MARCO BELPOLITI, La Stampa 3/12/2010, pagina 1, 3 dicembre 2010
I libertini di Tondelli siamo noi - Come poteva il lettore misurare il cambio di stagione tra il giugno del 1969 e il gennaio del 1980? Bastava uscire dal bar della stazione ferroviaria dove ha inizio Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, tra spie e vecchie mondane ed entrare in un altro bar di un’altra stazione a Reggio Emilia
I libertini di Tondelli siamo noi - Come poteva il lettore misurare il cambio di stagione tra il giugno del 1969 e il gennaio del 1980? Bastava uscire dal bar della stazione ferroviaria dove ha inizio Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, tra spie e vecchie mondane ed entrare in un altro bar di un’altra stazione a Reggio Emilia. Con Postoristoro si apre Altri libertini, libro di esordio di Pier Vittorio Tondelli, nel gennaio del 1980. Gli anni di piombo sono al loro culmine; a Bologna esplode la bomba neofascista nella stazione, ma il declino del terrorismo è già cominciato. Sta per iniziare il «riflusso» o, come si diceva allora, il «trionfo del privato». Il bar della stazione di Reggio Emilia, baricentro geografico dell’intero libro di racconti di Pier Vittorio, è il ricettacolo di eroinomani, piccoli delinquenti, spacciatori, checche e travestiti, giovani abbandonati da tutti e da tutto. Come ha scritto Fulvio Panzeri, suo editore postumo, il romanzo del venticinquenne ragazzo correggese pone al centro della narrazione «un immediato che non sembra avere né passato né futuro». Tutto il contrario del super-raffinato romanzo di romanzi di Calvino che tenta, con un gioco abilissimo, di recuperare lo spazio perduto nell’ultimo decennio, quello che va dal 1968 al 1978, in cui il vecchio mondo è di colpo collassato davanti ai suoi occhi. Tondelli racconta in sei episodi - un romanzo di racconti - le storie della sua gioventù e dei suoi coetanei. L’iniziazione alla vita, al sesso, ai sentimenti, alla droga e al viaggio di quella generazione che è stata la protagonista del movimento del Settantasette. Con un colpo di coda Massimo D’Alema, segretario dei giovani comunisti, prima di essere spedito a Bari dal partito per punizione, ne scrive sull’Espresso il 10 febbraio 1980: Altri libertini è un libro politico «perché l’esperienza giovanile che racconta svela una mancanza di politica, o se si preferisce, di crisi della politica». Il successo è immediato: 4.000 copie della prima edizione vanno subito esaurite, segue una tiratura di 3.000 sparita dalle librerie, mentre la terza di 10.000, pronta in tipografia, è bloccata dal sequestro stabilito dal procuratore generale dell’Aquila, Donato Massimo Bartolomei, che lo accusa di oscenità e turpiloquio per le bestemmie e le oscenità che contiene. Anni dopo, poco prima della morte per Aids, Tondelli emenderà quella prima edizione, togliendo quelle parole, così che oggi la versione che il lettore trova in commercio, ristampata da Feltrinelli, è purificata. Nel 1981 al processo Pier Vittorio è assolto con formula piena, e il libro ritorna in circolazione. Sono trascorsi trent’anni e molta acqua è passata sotto i ponti della letteratura e della società italiana. Sono comparsi i nuovi narratori giovani, fratellini di Tondelli, è finito l’impegno politico dello scrittore, è venuta l’epoca del bestseller e del megaseller, la televisione berlusconiana ha modificato i consumi culturali; e poi personal, cellulare, Internet, Facebook, hanno cambiato tutto tra i giovani (anche se i giovanotti del movimento Onda2 scendono in piazza inalberando sui loro scudi i nomi dei classici della letteratura). Il mondo è mutato, non una ma almeno due o tre volte. L’Italia non è più la stessa. Gli Anni Ottanta, il lungo decennio, sono finiti da un pezzo, eppure Altri libertini sembra ancora parlare una lingua che si comprende benissimo. Non è invecchiato, non ha perso di freschezza, dote che parve allora decisiva, e al tempo stesso è diventato un documento. I ragazzi di oggi lo comprendono benissimo perché al centro della sua narrazione c’è l’educazione sentimentale di un ragazzo: le passioni, i timori, le scoperte, le bizzarrie di un’educazione amorosa che è scoperta di se stessi e del mondo. Del resto, il grande modello letterario che lo sorreggeva, oltre ad Arbasino, Celati, Scabia, è il romanzo epistolare del Settecento, su cui Tondelli si era laureato al Dams di Bologna. Rileggerlo ora significa misurare la distanza anche con uno dei maestri del decennio precedente, Pier Paolo Pasolini, che solo cinque anni prima aveva scioccato e abbacinato l’Italia con i suoi Scritti corsari. L’iniziazione omosessuale raccontata in Viaggio, terzo racconto del volume, è lontana anni luce dalla passione erotica per i giovani ragazzi di PPP. Con questo, che è il racconto più gioioso e insieme malinconico di Altri libertini, si può osservare dall’interno la trasformazione avvenuta alla fine degli anni Settanta, mentre le Br uccidevano Moro, i partiti si liquefacevano e i comunisti non riuscivano a conquistare il potere con le elezioni democratiche. Il patetico sembra il sentimento dominante di Tondelli, stigma di un’intera epoca in cui lo sguardo dei singoli si rivolge verso il proprio Self: estenuazione dei sentimenti, deriva narcisistica, passione come patimento, impossibilità di raggiungere la perfezione di sé. Altri libertini non ha perso il suo smalto. A tratti sono pagine piroettanti, a tratti esplosive, a tratti il racconto implode su se stesso. Diverte, commuove, fa riflettere sul nostro «come eravamo». Lì ci sono le radici non solo degli anni Ottanta, decennio del mutamento, regressivo e progressivo insieme, ma anche degli anni Novanta, in cui il «riflusso» diventa localismo, il ritorno al privato si esprime negli egoismi di gruppo e la crisi della politica diventa pasto cannibalico di se stessa. C’è già Drive in nelle storie sballate delle Splash di Mitri e istrioni, secondo racconto post-Macondo e post-Lotta continua del libro. Reperti del passato, se vogliamo, ma Tondelli è riuscito a dare loro una forma che resta fissata nel tempo, e resiste. Scritti nel giro di poco tempo, dopo che la Feltrinelli gli ha respinto un voluminoso romanzo sperimentale ancora inedito, in cui erano in parte incastonati, questi sei racconti segnano anche l’avvento della letteratura industriale di cui il giovane di Correggio è stato l’inconsapevole ostetrico. Trent’anni passati in un lampo, ed è subito ieri.