Alberto Grimelli, ItaliaOggi 4/12/2010, 4 dicembre 2010
EXTRAVERGINE PER 50 ANNI
Sono 50 ani che esiste l’olio extravergine di oliva. La definizione venne coniata in Italia con la legge 1407 del 1960 per mettere ordine in un mercato selvaggio. Basti pensare che, per aggirare le quote sulle importazioni di oli provenienti da altri Paesi europei, era in voga acquistare sapone per poi trasformarlo di nuovo in olio una volta passata la frontiera.
L’extravergine fu una rivoluzione. Oggi però se ne mette in discussione la valenza e l’utilità. «Olio da olive», «succo d’oliva», «olio di frantoio». Con queste ed altre definizioni si vorrebbe sostituire «olio extravergine d’oliva», definizione che si considera inflazionata, la cui immagine è appannata da mille problemi, tra cui quello delle frodi. «Sono il primo a riconoscere che l’espressione olio extravergine d’oliva è poco felice sul piano linguistico, troppo lunga e articolata», dice a ItaliaOggi, Luigi Caricato, direttore di Teatro Naturale, il sito internet che ha organizzato la festa celebrativa dei 50 anni a Milano lo scorso 2 dicembre. «Chi dimentica il proprio passato, però, non ha futuro», aggiunge Caricato, «occorreva ricordare cosa ha rappresentato l’extra vergine e anche, con orgoglio, rivendicare la paternità di una denominazione commerciale che ha fatto il giro del mondo, il cui uso è ormai patrimonio dell’umanità». Con l’evento «Buon Compleanno Extra Vergine» si è quindi voluto ripercorrere la storia dell’ultimo cinquantennio, grazie alla voce dei protagonisti, di oggi e di allora. L’industria olearia, che ora difende l’extra vergine, attese a lungo prima di lanciarlo sul mercato, alcuni noti marchi italiani attesero fino agli anni 1980 prima di inserirlo nella propria gamma commerciale. Da allora l’extravergine subì una evoluzione tumultuosa fino a trovare, oggi, decine di referenze di olio extra vergine d’oliva sugli scaffali dei supermercati. «Alla segmentazione e forte differenziazione dell’offerta di olio extra vergine d’oliva», ha dichiarato Pina Romano, presidente dell’Interprofessione olio d’oliva, «non ha corrisposto un’adeguata informazione al consumatore che oggi è disorientato da una gamma con prezzi dai 2 fino ai 20 e più euro al litro. Tutta la competizione si è concentrata solo sull’extravergine, tanto da arrivare all’assurdo che un olio di oliva può costare di più dell’extravergine d’oliva». Parlare al consumatore con parole nuove, questa è la sfida che ci attende, e su cui tutti hanno concordato. All’estero ma anche in Italia occorre creare una coltura oliandola se si vuole valorizzare il prodotto e non svilirlo a livello di una commodity. Molto lavoro c’è ancora da fare se, come ricordato da Daniele Tirelli dell’Università Iulm, lo stesso consumatore italiano è preda di molti luoghi comuni e il primo fattore nella scelta è il prezzo. Ma su cosa puntare per valorizzare l’extra vergine? Sul gusto, anzi sui tanti gusti, sapori e profumi degli oli italiani, un patrimonio mai realmente sfruttato. «Certe campagne promozionali, certi spot», ha dichiarato Elia Fiorillo, presidente dell’associazione dei produttori Unasco, «producono scarsi risultati. Occorre anche cominciare a spendere diversamente, a partire dai 2,4 milioni di euro che il ministero ha recentemente reperito per il settore».