Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore 3/12/2010, 3 dicembre 2010
SENZA VOTO NIENTE CONCORSI E STIPENDI BLOCCATI PER TUTTI
Il piano straordinario per promuovere ad associato 9mila ricercatori c’è, perché è blindato nella legge di stabilità, ma senza il varo della riforma perde la sua ragion d’essere (l’esaurimento del ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato). Del resto sarà difficile attuarlo perché, sempre senza la riforma, dal mese prossimo non esisterà più nessuna regola per fare i concorsi. Senza riforma, poi, niente criteri «meritocratici» per valutare i docenti, stipendi bloccati per tutti fino al 2013, e niente revisione di un sistema "premiale" di finanziamento che rimane inceppato sui parametri per distribuire gli incentivi. Il fondo 2010 non è ancora stato distribuito, e gli atenei hanno vissuto grazie alle anticipazioni del ministero: ora però anche le "anticipazioni" (possibili fino al 90% del fondo) sono esaurite, gli incentivi alle performance sono rimasti sulla carta e scrivere i bilanci di previsione è impossibile.
Tra i compiti del ddl Gelmini c’è quello di ridare un po’ di razionalità a un cantiere aperto da anni, dove ormai il disordine regna sovrano. Se l’ottimismo del ministro («la voteremo di certo entro fine anno, perché il 14 otterremo la fiducia») non si dovesse tradurre in realtà, non ci sarà capitolo della gestione universitaria immune dal caos che domina da tempo la scena.
Ricercatori
Con il varo della legge di stabilità ci sarà una strana coppia di regole che fanno a pugni fra loro. La prima, scritta nel decreto Gelmini del 2008, ha chiesto alle università di gonfiare il ruolo dei ricercatori (in parte con sostegno ministeriale), riservando a loro il 60% delle risorse per le assunzioni. La seconda, prevista dalla nuova manovra, chiede agli atenei di svuotarlo, promuovendone ad associato 9mila (1.500 all’anno) con una quota degli 1,8 miliardi aggiuntivi in tre anni con cui si è ridotto il taglio previsto nel 2008. Fondi, secondo la strategia del governo, aggiunti proprio per accompagnare l’avvio delle nuove modalità di gestione scritte nella riforma che ora rischia il naufragio.
Reclutamento
Con le leggi in vigore, del resto, dal mese prossimo nessun concorso potrà vedere la luce. Oggi i concorsi funzionano grazie a una proroga, nata nell’eterna attesa dell’attuazione della riforma Moratti del 2005 (mai avvenuta), che ha tenuto in vita le vecchie regole fino al 31 dicembre 2010. L’unica alternativa, già evocata ieri dall’opposizione, è una nuova proroga nel decreto di fine anno, ma nemmeno questa ennesima resurrezione risolverebbe il problema.
Negli ultimi due anni, infatti, sono 57 gli atenei statali che hanno bandito concorsi, ma solo in 9 hanno rispettato le «quote» che imponevano di riservare sei caselle su dieci ai ricercatori. Risultato: almeno 2.000 aspiranti associati e ordinari hanno vinto un concorso, ma non possono prendere servizio. In molti atenei si è fatto strada l’escamotage di chiamare il vincitore del concorso, ma di posticipare la sua presa in servizio: tutto lavoro per avvocati e giudici. In un quadro come questo, prorogare di nuovo le vecchie regole e in contemporanea avviare il piano straordinario per le promozioni di ordinari e associati è un’impresa impossibile anche per i più fantasiosi.
Stipendi e merito
Nella riforma è scritta anche la norma che introduce gli scatti triennali solo per chi se li merita (i criteri di giudizio sono però affidati a un decreto attuativo); senza riforma, la busta paga torna nel freezer per tutti, con il meccanismo lineare che penalizza soprattutto i più giovani. In termini di mancati aumenti, un ricercatore a inizio carriera paga nel triennio fino al 32,7% dello stipendio annuale, un neo-ordinario rinuncia al 18,9% mentre a un ordinario a fine carriera è chiesto meno del 7 per cento. La «meritocrazia», del resto, rimane la grande assente anche quando è scritta in Gazzetta ufficiale: le sanzioni per i docenti che non pubblicano nulla (esclusione dalle commissioni e dimezzamento dello scatto) sono scritte nel decreto del 2008, ma l’anagrafe dei docenti che avrebbe dovuto individuare i «fannulloni» non è mai stata costruita; come rimane nella nebbia il destino degli oltre 50 milioni stanziati per la programmazione triennale, che a fine anno decadono.