FRANCESCO SPINI, La Stampa 1/12/2010, pagina 9, 1 dicembre 2010
“Dietro i blitz ci sono sempre le banche Usa” - Sembrava un film già visto in primavera, quando l’Unione Europea dovette intervenire per salvare la Grecia
“Dietro i blitz ci sono sempre le banche Usa” - Sembrava un film già visto in primavera, quando l’Unione Europea dovette intervenire per salvare la Grecia. Anche allora il btp - nonostante l’Italia non fosse considerata particolarmente a rischio - vide i rendimenti salire e i prezzi scendere. Colpa di quello che nell’inglese tanto amato nelle sale operative chiamano il «fly to quality», ovvero la ricerca della qualità. Via dagli infidi Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Portogallo, ai quali qualcuno aggiunge pure il nostro Paese) verso lidi più sicuri. E la qualità in Europa si chiama Germania, e dunque i suoi titoli di Stato: i bund. Che in quei giorni videro i rendimenti scendere e i prezzi salire: il segno dell’apprezzamento degli investitori. In questi giorni l’aria che si respira nelle sale operative è un’altra. Più pesante: «Non è più questione di puntare su uno Stato piuttosto che su un altro dell’Unione Europea. La sensazione è che stanno attaccando l’euro in quanto tale, vendendo i titoli denominati in valuta unica», fa notare un trader di una sala operativa. Il segnale lo dà ancora lui, il bund. Al contrario di maggio, non è effervescente. Tiene le posizioni, ma non eccelle. Dunque si vendono i periferici senza contropartite nei Paesi più sicuri. Basta notare che ieri pomeriggio il differenziale del nostro btp decennale - già ai massimi da che c’è l’euro - si è allargato di 10 punti base, vale a dire dello 0,10% rispetto al bund tedesco. Ma era in buona compagnia. Il decennale belga si era allargato più del doppio a 24 punti base, lo spagnolo di 22, e pure il rendimento dell’austriaco - e l’Austria è un Paese non periferico ma «core», principale - è cresciuto di 7 punti base rispetto al tedesco. Che cosa succede? Sotto la promessa dell’anonimato da un’importante banca spiegano: «Sono ancora loro, le grandi banche americane. Hanno ripreso a speculare, liquidando le posizione in titoli di stato denominati in euro, dunque anche i Btp. Il denaro viene in parte parcheggiato in titoli del debito americano, in parte utilizzato per comprare protezione sul fallimento di alcuni stati a rischio». Comprano i cds, sigla che sta per credit default swap: sono derivati già abbastanza noti nella loro veste di giani bifronti: sono assicurazioni finanziarie contro il fallimento di un emittente, ma possono essere usati per scommettere sul patatrac di un Paese. E siccome i cds vengono pure utilizzati come spia del grado di allarme sullo stato di salute di un Paese, si instaura un circolo vizioso tra speculazione e difesa, tra allarmi veri e falsi in cui è difficile raccapezzarsi. Che poi, gli allarmi sono la benzina che muove le sale operative. «Un analista di una grande banca poco fa scriveva che il Portogallo così com’è ha bisogno di aiuti. Ecco, segnali come questi danno il via alle vendite». Pochi fondi hedge in questa partita, tante banche. Americane per lo più «ma anche asiatiche». Si vince facile, in un mercato spesso mascherato. Alle operazioni che passano su mercati regolamentati e quindi si «vedono» sui monitor, si affiancano le molte chiuse con contratti diretti tra banche, le vere protagonoste del mercato obbligazionario. Nonostante il cataclisma il panico in sala operativa non c’è. «Erano molto peggio i giorni dopo il fallimento di Lehman Brothers. L’attacco alla lira del ‘92 fu molto peggio, con il rischio che perfino alcune aste sui titoli non andassero in porto», commenta un operatore. Sul monitor giungono gli allarmi degli analisti che ormai, contattati dall’agenzia Reuters, rompono gli indugi: «l’Italia non è più così al sicuro». Il nervosismo serpeggia più che altro pensando ai conti delle banche in cui questi uomini in camicia bianca lavorano. Se i btp si deprezzano ancora sarà un problema. «Se tutto questo caos fosse successo a gennaio sarebbe stato meglio...».