1 dicembre 2010
Tags : Julian Assange
FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "ASSANGE
JULIAN"
Assange non ha una dimora fissa. In marzo ha trascorso alcune settimane a Reykjavik, in Islanda, dove aveva organizzato il lancio del video dell’elicottero, titolato «Collateral Murder» (assassinio collaterale). In aprile era stato negli Usa, dove aveva rilasciato alcune interviste. La scorsa settimana, atteso a New York al Personal Democracy Forum, si è collegato via Skype dall’Australia, dicendo che i suoi avvocati gli avevano raccomandato di non tornare in America. Venerdì mattina doveva parlare a una conferenza di giornalisti investigativi a Las Vegas, ma ha cancellato l’impegno, invocando «problemi di sicurezza». ([213318], 14/6/2010)
«Noi facciamo i nostri controlli prima di pubblicare un documento», ha spiegato al Sole 24 Ore Julian Assange, fondatore di Wikileaks, l’organizzazione non profit che da tre anni consente a chi lo voglia di rendere pubblici online i documenti riservati e di mantenere l’anonimato.«Noi possiamo cercare di capire se i documenti sono autentici ».
Ma per verificare il merito delle informazioni, i volontari di Assange non bastano. Sicché, quando una "gola profonda" ha fatto arrivare a Wikileaks i 92mila documenti sulle morti secretate di civili nel corso di azioni militari in Afghanistan, sull’ambiguità del Pakistan, sulle enormi difficoltà della guerra, Assange ha deciso di condividerli con New York Times, Der Spiegel e Guardian.
Luca De Biase, Il Sole-24 Ore 27/7/2010;
«Per censurarci, dovrebbero smantellare l’intera Internet» (Julian Assange, 39 anni, fondatore di Wikileaks, il portale Internet creato per pubblicare documenti riservati) (Anna Masera la stampa.it 13/6/2010)
Julian Assange, nato nel 1971 a Townsville (Queensland, Australia), «si è abituato presto a una vita senza una casa fissa. I suoi genitori lavoravano in una compagnia teatrale, così da ragazzino cambiò quasi 40 scuole e finì per frequentare l’università in sei atenei diversi. Quando aveva una ventina d’anni, Assange si appassionò all’informatica diventando uno degli hacker del gruppo “International Subversives”. Le attività online oltre i margini della legalità gli costarono alcune multe salate, diversi giorni di prigione e 24 diversi capi d’accusa. Sostenitore dell’open source (i programmi realizzati con codice aperto, accessibile a tutti), Assange ha anche collaborato alla realizzazione di diverse soluzioni per il sistema operativo Linux. A partire dal 2006 i suoi interessi si sono poi spostati verso i documenti riservati, cosa che gli ha consentito di entrare a far parte del direttivo di nove persone che amministrano Wikileaks» (Il Post, 12/6/2010).
Nato in Australia, Assange è ossessionato dall’antiamericanismo: “La Cina è forse più totalitaria. Ma gli Stati Uniti hanno interferito militarmente in altri paesi. Hanno un budget di intelligence militare più grande di quello di tutto il resto del mondo, 700 basi all’estero, nel contesto di due guerre molto controverse. Tutto questo produce dissenso interno. Ci sono brave persone nell’esercito e nell’intelligence, alle quali non piace come vanno le cose. Il settore è troppo grande per essere controllato, e loro ci danno materiale politicamente importante”. (Julian Assange al Foglio, 23/06/2010).
“L’uomo più pericoloso d’Islanda”, titola The Economist pubblicando la foto-segnaletica del biondo e sorridente Assange. (Anna Masera la stampa.it 13/6/2010)
Il video di Baghdad ha trasformato Wikileaks in una “multinazionale” dell’informazione, spiega Assange. Dalla pubblicazione in aprile, “le donazioni hanno avuto una crescita fenomenale: donatori privati. Non ci sono finanziamenti istituzionali per preservare la nostra indipendenza e libertà”.
“Siamo stati attaccati massicciamente da computer cinesi quando abbiamo pubblicato foto dei massacri in Tibet”. (Julian Assange al Foglio, 23/06/2010).
Se qualcosa dovesse succedere a Wikileaks o al suo fondatore, il link finora criptato verrebbe "scardinato" da una password che il sito invierebbe a tutti quelli che lo hanno già scaricato.
