendere un’iniziativa per sottrar­si a potenziali nuovi ricatti dell’Ucraina. Così è nata l’idea di South Stream, un gasdotto che parte dai giaci­menti russi, attraversa il Mar Nero, approda in Bulga­ria e si divide in due tronconi: quello dei Balcani fa rot­ta verso Nord; l’altro va in Grecia, passa lo stretto di Otranto e in Italia si collega alla rete di gasdotti già esi­stente. Nel 2006 South Stream è diventata un progetto con­creto e Gazprom ha proposto all’Eni di partecipare al­l’impresa. Ma non si trattava di una semplice scelta di due aziende che decidono di mettersi insieme per fare un bel business:un’opera di quella portata è soprattut­to una decisione politica bilaterale che coinvolge stra­tegicamente i due Paesi. Infatti la trattativa è stata fra il Cremlino e il governo italiano, guidato allora da Roma­no Prodi. L’accordo è stato raggiunto dando vita a una società controllata pariteticamente dalla Grazprom e dall’Eni già allora guidata da Paolo Scaroni. Il gasdotto dovrà essere pronto per il 2015. Il progetto è stato subito vissuto come antitetico ri­spetto al «Nabucco»,un’altra pipeline nata per portare in Europa il gas dei giacimenti dell’Azerbaijan, del Ka­zakistan (e in prospettiva anche dell’Iran) passando per la Turchia. Nato nel 2002, destinato a entrare in funzione anche lui nel 2015 e formato da società tur­che, austriache (arrivo del terminale), bulgare, unghe­resi e romene il Nabucco ha trovato il consenso del­l’Unione europea, che l’ha finanziato. E ha goduto fin dall’inizio della simpatia degli Stati Uniti preoccupati dalla crescente dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia (la Germania prende da lì il 36 per cento del suo gas; l’Italia il 27). Proprio per questa ragione geostrategica, Washin­gton guarda invece con preoccupazione al South Stre­am giudicandolo una sorta di cordone ombelicale che legherà sempre più gli europei ai russi. Per avere mag­gior peso sullo scacchiere internazionale Gazprom ed Eni hanno proposto di associarsi alla francese Total e alla tedesca Wintershall. Così South Stream avrebbe al suo fianco non solo Mosca e Roma, ma anche Parigi e Berlino. Ma le trattative in questo senso non sono anco­ra andate in porto.