1 dicembre 2010
SCHEDONE SULLA RIFORMA UNIVERSITARIA
(aggiornato il 1/12/2010) -
Il 29 luglio il Senato ha approvato con 152 sì, 94 no e 1 astenuto il ddl Gelmini di riforma dell’università. Hanno votato a favore, insieme alla maggioranza, Pdl e Lega Nord, anche l’Api di Francesco Rutelli e l’Svp.
Il 30 novembre la riforma Gelmini incassa il primo sì alla Camera: 307 voti a favore, 252 contro e 7 astensioni. Hanno votato sì Pdl, Lega, Fli, Mpa, no Pd, Udc e Idv. I finiani hanno mandato sotto il governo per due volte: la prima su un emendamento del Fli, a firma Granata, sugli assegni di ricerca, approvato con 277 sì e 257 no, che non stravolge l’impianto della riforma; la seconda volta, con 283 voti a favore e 261 contro, su tre emendamenti di Fli, Pd e Api, mirati a sopprimere la «clausola di salvaguardia» che concedeva al ministero dell’Economia di «commissariare» l’Istruzione in caso di sforamento dei limiti di spesa.
Ecco cosa prevede la riforma Gelmini:
1) Oggi non ci sono limiti al numero di mandato dei rettori. Con la nuova legge l’incarico diventa a tempo determinato: due mandati per un massimo di otto anni o un mandato unico da sei anni non rinnovabile (se la riforma fosse entrata a regime questa anno accademico avrebbe riguardato quasi il 60% dei rettori). Il rettore sarà scelto dai professori ordinari in servizio. Oggi, invece, non è previsto alcun limite e ogni università decide come regolarsi: ci sono casi di rettori anche al quarto mandato. La norma sarà subito applicabile: i rettori che, al momento dell’entrata in vigore della riforma, saranno al secondo mandato non potranno candidarsi di nuovo. Se il rettore ha amministrato male l’ateneo, il senato accademico lo può sfiduciare con una maggioranza di 3/4 (ciò però potrà accadere non prima che siano trascorsi almeno due anni dall’inizio del suo mandato).
2) Differenziazione dei ruoli di Cda e Senato accademico. Il Senato accademico, composto solo da docenti, avrà la competenza a formulare proposte e pareri in materia di didattica e ricerca, di attivazione o disattivazione di corsi e sedi. Il Senato, inoltre, potrà esprimere parere sul bilancio di previsione annuale e triennale, nonché sul conto consuntivo dell’università. Il Consiglio di amministrazione invece avrà il compito di approvare la programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale, di vigilare sulla sostenibilità finanziaria delle attività di ricerca e di deliberare sull’attivazione e la sospensione di corsi e sedi. Questo organo sarà composto al massimo da undici membri, inclusi il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti. Di questi membri almeno tre (due nel caso di un Cda meno numeroso) devono essere esterni all’ateneo (al momento tutti i membri sono rappresentanti interni dell’università). Gli esterni che entrano nel Cda devono essere persone di «comprovata competenza in campo gestionale». Chi critica la riforma dice che in questo modo si apre alla privatizzazione delle università, chi la difende ribatte che così gli atenei si aprono all’esterno, in modo da costruire un rapporto più stretto con il mondo del lavoro. Il consiglio d’amministrazione decide quali corsi aprire e quali chiudere.
3) Arriva il direttore generale. Al posto dell’attuale direttore amministrativo ci sarà un direttore generale con responsabilità dirette (per esempio la firma del bilancio), anche se sulla base di indicazioni fornite dal Consiglio di amministrazione. Avrà un contratto di lavoro a tempo determinato non superiore a quattro anni, rinnovabile.
