Maurizio Stefanini, Libero 2/12/2010, 2 dicembre 2010
TANTE ENTRATE, POCHE USCITE, IL MISTERO DEI SOLDI DI JULIAN
Ma dove li ha presi Wikileaks i soldi per montare tutta quella buriana che ha combinato? Ovviamente, a questo punto si possono immaginare tutti gli scenari che si vogliono. Ad esempio, che Julian Assange sia pagato da qualche Potenza grande o piccola vogliosa di destabilizzare gli States, o magari da qualche avversario di Obama interno al sistema Usa.Oppure che anche lui giochi in Borsa lucrando sugli esiti delle sue rivelazioni, in modo analogo anche se per fortuna meno sanguinoso di quando Bin Laden giocò al ribasso prima di lanciare i kamikaze sulle Torri Gemelle. Speculazioni a parte, il problema ha due versanti principali. Primo: in realtà nell’era di Internet organizzare un aggeggio come Wikileaks costa relativamentepoco. Secondo: maestronello svelare i segreti altrui, JulianAssange lo è altrettanto nel tenerecelati i propri.
Sul primo punto, fa fede un servizio pubblicato a luglio dalla rivista specializzata in Internet Wired,e secondo il quale appena il 5% delle somme raccolte da Wikileakss erviva per il suo mantenimento. Questo, per lo meno, secondo la Wau Holland Foundation: una fondazione con sede a Berlino incaricata appunto di gestire le donazioni al sito, e che certificò 500.000 euro ricevuti via PayPal e 240.000 via bonifici bancari,contro appena 30.000 euro che Assange e il portavoce DanielSchmitt avevano speso per viaggiare, pagare i server e affittare i siti. Si può speculare se i 610 mila euro in cassa siano serviti per acquistareinformazioni.
La stessa fonte diceva anche che il lavoro era volontario e non retribuito, anche se era in corso un dibattito se pagare qualche stipendio. Quella Wikipedia cui Wikileaks ha scippato la primaparte del nome aveva dimostrato che si può andare avanti con un progetto planetario anche solo a base di contribuzioni volontarie, in manodopera e soldi. La Fondazione aveva però dato questecifre dopo che Wikileaks era stat aaccusata di scarsa trasparenza da un suo ex-collaboratore, e che si era parlato di un bilancio pari a un milione di dollari di entrate all’anno contro 200.000 dollari di uscite. D’altra parte nel 2009 Wikileaks aveva avuto una prima grave crisi: quando Assange era emerso come leader, il sito aveva spostato l’obiettivo fondamentale delle proprie bordate da regimi totalitari agli Stati Uniti, si erano avute le prime defezioni, ed erano cessati i finanziamenti di Associated Press, Los Angeles Times ef ederazione degli editori dei giornali Usa. A dicembre 2009 erano in cassa solo 5000 euro e il sito aveva chiuso fino a maggio, lanciando una grande raccolta di fondi. Obiettivo: 200.000 dollari per un anno di attività con lavoratori non retribuito, 600.000 con lavoratori stipendiati.
Registrata come una biblioteca in Australia, come una fondazione in Francia e come un giornale in Svezia, così come aveva dovuto affidarsi a una fondazione terza per gestire i soldi Wikileaks aveva dovuto ricorrere anche a organizzazioni terze per la loro raccolta. Aagosto, dunque, la britannica Moneybookers, spaventata per l’offensiva giudiziaria in provenienza dagli Usa, aveva chiuso il conto di Wikileaks:i nconveniente cui per altro Assange aveva già ovviato, dotandosi quasi in contemporanea del sistema made in Sweden Flattr.