Franco Bechis, Libero 2/12/2010, 2 dicembre 2010
TROPPI DUBBI SUL BILANCIO. E’ CACCIA AL TESORO DI AN
Il braccio di ferro al momento è sotterraneo, ma è iniziatala grande caccia ai soldi di Alleanza nazionale fra gli eredi del partito disciolto nel 2008 sui cui conticorrenti giace un tesoretto di circa75 milioni. Soldi e patrimonio sono affidati a un comitato dei garanti di nove esponenti del vecchio partito, sei dei quali rimastifedeli al PdL e tre invece trasmigrati in Futuro e Libertà con Gianfranco Fini. Le ultime riunioni fra i nove (che quasi mai sono al gran completo) sono state piuttosto accese,anche perché finalmente lenoti contabili custodite gelosamentedal vecchio tesoriere delpartito, Francesco Pontone, sono state trasferite al nuovo amministratore, Franco Mugnai. E spulciando i conti sono emerse parecchie sorprese che hanno scatenato più di un retroscena.
Due sono i dati principali ad avere creato l’allarme: l’enorme liquidità del partito è stata depositata su un conto corrente del Bancodi Napoli, agenzia di Montecitorio (dove vengono accreditati gli stipendi dei deputati) senza avviare una particolare trattativa con il direttore dell’agenzia. Il risultato è che su quel conto corrente maturano interessi pari a circa lo 0,2% annuo, cifra compatibile naturalmente con l’andamento dei tassi di interesse degli ultimi anni, ma non proprio verosimile per un deposito di quelle dimensioni per cui qualsiasi banchiere farebbe un trattamento di favore. Tanto è che quando i nuovi amministratori sono andati a bussare allo sportello della banca, hanno subito ottenuto la disponibilità a rivedere i rendimenti su quella somma. Quando hanno provato però a chiedere la retroattività del nuovo trattamento, la porta è stata blindata¨: «Impossibile», ha sentenziato la banca. Qualcuno dei garanti ha abbozzato: «Si vede che i vertici dell’istituto non consentono». Altri, più maliziosi, hanno chiesto un parere a istituti concorrenti, ed è arrivata la risposta: «In una situazione simile non sarebbe impossibile la retroattività su un periodo ristretto come un anno o due, a meno che non esistessero altri patti espliciti al momento della stipula». Ed è qui che agli ex aennini più maliziosi è sorto il dubbio. C’erano altri patti? È possibile che la banca abbia corrisposto interessi in altro modo su altri conti correnti di cui gli attuali garantinon siano a conoscenza?
Qualcuno ha riscosso in altromodo il frutto di quei patti, magari per finanziare la gestione ordinaria della struttura? Domande senza risposta, perché al partito non esiste documentazione bancaria che possa offrire una strada. E l’istitu -to di credito non fornisce informazioni su operazioni del passato, tutelando il segreto bancario.È possibile quindi che semplicemente nessuno degli amministratori abbia pensato di gestire meglio così ingenti risorse, che è assai raro trovare investite su un conto corrente a così basso rendimento. Ma è inutile nascondere che la vera caccia degli ex An leali al PdL fra le pieghe della contabilità del partito cerchi la risposta a una domanda che serpeggia da tempo: «Fini quando ha deciso di costituire un nuovo partito?». Domanda legittima, perché tutti i fatti emersi alla luce hanno mostrato una certa confusione di Fini fra patrimonio del partito e patrimonio ad uso suo personale o famigliare. Dalla casa di Montecarlo all’auto di servizio fatta comprare nuova fiammante a inizio 2010 per quasi 100mila euro e restituita notte tempo una decina di giorni fa quando la notizia stava per diventare pubblica. Anche per questo motivo si è spulciata a fondo la contabilità del Secolo di Italia, che sta chiedendo nuovi finanziamenti. Fra le carte di Pontone sono emerse le minute di due versamenti nel 2009 all’amministratore del Secolo di Italia, Enzo Raisi. Il primo è di 300 mila euro, il secondo assai più abbondante: 3,5 milioni di euro. Traccia di queste somme sono evidenziate nel bilancio ufficiale 2009 della testata, che indica 3 milioni di debito per unfinanziamento ricevutoda An che non era presente nel bilancio 2008 e altri 2,3 milioni di debito verso An «contratto primadel 16 luglio 2008». Raisi spiegache si tratta di anticipi regolarmenteversati ogni anno a valeresul finanziamento pubblico perl’editoria, che viene erogato inmedia un anno successivo. Di solitoAn rinunciava alla restituzionedella somma, usando il credito neiprimi mesi dell’anno successivoper coprire le perdite del quotidianoa titolo di ricapitalizzazionedella società. Quest’anno non èavvenuto. Ma i dubbiosi sostengono:i costi totali del Secolo ammontanoa 4,5 milioni di euro. Lasocietà di fatto ha preso sempre ilcontributo statale (oggi 2,8 milionidi euro), e anche quei 3 milioni diprestito non restituito, oltre almezzo milione di ricavi da venditee pubblicità: dovrebbe essere inutile, e invece perde. Cosa è accaduto?Raisi risponde che si trattadi un’operazione contabile e checomunque adesso la perdita delSecolo si è ridotta sensibilmente:al 15 novembre scorso ammontavaa 600 mila euro e nehaottenutisolo 300 mila pochi giorni dopodal comitato dei garanti. Non bastanoe semmai servono altri soldi.
I garanti nicchiano e la maggior parte di loro chiede un cambio di linea politica del Secolo: «Se vuole i nostri soldi, almeno rispetti tutti noi e non ci attacchi un giorno sì e l’altro pure». Ma questa è polemica spicciola. Il vero braccio di ferro è sulla posta grande: sono finiti a Fini per la nuova avventura politica parte di quei fondi di An?O si tratta solo di scarsa capacità di gestione? È possibile anche questai potesi, tanto più leggendo gli incredibili documenti su un contratto di cartolarizzazione dei rimborsi elettorali 2008 sottoscritto da An con la Banca Infrastrutture e sviluppo: per avere circa 38,7 milionidi euro virtuali (la somma è stata corrisposta dal PdL, non dalla banca), è stata pagata una commissione-monstre di 2,6 milioni.