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 2010  dicembre 03 Venerdì calendario

COME E QUANTE VOLTE NEGLI USA È CAMBIATA LA COSTITUZIONE

In una sua risposta sulle elezioni negli Usa, lei ha scritto «Gli americani sono pronti a sperimentare tutto ciò che è nuovo ma in materia di Costituzione sono conservatori». A mio avviso non è del tutto esatto se si considera che la Costituzione Usa è stata oggetto finora di almeno 27 emendamenti. Credo sarebbe stato più corretto dire che gli americani non sperimentano le cose che, a ragione o torto, ritengono funzionino, alcune parti della Costituzione inclusa.
Enzo Repola
Rye, NY (Usa)
Caro Repola, lei ha ragione. Gli Stati Uniti hanno dimostrato che la loro Costituzione può essere modificata e adattata ai tempi. Per rispondere alla sua lettera ho rinfrescato la memoria e ho sotto gli occhi i 27 emendamenti, da quello del 1791 sulla libertà di parola e credo religioso a quello del 1992 sulla competenza delle Camere nella determinazione degli emolumenti dei suoi membri. Ma è opportuno fare qualche distinzione. Non tutti gli emendamenti hanno la stessa importanza e alcuni di essi concernono materie che in molti Paesi europei sarebbero state regolate con una legge ordinaria. Potremmo suddividerli in tre categorie.
La prima categoria comprende il «Bill of rights» (la carta dei diritti), vale a dire dieci emendamenti, adottati agli albori della Repubblica, che garantiscono costituzionalmente alcuni diritti fondamentali del cittadino americano, fra cui quello di parola e di credo religioso, di portare le armi, di essere processato di fronte a una giuria per i reati di maggiore importanza, di essere sottoposto a giudizio rapidamente e imparzialmente, di non essere soggetto a confische e perquisizioni, di non essere obbligato ad ospitare nella sua casa i soldati di un corpo militare presente nella sua zona di residenza. Verrà più tardi il riconoscimento di altri diritti non meno fondamentali: l’abolizione della schiavitù (1865), l’estensione del suffragio femminile a tutti gli Stati (1920), il voto a 18 anni in tutta la federazione (1971).
Una seconda categoria comprende aggiustamenti e ritocchi che furono adottati per meglio definire la distribuzione dei poteri fra la Federazione e gli Stati, soprattutto in materia giudiziaria e fiscale: importanti, ma non tali da modificare il carattere originale degli Stati Uniti. Vi è infine una terza categoria che comprende emendamenti istituzionali, vale a dire norme che incidono sull’intero sistema statuale. Penso al 17° sulla composizione del Senato, al 20° sulla durata della legislatura, al 22° con cui fu proibito il secondo rinnovo del mandato presidenziale, al 25° sul trasferimento delle responsabilità presidenziali in caso d’impedimento del capo dello Stato. E vi è infine, al di fuori di qualsiasi categoria, il tentativo velleitario e fallito d’imporre su scala federale la proibizione delle bevande alcoliche.
Eppure, se lei ha ragione, caro Repola, io non credo di avere torto. Il calendario elettorale americano e le principali caratteristiche del sistema politico sono rimasti, in due secoli e mezzo, sostanzialmente gli stessi. In questo periodo non vi è grande Paese europeo che non abbia cambiato, talora più volte, il suo sistema statuale. Non penso soltanto alla Francia, alla Spagna, alla Germania e all’Italia. Penso anche alla Gran Bretagna, un Paese che, pur non avendo una costituzione scritta, è diventato con grande fantasia e originalità, negli ultimi vent’anni, una sorta di State federale. In questo campo gli americani sono più conservatori di noi.
Sergio Romano