Maximilian Cellino, Il Sole 24 Ore 3/12/2010, 3 dicembre 2010
UN «BLITZ» HA FATTO CALARE GLI SPREAD - A
prima vista la giornata dei mercati di ieri può sembrare la prosecuzione della vigilia: forti rialzi per le Borse, euro e titoli di stato «periferici» in deciso recupero. Questo però è solo l’esito finale di una seduta segnata da elevata volatilità e giocata tutta sulle attese della riunione della Banca centrale europea. Il comportamento dei mercati durante la conferenza stampa pomeridiana del presidente Jean-Claude Trichet è forse lo specchio più fedele del nervosismo che circolava fra gli operatori: tonici fino a quel momento, listini azionari ed euro hanno cominciato a scendere in picchiata (la valuta comune è passata in meno di mezzora da 1,3170 a 1,3060 dollari), mentre i differenziali di rendimento dei bond europei rispetto al Bund tedesco tornavano a impennarsi.
In quella reazione immediata era palpabile tutta la delusione per una Bce che aveva sì fatto tutto il possibile (tenendo presente la forte opposizione di paesi come la Germania) per evitare che da Grecia e Irlanda l’incendio si propagasse al resto del Continente: aveva promesso cioè nuovi acquisti di obbligazioni sul mercato secondario e confermato le condizioni di accesso agevolate per le banche alle aste di rifinanziamento, compiendo un’inversione netta rispetto ai programmi di qualche settimana fa. Ma aveva anche evitato di indicare l’ammontare preciso dei riacquisti sul mercato secondario, come speravano gli investitori sulla base dei rumor che si erano diffusi alla vigilia.
La situazione si è però nuovamente ribaltata quando ancora Trichet stava parlando ai giornalisti. Non tanto per particolari parole pronunciate dall’ex governatore della Banca di Francia, quanto sulle voci di massici acquisti operati da Francoforte sui titoli «periferici», in particolare di Irlanda e Portogallo. Dall’Eurotower, come di consueto, non è giunta alcuna conferma delle operazioni e solo la prossima settimana si capirà se davvero c’è stata un’accelerazione dei riacquisti (1,3 miliardi di euro la scorsa settimana). Se le indiscrezioni dovessero corrispondere a verità, si tratterebbe di un cambio nelle strategie della Bce (finora non sempre efficaci) e di una sterzata verso acquisti più mirati come oggetto e soprattutto tempistica.
Intenzionale o no, in serata l’obiettivo era raggiunto: l’euro si attestava sopra 1,32 dollari (i livelli di venerdì scorso) e gli spread «periferici» scendevano ulteriormente: 917 punti base per la Grecia, 612 per l’Irlanda, 359 per il Portogallo, 233 per la Spagna e 159 per il Btp italiano, che due giorni fa era sopra i 200 punti. Saliva per effetto della ritardata «exit strategy» anche il contratto future sull’Euribor 3 mesi, a indicare un tasso atteso sull’interbancario dell’1,12% per marzo (4 centesimi meno della vigilia).
In sensibile recupero anche le Borse, con Madrid in rialzo del 2,78%, Milano del 2,49%, Parigi del 2,12%, Londra del 2,22% e Francoforte (+1,32%) ai massimi da due anni e mezzo. Nel caso dell’azionario, una mano decisiva è arrivata anche da Wall Street che, dopo un avvio incerto, è salita anche grazie ai dati favorevoli sull’immobiliare Usa (il numero dei compromessi per le vendite di case è salito del 10,4% a ottobre secondo i dati diffusi dagli agenti immobiliari) e alle prime indicazioni dei grandi magazzini sulle vendite nel periodo prenatalizio. L’S&P 500 ha guadagnato l’1,28%, il Nasdaq l’1,17 per cento.
Tanto ottimismo per l’economia Usa (che sarà messo a dura prova oggi con i dati sulla disoccupazione) si è trasferito anche sui Treasury, deprimendo i prezzi e portando i rendimenti del decennale sulla soglia del 3% come non accadeva da fine luglio. Il differenziale nei confronti del bund (il cui rendimento è cresciuto al 2,81%) è salito di nuovo a 18 punti base: un segnale che nel medio termine potrebbe risultare favorevole al dollaro e frenare la rincorsa dell’euro.