Dario Di Vico, Corriere della Sera 02/12/2010, 2 dicembre 2010
CHIELLINI, ESEMPIO VIRTUOSO —
Alla fine, se non verrà trovato un accordo in extremis, tutti i 600 giocatori della Lega di serie A sciopereranno l’11 e il 12 dicembre, facendo rinviare le partite della sedicesima giornata. Ma al di là dell’ostentata sicurezza di Sergio Campana, leader storico dell’Aic, il sindacato non è compatto. Giorgio Chiellini, uno dei leader della Juventus e pilastro della nazionale, si adegua ma non condivide: «Come appassionato di sport e come calciatore, mi auguro che si trovino altri strumenti per proseguire il confronto». Giorgione dalla Polonia, dove ieri sera ha giocato in Europa League, ricorda di aver sempre sostenuto l’Aic, ma trova esagerato bloccare il campionato. «Penalizzeremmo i tifosi che sono la base di questo sport». Con lui Gigi Buffon, altro simbolo del nostro calcio e, non per caso, anche lui della Juventus, società in prima linea nel voler riformare l’accordo collettivo: «Lo sciopero è un estremismo da usare in casi eccezionali. Esistono altre forme di protesta, altrettanto efficaci e significative». Buffon fa parte dell’Anc (Associazione nazionale calciatori), il nuovo sindacato che conta 60 iscritti (solo 30 di serie A), tutti sulla linea del portiere bianconero: «Scioperiamo perché in questo momento c’è bisogno di unità».
Ma la Lega, in questi giorni, intensificherà gli sforzi per mandare all’aria la protesta. Domani mattina alle 11, nella sede milanese di via Rosellini, il presidente Maurizio Beretta dirigerà un’assemblea informale per stabilire la strategia. Di sicuro le società non faranno giocare i ragazzi della primavera al posto dei titolari. Ma qualcosa i club stanno studiando. Anche perché il calendario rischia di andare in tilt visto che di mezzo ci sono gli ottavi di coppa Italia. La serie A potrebbe scegliere lo scontro precettando i giocatori (ma è improbabile) o recuperando la giornata dello sciopero il 22 dicembre anziché il 19 gennaio, rovinando le ferie dei giocatori.
Ma si lavora per riaprire le trattative. Perché nessuno vuole lo sciopero. Neppure Campana: «Noi speriamo che la controversia venga risolta. I tempi per tornare indietro ci sono». Giancarlo Abete, presidente della Federazione, non si arrende nonostante gli schiaffi rimediati in questi giorni: «Speriamo ancora di arrivare ad una soluzione». Ieri, nell’aula Giunta del Coni, al Foro italico, le rappresentative dell’Aic (Campana, il segretario Grazioli e il vicepresidente Grosso) e della Lega (il presidente Beretta, Lotito e l’avvocato Briamonte) sono state ricevute dall’Alta corte di giustizia del Coni che, per il momento, non si è espressa. Lo farà oggi, quasi certamente. Il sindacato non è commissariabile, la Lega si. Ma è probabile che, proprio attraverso il Coni, si arrivi alla soluzione di mediazione. Ora tutto ruota intorno al famoso settimo punto, quello relativo ai fuori rosa. «Accettarlo significherebbe spalancare le porte ai trasferimenti coatti», spiega l’avvocato Leo Grosso. Cioè il punto 8, vietato dalle norme Fifa e, più in generale, da quelle giuridiche. «Perché se un giocatore viene costretto ad allenarsi da solo può decidere di dire si ad un trasferimento che, in condizioni normali, rifiuterebbe», chiude Grosso. Il Coni potrebbe fornire ai duellanti la via d’uscita. Un compromesso che darebbe a entrambe le parti la possibilità di soddisfare i propri interessi. Come? Nel nuovo contratto non verrebbe più scritto che è vietato fare allenare i giocatori da soli o in gruppi ristretti, lasciando ai club libertà d’azione. Allo stesso tempo l’Aic otterrebbe una protezione anti mobbing dalla Federcalcio attraverso le Noif, cioè le norme che regolano il funzionamento del nostro calcio. Una sorta di barriera contro gli eventuali giochetti di Lotito e degli altri presidenti.
È una possibilità. La sola, al momento, per scongiurare lo sciopero che fa infuriare i tifosi di tutta Italia. Ma il tempo stringe. Perché sui famosi sei punti c’è la volontà di trattare, ma non l’accordo. E perché per introdurre una nuova norma serve l’approvazione del Consiglio federale e la benedizione del Coni.
Dario Di Vico