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 2010  dicembre 02 Giovedì calendario

Fiji, la guerra è finita Salva l’acqua dei Vip - Pericolo scampato per i Vip americani (da Paris Hilton a Barack Obama): la loro acqua minerale preferita, la snobbissima «Fiji Water», continuerà ad arrivare nelle loro case e sui tavoli dei ristoranti, nonostante la bufera diplomatica in stile Wikileaks che ha minacciato di chiudere i rubinetti

Fiji, la guerra è finita Salva l’acqua dei Vip - Pericolo scampato per i Vip americani (da Paris Hilton a Barack Obama): la loro acqua minerale preferita, la snobbissima «Fiji Water», continuerà ad arrivare nelle loro case e sui tavoli dei ristoranti, nonostante la bufera diplomatica in stile Wikileaks che ha minacciato di chiudere i rubinetti. La tempesta in un bicchier d’acqua è durata un paio di settimane e si è conclusa con un compromesso che forse sarebbe meglio definire un pastrocchio, perché non si capisce bene chi abbia vinto e chi perso, ma una cosa è certa, la crisi è superata. Nonostante il prezzo alto la Fiji Water è l’acqua d’importazione più venduta negli Stati Uniti, dove ha soppiantato la francese Evian. Viene estratta in un’isola delle Fiji, arcipelago in mezzo all’Oceano Pacifico da poco strapazzato dall’Italia del rugby, e i produttori sostengono che sia la più pura del mondo. Sgorga da una falda a 40 metri di profondità nell’isola di Viti Levu; i produttori sostengono che depuri l’organismo come nessun’altra. Non è questa la sede per stabilire se sia vero o no, ma c’è un ampio pubblico che se la beve (in tutti i sensi) e questo ha fatto della Fiji Water l’acqua più costosa in vendita negli Stati Uniti, a prezzi confrontabili con le bottiglie di buon vino. Per le isole Fiji, che vivono di turismo e poco altro, questa corrente di export è stata una benedizione, perché di Fiji Water vengono estratti 3,5 milioni di litri ogni mese, quasi tutti esportati, e questo porta in cassa alle Fiji il 20% delle esportazioni e il 3% del prodotto interno lordo. Insomma, una gallina dalle uova d’oro. E che cosa si fa con le galline dalle uova d’oro? Proverbialmente, le si uccide, o almeno ci si prova. Detto e fatto, il governo del dittatore Frank Bainimarama ha pensato bene di moltiplicare da un giorno all’altro per 45 volte la tassa di produzione. Apriti cielo. La ditta imbottigliatrice ed esportatrice (americana) ha minacciato di chiudere tutto, per l’aumento dei costi bollato come «insostenibile». Da Los Angeles il presidente della compagnia, John Cochran, ha detto che i 400 lavoratori impegnati nelle operazioni alle Fiji si sarebbero presto trovati a spasso. In una spirale di azioni e ripicche il dittatore Bainimarama ha espulso dalle Fiji il direttore locale della compagnia, lo statunitense David Roth, accusandolo di non meglio precisate «interferenze con gli affari interni del Paese». Poi gli americani sono passati dalle parola ai fatti e hanno davvero chiuso gli impianti per 48 ore. A questo punto non si poteva andare oltre, da una parte e dall’altra, senza rompere tutto. Così l’altra sera gli avvocati della compagnia si sono incontrati con il dittatore Bainimarama e con il procuratore generale Aiyaz Sayed-Khaiyum e alla fine è stato comunicato che l’accordo, come d’obbligo, era stato raggiunto. Su quali basi? Per quanto la mossa più forte sia stata compiuta dagli americani, sembra che alla fine abbiano calato le brache, perché hanno accettato di pagare l’imposizione fiscale maggiorata (non è chiaro se abbiano ottenuto uno sconto); ammesso che si possa definire una resa questo aumento di tasse, anche qualora fosse integrale, da 0,33 centesimi di dollaro figiano iniziali per bottiglia a 15 centesimi, pari ad appena 5,6 centesimi di euro: veramente questa tassa si può definire «insostenibile»? Il dittatore Frank Bainimarama governa le isole Fiji dal 2006 e a questo punto il suo potere sarà consolidato. Gli ambientalisti criticano soprattutto un altro aspetto, cioè che la Fiji Water sarà anche pura all’origine ma viene venduta in bottiglie di plastica prodotte in Cina, e poi per esportarla viene prodotta un’ulteriore massa di anidride carbonica.