federico rampini, la Repubblica 3/12/2010, 3 dicembre 2010
L´ENI PIEGATA AI VOLERI DEL CAPO
«Due tycoon-oligarchi, con un rapporto personale che scavalca le istituzioni dei loro paesi, Silvio Berlusconi e Vladimir Putin hanno trovato nell´energia il terreno per un business condiviso. Eni e Gazprom sono diventati il centro dei loro interessi comuni». L´accusa è dettagliata nei rapporti dell´allora ambasciatore Usa Ronald Spogli da Roma.
Coincideva con le informative che partivano dall´ambasciata americana di Mosca, ora divulgate da WikiLeaks. E su queste analisi non c´è oggi nessuna scusa ex-post, nessuna smentita: corrispondono con la diagnosi che tuttora a Washington viene fatta sull´anomalo rapporto personale tra i premier italiano e russo. «Affaristi più che statisti, hanno trasformato la politica estera in un business, e le aziende di Stato vanno piegate ai loro fini», è il sunto che viene confidato da uno dei massimi esperti di politica energetica al Dipartimento di Stato.
È il 26 gennaio 2009, manca poco alla sua partenza da Roma, quando l´ambasciatore Spogli nominato da George Bush consegna il suo lungo rapporto classificato "segreto" con il titolo "Italia-Russia, la relazione vista da Roma". Una relazione che Spogli vede «dominata dalle forniture energetiche», anche a costo di «compromettere la sicurezza dell´Italia». Un´analisi preveggente visto che Putin un anno e mezzo dopo nel ventilare la possibilità di ricandidarsi alla presidenza evocherà il disegno di «dominare l´Europa occidentale con le forniture di gas». Nella relazione dell´ambasciatore Usa si legge che «rispetto all´influenza del ministero degli Esteri e dell´Eni, a determinare la politica dell´Italia verso la Russia il fattore di gran lunga più importante è l´attenzione personale che Putin dedica alla sua relazione con Berlusconi». Spogli dipinge un quadro in cui Eni e Gazprom vengono spremute e manipolate dai due capi di governo. L´ambasciatore si rifà a fonti dello stesso Polo delle Libertà, oltre che dell´opposizione: «Sono convinti che Berlusconi e i suoi accoliti traggano cospicui profitti personali da molti contratti di fornitura energetica tra Italia e Russia». Poi cita l´ambasciatore georgiano a Roma: «Il suo governo ritiene che Putin ha promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti da ogni gasdotto sviluppato da Gazprom in coordinamento con l´Eni». L´allusione è ai progetti delle reti Nord Stream e South Stream, per trasportare gas russo verso l´Europa occidentale e meridionale bypassando Ucraina e Bielorussia. Entrambe osteggiati dagli americani che li dipingono come un cappio al collo dell´Europa. Su scelte che toccano il futuro energetico dell´Italia e quindi gli interessi vitali del paese, Spogli riferisce che tutti i suoi interlocutori «alla Farnesina, tra i collaboratori del premier, nel suo partito, e perfino l´Eni, sostengono che Berlusconi decide sulle politiche verso la Russia di testa sua, senza cercare né ascoltare consigli». Tutto si gioca in quel filo diretto con il tycoon-oligarca Putin, con sullo sfondo i sospetti sui rispettivi tornaconti.
Eppure l´Eni, per quanto "usato" da Berlusconi per i suoi interessi personali secondo quei comunicati, nel rapporto dell´ambasciatore viene descritto come una potenza. Diversi paragrafi sono dedicati a sottolineare «il suo immenso potere politico», la "sua rete di lobby" più ricca di molte strutture governative, «l´accesso diretto dell´amministratore delegato Paolo Scaroni a Berlusconi, almeno equivalente a quello che il premier concede al suo ministro degli Esteri». Il direttore delle relazioni istituzionali dell´Eni si vanta con l´ambasciatore Usa di vedere Gianni Letta una volta alla settimana. L´azienda «secondo esponenti di tutti i partiti è uno dei principali finanziatori dei think tank che organizzano dibattiti sulle relazioni Italia-Russia». C´è anche il sospetto, riferisce Spogli al Dipartimento di Stato «che l´Eni mantenga dei giornalisti a libro-paga». In quanto alla rappresentanza Eni a Mosca, «è superiore all´ambasciata italiana». Spogli lamenta il fatto che «i leader di tutti gli schieramenti politici italiani sembrano stranamente indifferenti rispetto alla dipendenza energetica verso la Russia", un´allusione al fatto che l´accordo Eni-Gazprom per il gasdotto South Stream era stato firmato quando era presidente del Consiglio Romano Prodi, durante una visita a Mosca dello stesso Prodi il 22 novembre 2007. Ma è Berlusconi quello che sembra trattare l´Eni come roba sua, e al Dipartimento di Stato ancora oggi ricordano la sorpresa del 10 ottobre 2008, quando al culmine della crisi finanziaria globale e con le Borse mondiali in picchiata, Berlusconi in una conferenza stampa distribuì "consigli d´acquisto" dicendo che era il momento di comprare azioni Eni, «che quest´anno farà profitti eccezionali».
Oggi Washington ci tiene a distinguere le divergenze "storiche" e "fisiologiche" tra gli Stati Uniti e l´Eni, dalla gestione berlusconiana della politica energetica italiana in stretta sintonia con Putin. Con l´Eni, ammettono i miei interlocutori di Washington, i conflitti geoeconomici risalgono all´èra di Enrico Mattei, per arrivare fino alla partecipazione di Gheddafi nel capitale. C´è un´antica rivalità tra l´Eni e la sua proiezione d´interessi verso l´Africa, l´Asia, l´America latina, e le compagnie petrolifere Usa. Su questo fronte l´Amministrazione Obama considera un successo l´impegno che l´Eni abbandonerà ogni nuovo progetto in Iran e si limiterà a recuperare gli investimenti già compiuti in passato (ne restano 1,4 miliardi di dollari). E´ sempre WikiLeaks ad avere diffuso il resoconto di un incontro di Scaroni a Washington il 16 settembre 2009 in cui ha promesso agli americani «l´abbandono dei piani di sviluppo per la terza fase del giacimento petrolifero iraniano di Darquain». Per Washington resta invece da indagare il ruolo dei due premier. Con i ribassi nelle quotazioni dell´energia dopo la recessione, tutti i calcoli di lungo periodo sul mercato del gas sono stravolti. Due esperti indipendenti come Julia Nanay di Pfc Energy e Jonathan Stern dell´Oxford Institute for Eenergy Studies concordano che nei grandi investimenti sui gasdotti dalla Russia c´è più politica che logica economica. E Hillary Clinton fino alla vigilia della bomba-WikiLeaks non ha smesso di premere sulle sue ambasciate: per saperne di più sulla dimensione privata in quel business energetico tra Berlusconi e Putin.