Marianna Venturini, ItaliaOggi 1/12/2010, 1 dicembre 2010
BATTITRICE D’ASTA SI DIVENTA
Affascinante mestiere quello del banditore d’aste, «che si può permettere di ammirare imparzialmente e in egual misura tutte le scuole artistiche», come ha scritto Oscar Wilde. Almeno questa è la percezione che si ha dall’esterno, di un mondo certamente più complesso.
Claudia Dwek è co-presidente di Sotheby’s Italia, senior specialist per l’arte moderna e contemporanea ed è stata la donna più giovane a battere un’asta in Italia nei primi anni 90. «Ho avuto la fortuna di iniziare a bandire un’asta per la prima volta nel 1992. Non tutti gli esperti sono banditori», dice. Dwek è una delle figure più competenti del mercato dell’arte italiano e guida la casa d’aste inglese nella sede milanese di Palazzo Broggi. È nata a Tokyo, ma vive a Milano da sempre. Dopo il liceo, si è iscritta all’università Statale di Milano per studiare Storia dell’arte. «Mi sono laureata con una tesi sull’arte italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, il periodo che mi interessa di più».
La passione per l’arte moderna e contemporanea, settore di cui è responsabile per Sotheby’s, l’ha ereditata dalla famiglia. Dwek parla di sé con molta riservatezza, sottovoce spiega qual è stato il suo percorso nel mondo dell’importante casa d’aste inglese e non è difficile capire il suo carattere determinato. «Sono fortunata a fare questo lavoro, mi ha dato moltissimo e io ho potuto dare altrettanto. È uno scambio reciproco». Merito anche dei suoi genitori che hanno sempre incoraggiato i suoi viaggi «e così ho coltivato una natura cosmopolita». La stessa che ha trasmesso alle figlie di 14 e15 anni.
Tra il liceo e l’università, Dwek ha seguito un corso di Storia dell’arte presso Sotheby’s a Londra. «L’amore per l’arte è da sempre una mia prerogativa. Ho viaggiato e visitato musei in tutto il mondo fin da ragazzina, durante questo corso ho avuto la possibilità di conoscere molti ragazzi che poi sono andati a lavorare in gallerie o case d’aste». Al secondo anno di Università ha fatto uno stage al mensile Art at Auction di New York, una rivista d’arte che si occupa di aste e mercato. «Ho coltivato una propensione artistica innata. In questa redazione ho seguito gli editoriali esterni e mi sono avvicinata al mondo delle case d’aste». È seguito poi un semestre nella sede di New Bond Street di Sotheby’s, nel dipartimento d’arte contemporanea, al termine del quale è tornata a Milano per terminare gli studi, ma l’esperienza nella casa d’aste non era affatto conclusa: «Dopo la laurea mi hanno richiamata per la start up della filiale italiana. E non ho più lasciato l’azienda».
Nel 1999 il presidente ha contribuito a lanciare The Italian Sale, una vendita londinese dedicata all’arte italiana nel mercato inglese che si ripete tutti gli anni: «Presentare una selezione italiana da esportare a Londra, in un mercato internazionale, si è rivelato un grande successo, che si ripropone ogni anno e del quale siamo orgogliosi». Il 19 ottobre è iniziata la stagione annuale di Sotheby’s Milano con la vendita di alcune opere del Canaletto, Francesco Guardi e Giambattista Tiepolo. In particolare sono state messe all’asta due vedute del celeberrimo pittore veneziano, tra le più importanti mai presentate in asta in Italia. «L’aspetto commerciale si lega all’opportunità artistica. I due quadri del Canaletto, davvero tra più importanti messi all’asta in Italia, non sono stati in una mostra pubblica da oltre 60 anni».
Dwek è convinta che «il mercato italiano sia molto vivace, gli italiani sono collezionisti per eccellenza». Tra le tante aste che ha seguito, quella che ricorda meglio è stata quella del collezionista americano Stanley Seeger: «Aveva una selezione incredibile di quadri degli anni Cinquanta e molti musei ci hanno chiesto di esporli prima della vendita. È stata una bella esperienza». La sua carriera è legata a doppio filo con Sotheby’s: «La mia posizione è sempre stata in evoluzione, da una piccola cosa è diventato un lavoro importante. Si adatta al mio carattere curioso».
«Ho uno shatush comprato a Bombai più di 15 anni fa a cui sono legatissima. L’ho perso tre volte e l’ho sempre ritrovato: è proprio mio». Insieme al pregiatissimo scialle della levità straordinaria, non mancano mai nella sua valigia almeno cinque paia di scarpe. E le valigie sono una costante nella vita cosmopolita «Sono felice quando sono al gate dell’aeroporto». Per fortuna il lavoro la porta spesso in giro per il mondo: «Per lavoro vado di frequente a Londra, Parigi e New York. Per questo quando posso stare con la mia famiglia ci rifugiamo in una piccola isola in Grecia, dove riesco a riposarmi». Adora sciare sulla neve e sull’acqua, anche se il mare resta il suo habitat preferito. «Sono legata agli oggetti che mi vendono regalati in momenti particolari della mia vita, come il braccialetto che riporta i nomi delle mie figlie e non tolgo mai». Così come l’orologio da polso, un Cartier degli anni Cinquanta. Comperato a un’asta, ovviamente.