4) Codice etico anti-parentopoli. Tutti gli atenei, per evitare situazioni di conflitti di interesse legati a parentele o per eliminare quelle esistenti nonché per gestire le risorse in maniera trasparente, dovranno adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge un codice deontologico. Oggi non ci sono limiti per assumere professori che sono parenti di chi già lavora nella stessa università o nella stessa facoltà. Con la nuova legge chi vuole diventare professore e ricercatore non potrà avere parentele fino al quarto grado (cioè fino ai cugini). Il divieto riguarda tutti i professori per le assunzioni nello stesso dipartimento, nell’ambito dell’intera università il limite riguarda solo i parenti del rettore, del direttore generale e dei componenti del cda. E’ una proposta del governo, favorevoli maggioranza e opposizione. L’Idv ha votato contro.
5) Bilanci trasparenti. Verrà introdotta una contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra i ministeri dell’Istruzione e del Tesoro. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel bilancio. È previsto il commissariamento per gli atenei in dissesto finanziario. Se le università capiranno di non farcela, potranno fondersi tra loro per evitare duplicazioni. L’unione potrà avvenire su base federativa, tra università vicine, o anche in relazione a singoli settori di attività, per aumentare la qualità, evitare le duplicazioni e abbattere i costi. In ogni caso, gli atenei potranno avere al massimo 12 facoltà. Il progetto di fusione e di federazione deve essere approvato dal ministero dell’Istruzione e dell’Università. I fondi risparmiati possono restare nella disponibilità degli atenei solo con il parere favorevole dello stesso ministero e a patto di indicare in quale modo saranno utilizzati nel progetto sottoposto all’approvazione.
6) Anvur. L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario esaminerà periodicamente le università dal punto di vista della gestione economica e finanziaria, dei risultati, della trasparenza e della promozione del merito secondo criteri di qualità. Una valutazione negativa può compromettere l’erogazione dei fondi previsti da parte del ministero. Per quanto riguarda la valutazione degli atenei è prevista l’introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato. Lo scopo è verificare il possesso, da parte delle università, dei requisiti necessari all’attività didattica e di ricerca, nonché della sostenibilità economico-finanziaria.
7) Valutazione dei docenti. I professori saranno tenuti a firmare e timbrare le loro ore di lezione. L’obbligo è quello di fare 1.500 ore l’anno, di cui 350 dedicate alla didattica (250 nel caso di professori a tempo definito). Il provvedimento abbassa l’età in cui si entra in ruolo da 36 a 30 anni con uno stipendio che passa da 1.300 a 1.800 euro. Inoltre, i docenti che riporteranno una scarsa valutazione, da parte dell’università e dell’Anvur, potrebbero non beneficiare dello scatto di stipendio - passato da biennale a triennale - e non potranno fare parte delle commissioni di valutazione degli altri docenti e dei progetti di ricerca. Anche gli studenti valuteranno i professori e questo giudizio sarà determinante per l’attribuzione dei fondi alle università da parte del ministero. I professori andranno in pensione prima: dagli attuali 72 anni si scenderà a 70 per gli ordinari e 68 per gli associati.
8) Reclutamento dei docenti. Oggi sono direttamente le università a bandire i concorsi per i professori ordinari e associati. La commissione è composta da un professore interno e da quattro esterni scelti per sorteggio. L’università può decidere se chiamare il vincitore oppure no. Con la nuova legge, per i docenti arriva l’abilitazione nazionale di durata quadriennale assegnata sulla base delle pubblicazioni da una commissione sorteggiata tra esperti nazionali e internazionali. I concorsi, cioè, non saranno più banditi dalle singole università (pratica che ha spesso ostacolato il merito e la trasparenza). Si introduce l’abilitazione scientifica nazionale, una specie di concorso unico nel quale i candidati saranno valutati sulla base di specifici parametri di qualità. Il giudizio sarà affidato ad una commissione estratta a sorte e composta da professori di prima fascia. Chi ottiene l’abilitazione viene inserito in una lista. E da questa lista devono obbligatoriamente pescare le università che decidono di assumere nuovi professori. La lista è valida per quattro anni e viene stilata da una commissione di quattro professori sorteggiati che valutano i titoli e le pubblicazioni dei candidati. Possibilità di chiedere fino a cinque anni di aspettativa per andare a lavorare nel privato senza perdere il posto.