ANGELO AQUARO, la Repubblica 2/8/2010
L’UOMO CHE HA IL FILE SEGRETO DI WIKILEAKS - Ha bruciato 276 agenti britannici dell’MI6, circa 400 funzionari della Psia (i servizi segreti giapponesi) e 2.619 informatori della Cia: è il più pericoloso "piromane" nel mondo dell’intelligence. Classe 1935, professione architetto, si chiama John Young. È il più temuto gatekeeper della storia: a lui è stata affidata la password capace di scoperchiare il vaso di Pandora etichettato "Insurance. aes256", è il moderno Cerbero al cui collo è appesa la chiave di una porta che il governo americano non vorrebbe mai venisse clamorosamente spalancata. Quel file crittografato - piazzato come una ciliegina sulla già indigesta torta che il sito Wikileaks ha propinato al pubblico di Internet - è il jolly giocato a sorpresa da chi ha messo in piazza dolorosi segreti della guerra in Afghanistan e adesso teme ragionevolmente per il proprio futuro.
Il nome del file collocato online da qualche giorno è eloquente: quella cornucopia di informazioni riservate è la polizza assicurativa a copertura dell’incolumità di Julian Assange e degli altri collaboratori. Se mai dovesse capitare qualcosa a uno dei membri dello staff di Wikileaks, l’architetto Young è incaricato di accendere la miccia destinata a distruggere lo spy-system planetario.
Umberto Rapetto, Il Sole-24 Ore 5/8/2010;
WikiLeaks è un’entità sfuggente, lo racconta lo stesso Assange: è una libreria in Australia, una fondazione in Francia, una testata giornalistica in Svezia. I soldi arrivano dalla Germania attraverso la fondazione dedicata a Wau Holland, un hacker attivo negli anni Ottanta. Una scelta secondo il giornalista dai capelli bianchi per tutelare l’indipendenza fondamentale per il lavoro della sua task force. Ma secondo alcuni commentatori per capire davvero una notizia o un documento è fondamentale sapere da dove vengono e perché sono stati pubblicati. Ne esce una figura di Julian Assange molto simile a quella descritta da Stieg Larsson, la hacker svedese amante della giustizia, ma non della trasparenza, Lisbeth Salander.
Federico Cella, Corriere della Sera 25/08/2010
Il fondatore è un australiano di 39 anni che si chiama Julian Assange. Ha presentato il suo mega-scoop a Londra con una conferenza stampa in cui ha detto che da quelle carte «potrebbero» emergere crimini di guerra. Siccome gli americani lo cercano, cambia casa di continuo. Una ventina di anni fa faceva l’hacker per gli International Subversives, beccò parecchie multe salate e si fece anche un po’ di galera. Quattro anni fa è entrato nel direttivo di WikiLeaks. È un antiamericano convinto: «La Cina è forse più totalitaria. Ma gli Stati Uniti hanno interferito militarmente in altri paesi. Hanno un budget di intelligence militare più grande di quello di tutto il resto del mondo, 700 basi all’estero, nel contesto di due guerre molto controverse».
La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1251 27 luglio 2010
[Classifica di Forbes sugli uomini più potenti del mondo] Tra gli altri nomi illustri, il presidente francese, Nicolas Sarkozy è al 19° posto, preceduto da quello indiano, Manmohan Singh (18°). Il segretario di Stato americano Hillary Clinton è al 20°. C’è posto anche per il terrorista più ricercato del mondo: Osama bin Laden, al 57° posto. La classifica con il fondatore del sito WikiLeaks, Julian Assange, 68°.
R. Bon., Il Sole 24 Ore 5/11/2010
«Per censurarci, dovrebbero smantellare l’intera Internet» (Julian Assange, 39 anni, fondatore di Wikileaks, il portale Internet creato per pubblicare documenti riservati) (Anna Masera la stampa.it 13/6/2010)
Si chiama Net-Centric Diplomacy e l’hanno creata dopo l’11 settembre per favorire lo scambio di informazioni tra le diverse agenzie federali statunitensi. Un network via Internet dove confluiscono informazioni di natura militare e diplomatica. Una rete alla quale possono accedere solo persone dotate di uno speciale permesso. Il soldato Bradley Manning aveva la parola chiave per aprire il Sesamo dei segreti. E una volta dentro si è impossessato di milioni di files, da quelli sulla guerra in Afghanistan ai cablo delle ambasciate. Materiale poi girato a Wikileaks di Julian Assange che lo ha messo a disposizione di tutti.
Guido Olimpio, Corriere della Sera 27/11/2010
Andrea Malaguti
L’ ultima volta che è apparso in pubblico è stato all’inizio di novembre, dieci giorni prima che il procuratore svedese Marianne Ny ne chiedesse l’arresto per stupro, molestie sessuali e coercizione ai danni di due donne conosciute a Enkoping durante una conferenza stampa. Il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, era pallido, magro, preoccupato. Si sentiva braccato. Raccontava che dietro le accuse c’era il tentativo di qualcuno di fargliela pagare per la pubblicazione di cinquecentomila «file» militari segreti sulle operazioni degli americani e dei loro alleati in Iraq e in Afghanistan. Qualcuno, certo. Ma chi? L’Fbi? I servizi segreti inglesi? Quelli australiani? La sua cattiva coscienza?
