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 2010  novembre 30 Martedì calendario

INIZIÒ CON NIXON LA GUERRA DEI FILE ALLA CASA BIANCA

Wikileaks non cambia alcuna regola del gioco né può essere considerata una novità assoluta. Un altro storico rilascio di documenti fu quello del New York Times, il quale nel 1971 pubblicò i documenti riservati del Pentagono sulla guerra in Vietnam, 1945-1967. Anche quella volta il caso fece scalpore: dai documenti si evinse chiaramente che l’amministrazione di Lyndon Johnson non soltanto aveva costantemente mentito all’opinione pubblica, ma anche al Congresso. Lo abbiamo dimenticato, ma nel caso dei documenti del Pentagono, l’amministrazione Nixon intervenne, bloccando la pubblicazione e iniziando una battaglia legale con l’editore del New York Times che si concluse davanti ai giudici della Corte Suprema. È probabile che la stessa cosa succeda questa volta. La Corte Suprema si espresse a favore della libertà di stampa, definita e protetta dal Primo Emendamento.
Ovviamente non è la fine del mondo. Nel senso che non è la fine del mondo dell’informazione così come lo abbiamo imparato a conoscere. In fondo, da sempre i media fanno inchieste, rivelano retroscena, raccontano le storie segrete. Dovrebbe essere il loro lavoro. Dall’altra parte, c’è la menzogna elevata ad arte, senza la quale la politica non esisterebbe. Lo diceva già Machiavelli, che il principe deve essere astuto come la volpe. Ve la immaginate una volpe che telegrafa in anticipo la sua destinazione ai cacciatori? Insomma, l’attuale rilascio dei documenti da Wikileaks non cambia alcuna regola del gioco né può essere considerata una novità assoluta.
Un altro storico rilascio fu quello del New York Times, il quale nel 1971 pubblicò i documenti riservati del Pentagono sulla guerra in Vietnam, 1945-1967. Anche quella volta il caso fece scalpore: dai documenti si evinse chiaramente che l’amministrazione di Lyndon Johnson non soltanto aveva costantemente mentito all’opinione pubblica, ma anche al Congresso. La doppia verità non l’ha certo scoperta Wikileaks. Lo abbiamo dimenticato, ma nel caso dei documenti del Pentagono, l’amministrazione Nixon intervenne, bloccando la pubblicazione e iniziando una battaglia legale con l’editore del New York Times che non sorprendentemente si concluse davanti ai giudici della Corte Suprema. È probabile che la stessa cosa succeda questa volta. La Corte Suprema si espresse a favore della libertà di stampa, definita e protetta dal Primo Emendamento. Vedremo cosa succederà questa volta; probabilmente la stessa cosa. Oggi come allora, la massa di documenti messi a disposizione del pubblico è ingente. Si dice che oggi è diverso perché la distribuzione del materiale avviene su Internet. Ma posso assicurare che già negli anni Settanta, chiunque avesse voluto procurarsi i documenti del Pentagono in mano al New York Times, lo avrebbe potuto fare. Certo, oggi i documenti sono a distanza di un click dal mio video. Ma, francamente: quanti si metteranno a studiare i documenti, nei giorni, settimane e mesi a venire? Così, non è la quantità e neppure il canale di distribuzione che fa del rilascio di Wikileaks un evento di una certa importanza.
Ciò che rende questo rilascio “diverso” è che per la prima volta avviene da parte di un soggetto che non è un media. È un soggetto privato che di mestiere mette a disposizione di tutti documenti normalmente a disposizione di pochi. Normalmente i soggetti interessati in un affaire di questo tipo sono il politico, il media e il pubblico. Il media sta in mezzo, tra il politico e il pubblico. Non a caso, i temi sollevati in situazioni come queste sono il diritto alla riservatezza e la dimensione pubblica del politico, il diritto all’informazione e il limite a questo diritto, la responsabilità sociale del media e il suo ruolo di raccolta, selezione, elaborazione e trasferimento dell’informazione. Non è un caso che questi siano gli argomenti sollevati nel dibattito, stante la visione massmediatica della comunicazione. La visione di un sistema di comunicazione intermediato, costruito sulla gestione di audience di massa, dove la audience mantiene un atteggiamento passivo e la discussione ruota intorno all’asse libertà / controllo piuttosto che a quello vero / falso.
Tutt’altro è il quadro di riferimento di Wikileaks. La proliferazione di fonti informative ha disintermediato il sistema di comunicazione, per cui oggi chiunque può accedere a dati e dettagli un tempo ritenuti privati e mantenuti riservati. Questo è Wikileaks. Un esempio di disintermediazione del sistema attuato dalla parte della audience. È un esempio dell’audience partecipativa, quella che scrive i blog e posta i video su YouTube; che accresce il volume e l’orientamento delle fonti informative, rendendo di fatto inutile qualsiasi tentativo ex ante di selezionare, filtrare, gestire l’informazione. Quello che ai media è lasciato da fare, quello che possono e devono fare, è orientare i commenti ex post, cioè i feedback generati dalla audience a proposito dell’informazione ricevuta. La impossibilità di qualsiasi controllo sulla audience è determinato anche dal meccanismo di funzionamento dei network, e in particolare dal cosiddetto effetto farfalla, per cui una informazione puntuale o un semplice commento all’informazione può produrre - grazie alla natura interconnessa delle reti - un effetto di proporzioni gigantesche. Questo è Wikileaks. Come la capricciosa Shiva, questo è il suo messaggio, l’audience può distruggere o creare la realtà, a seconda delle sue insindacabili dinamiche interne. Ecco fatto: il potere è passato dalla politica alla audience!
Resta da capire come la politica può reagire a un contesto in cui i mass media sono aggirati e l’audience dà il ritmo alla danza dell’informazione. È ovvio che, in una realtà che accentua la trasparenza, alla politica conviene assumere un atteggiamento autentico. Per “autentico” si intende un comportamento ortodosso, non un linguaggio ortodosso. Se la politica non è giudicata per quello che dice ma per quello che in effetti fa, è la sua ortoprassi che conta, non la sua ortodossia. Quello che Wikileaks colpisce a morte è la politica dell’ortodossia, che parla convenientemente, come ci si aspetti che parli, e che nasconde il suo comportamento. Wikileaks non sposta il centro di gravità dal palese all’occulto, ma rivelando l’occulto rende irrilevante il palese, lo confina alla dimensione dell’apparente.