9) Rivoluzione per i ricercatori. Oggi i ricercatori sono professori sottopagati con un contratto a tempo indeterminato. Per legge non dovrebbero insegnare ma lo fanno con uno stipendio che può essere anche un quarto rispetto a quello di un ordinario. Spesso restano in queste condizioni a vita. Con la nuova legge i ricercatori entreranno solo con contratti a tempo determinato (4-5 anni), seguiti da contratti triennali. Alla fine di questo iter (7-8 anni), per avere un contratto a tempo indeterminato i ricercatori dovranno ottenere un’idoneità e diventare "associati". Chi non otterrà l’idoneità uscirà per sempre dal circuito universitario, ma avrà maturato titoli utili per concorsi pubblici.
10) Oggi le borse di studio sono concesse ai bisognosi, cioè a chi fa parte di una famiglia a basso reddito. Con la nuova legge viene istituito il fondo per il merito, che affiancherà le borse di studio, per premiare gli studenti più bravi a prescindere dal livello di reddito delle loro famiglie. I ragazzi saranno individuati attraverso un test standard fatto insieme all’esame di maturità. I soldi serviranno per andare a studiare nelle università migliori. La legge non quantifica la somma che riceveranno. In ogni caso l’operazione sarà finanziata da Stato, Regioni e privati che vorranno collaborare al progetto. Il fondo per il merito sarà cumulabile con le borse di studio già previste dalla legge per gli studenti meno abbienti. Diminuiscono le borse di studio per il dottorato di ricerca, primo gradino della carriera universitaria subito dopo la laurea: non c’è più l’obbligo di assegnarle almeno alla metà dei dottorandi.
11) Oggi gli stipendi di chi lavora nelle università cresce con il meccanismo degli scatti di anzianità (cancellati fino al 2013, come per buona parte dei dipendenti pubblici). Con la nuova legge lo stipendio può crescere solo con gli scatti di merito. A decidere chi premiare saranno nuclei di valutazione composti da professori interni ed esterni, che giudicheranno il lavoro di ricerca dei docenti. I contratti a titolo gratuito non potranno superare il 5% dei professori di ruolo. Si tratta di una pratica diffusa per coprire buchi di organico, richiamando in servizio i docenti in pensione oppure facendo salire in cattedra i ricercatori. Restano separate le tre fasce di docenza: ricercatori, associati e ordinari, con tre diversi livelli di stipendio.
12) Prima della legge Gelmini, all’Univeristàerano già stati sottratti 1,4 miliardi di euro. In queste settimane il ministro ha recuperato 900 milioni più altri 100 per il diritto allo studio. I fondi per gli atenei sono 7,2 miliardi per il 2010 e 6,9 miliardi per il 2011. Nel 2007 erano stati 7 miliardi. I soldi distribuiti in questi anni sono stati spesi male giacché la maggior parte degli atenei ha i conti in rosso.
13) Ogni ateneo non potrà avere più di 12 facoltà. Due o più università potranno federarsi e fondersi. Oggi le 95 università (66 pubbliche) oltre alle sedi centrali hanno attivato 320 sedi distaccate. Ci sono 327 facoltà con 15 iscritti e 37 corsi di laurea con un solo studente.
Qualche dato sull’università italiana:
In Italia ci sono 20 atenei nel nord ovest, 12 nel nord est, 27 al centro, 23 al sud, 6 sulle isole. In totale 5.960 corsi di laurea. Gli iscritti totali sono 1.799.041; i professori 36.566; i ricercatori 22.924. (Dati 2009)
Quanto spendono i paesi per gli studenti universitari (dato annuale espresso in dollari). Francia 10.995; Germania 12.446; Giappone 12.326; Spagna 10.089; Svezia 15.946; Regno Unito 13.506; Stati Uniti 24.370; Italia 8.026. La media Ocse è di 11.512.