Indossava un giubbotto di pelle marrone, una maglietta a maniche corte sbottonata sul petto, degli strani pantaloni a pois neri e aveva i capelli così biondi da sembrare bianchi, organizzati in uno studiato disordine. «Sto pensando di chiedere asilo qui in Svizzera», aveva detto a una giornalista della tv Tsr. Le aveva spiegato perché fosse convinto che il mondo era in pericolo. E in qualche modo anche la sua vita. Sembrava che non dormisse da settimane. Poi è scomparso, come sempre. «Non sto mai più di sei settimane nello stesso posto».
Adesso, alla vigilia della pubblicazione di un altro fiume di documenti, tutti si domandano dove sia finito, e soprattutto dove ricomparirà. Le informative delle polizie internazionali dicono che in questo momento Julian Assange, 39 anni, primula rossa del terzo millennio, crociato della libertà secondo i suoi sempre più numerosi seguaci, uomo enigmatico, pronto a mettere in piazza i segreti dell’intero globo terracqueo ma gelosissimo dei suoi, si trova a Dubai. Nascosto, protetto, teso. Ma è a Londra che lo aspettano per il prossimo annunciato show. Questione di ore.
Il governo inglese lo teme al punto che ha chiesto agli editori dei giornali britannici, e in particolare del Guardian (che sta elaborando i tre milioni di documenti gestiti da WikiLeaks), di informare l’esecutivo «se intendono pubblicare “file” diplomatici dal contenuto sensibile». Aggiungendo che con questo «Defence Advisory», Downing Street non vuole dire che saranno avviati procedimenti penali per impedirne la pubblicazione. La libertà di informazione è sacra. «Ma la stampa dovrebbe preoccuparsi per la sicurezza delle operazioni militari britanniche».
Cameron ha le mani legate e in un curioso ribaltamento dei ruoli chiede nervosamente, «per piacere», di essere tenuto al corrente su questo imbarazzante diluvio di informazioni. Hillary Clinton ha anticipato al primo ministro di Sua Maestà che nei rapporti delle ambasciate Usa ci sono commenti non proprio lusinghieri sull’ossessione di Brown di dimostrare a Obama tutta la sua importanza. E anche giudizi freddisullacoalizione conservatori-liberaldemocratici.
Alla fine di ottobre, prima di una conferenza stampa alla City University di Londra, Assange, accompagnato da un gigantesco bodyguard chiamato Christian, un lottatore mostruoso rubato a un romanzo di Stieg Larsson, aveva spiegato di non sapere più dove rifugiarsi. Aveva raccontato che la sede del sito è in un bunker sottoterra - naturalmente non aveva detto dove -, ma che il posto non andava più bene. «Ci ascoltano». Microspie piazzate nei muri. «Continuano a trapanare le pareti. Con la tecnica utilizzata dall’ambasciata australiana per spiare i cinesi. Ci serve un luogo isolato». Era nervoso. Arrabbiato con il governo svedese che gli aveva negato la cittadinanza e con i giudici australiani. Salito sul palco, si era rifiutato di rispondere a una serie di domande legate al modo in cui WikiLeaks decide che cosa pubblicare e che cosa no. «C’è un comitato etico», si era limitato a dire prima di lasciare in fretta la sala. Una donna era svenuta. Al risveglio aveva detto: «Mai visto un uomo così affascinante». Assange e i suoi misteri erano ormai scomparsi nella notte.
(La Stampa 28/11/2010)
Julian Assange è un hacker australiano che ha fondato il sito WikiLeaks. Ha 39 anni e oltre a essere considerato dal Pentagono «un pericolo pubblico per gli Stati Uniti», è inseguito da un mandato d’arresto svedese. L’accusa è di avere violentato due donne. Addebito che Assange respinge parlando di complotto. Paladino delle libertà, mostro o entrambe le cose? Dopo aver chiesto inutilmente il passaporto svedese, ora l’enigmatico Assange, che potrebbe essere nascosto a Dubai e passa gran parte della sua vita in volo tra Londra, Stoccolma e Bruxelles, ha chiesto asilo in Svizzera.
ANDREA MALAGUTI, La Stampa 29/11/2010, pagina 90
Il ministro della Giustizia Eric Holder ieri ha annunciato di avere avviato un’indagine penale sull’organizzazione di Julian Assange. Per il responsabile della Giustizia Usa, infatti, sono stati commessi dei «crimini», perché la pubblicazione dei documenti «mette in serio pericolo non solo persone e diplomatici, ma anche le relazioni che abbiamo con i nostri alleati in tutto il mondo».
Anna Mazzone, Il Riformista 30/11/2010