Paolo Lambruschi, Avvenire 3/12/2010, 3 dicembre 2010
«ERITREI, TRA POCO ORE VI UCCIDEREMO TUTTI»
Un ultimatum e un drammatico appello dalle sabbie del Sinai, al confine tra Egitto e Israele fanno crescere l’angoscia per la sorte dei profughi eritrei rapiti oltre un mese fa. L’ultimatum è stato comunicato don Zerai ha incontrato Margherita Boniver e Furio Colombo, membri della commissione esteri della Camera di maggioranza e opposizione, e ha contattato il sottosegretario Stefania Craxi. La speranza è che non sia troppo tardi. Ma c’è ancora un filo ieri in serata a don Mosè Zerai da uno dei 74 ostaggi, parte di un gruppo di circa 200 persone nel quale vi sono almeno tre donne in stato di gravidanza, imprigionati da sequestratori beduini che chiedono 8 mila dollari a testa per liberarli. «I rapitori – afferma sconvolto il sacerdote eritreo della diocesi dell’Asmara che vive a Roma e che ha denunciato il sequestro dei profughi il 24 novembre – hanno minacciato di ucciderli tutti se in tre ore non avessero pagato il riscatto ». Un altro particolare bestiale reso noto durante il drammatico colloquio telefonico fa temere che la spietata banda di mercanti di schiavi sia intenzionata a completare la mattanza iniziata lunedì con l’uccisione di sei ostaggi in 48 ore.
«I banditi – prosegue il sacerdote – hanno prelevato quattro persone che non hanno raccolto la somma richiesta dicendo che li portavano in un ambulatorio per togliere loro un rene da rivendere per un trapianto. Così si sarebbero pagati la libertà». Questo conferma per don Mosè la presenza di una rete criminale ramificata. Nel pomeriggio lo stesso sacerdote aveva messo gli ostaggi in contatto con la Radio Vaticana per lanciare un disperato appello in diretta: «Siamo in una situazione terribile – diceva un ragazzo – e rischiamo la vita. Nove di noi sono stati picchiati selvaggiamente e ora sono feriti. Altri hanno malori per la fame o per l’acqua salata che ci danno da bere. Siamo incatenati, da tre giorni non mangiamo. Venite a salvarci!». Il gruppo è fuggito dalla Libia per evitare il carcere per immigrazione clandestina perché Tripoli non riconosce i rifugiati. Molti di loro sono stati respinti via mare dall’Italia, ma volevano arrivare in Europa per chiedere asilo. Hanno scelto così la nuova e pericolosa rotta attraverso l’Egitto verso Israele, sempre più battuta dopo gli accordi tra Italia e Libia e la politica dei respingimenti nel Mediterraneo. Così il Sinai è diventato un centro per la tratta di esseri umani. Due fatti confermano che la vicenda di queste ore è un salto di qualità. Lo scorso agosto l’agenzia France Presse aveva dato notizia dell’omicidio di sei eritrei al confine tra Egitto e Israele in una lite con i trafficanti. E a giugno le agenzie, in poche righe ora attuali, raccontavano dell’uccisione nella stessa area di 10 africani, tra i quali 6 eritrei.
«Il traffico sta diventando sempre più spietato – ha commentato ieri in un’intervista Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur – non solo ci sono bande di criminali che si arricchiscono con i viaggi, ma ormai c’è un’organizzazione strutturata».
Nel frattempo qualcosa si è mosso nel nostro Parlamento e nel Governo. E anche a livello diplomatico sarebbe stati decisi interventi anche grazie all’azione della Farnesina. Dopo l’appello delle senatrici Baio e Garavaglia per gli eritrei, mercoledì il sottosegretario Alfredo Mantica aveva garantito su queste colonne che avrebbe interessato della vicenda i ministri Maroni e Frattini per far pressioni sul governo egiziano. Ieri di speranza.