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 2010  novembre 30 Martedì calendario

SUBITO GLI AIUTI ALLE BANCHE IRLANDESI

Ora un piano c’è. Sostenibile malgrado qualche incertezza. Resta però da sciogliere il nodo politico. Il 7 dicembre il parlamento dovrà approvare il budget 2011. Fino ad allora la crisi irlandese non sarà risolta e sui mercati peserà il rischio di contagio al Portogallo.

L’Unione europea ha comunque mostrato capacità di reagire. Il piano è ad ampio spettro: risorse finanziarie nell’immediato, una politica fiscale rigorosa subito dopo, e riforme strutturali per ridare slancio all’economia in tempi più lunghi. Tutto per un pacchetto di aiuti da 85 miliardi di euro, dei quali 17,5 miliardi saranno però messi a disposizione dallo stesso governo di Dublino, che li preleverà, in grandissima parte, dal National Pensions Reserve Fund, il fondo creato nel 2001 per finanziare il welfare state dal 2025, quando comincerà a incidere l’invecchiamento della popolazione. La scelta è stata pragmatica, ma sembra voler ricordare che i debiti ipotecano sempre il futuro.

Le somme restanti verranno messe a disposizione dal Fondo monetario internazionale e dall’Unione europea. L’Fmi fornirà 22,5 miliardi: con la formula dell’Extended Fund Facility i rimborsi potranno iniziare dopo quattro anni e mezzo e finire dopo dieci anni, a un tasso del 3,12% per i primi tre anni e del 4% poi. Altri 22,5 miliardi saranno concessi dall’European Financial Stability Mechanism (Efsm), a sua volta finanziato da fondi della Commissione Ue; mentre i restanti 22,5 miliardi saranno raccolti dall’European Financial Stability Fund (Efsf), il fondo costituito dalla Ue e dall’Fmi, con il contributo di Gran Bretagna (per 3,8 miliardi), Svezia (per 0,6 miliardi) e Danimarca (0,4 miliardi). I prestiti avranno una durata media di sette anni e mezzo, ora applicata, perché più favorevole, anche alla Grecia. Se fossero concessi oggi comporterebbero un tasso del 5,8 per cento.

Come saranno usati questi soldi? Più di un terzo, 35 miliardi, andranno alle banche: almeno 10 miliardi per la ricapitalizzazione, altri 25 miliardi per altre necessità. È su questo punto che si concentrano le maggiori perplessità degli analisti: «È necessaria una valutazione più rigorosa del sistema bancario - spiega Gillian Edgeworth di Unicredit Group - e questo richiede tempo: l’assenza di un annuncio più concreto sulle dotazioni di liquidità delle banche è una preoccupazione, anche se ci sono alcuni segnali impliciti di sostegno». È un punto delicato: la persistente incertezza sul "buco" delle aziende di credito irlandesi ha contribuito non poco alle turbolenze sui mercati. In ogni caso, gli obbligazionisti delle banche sono stati "salvati": il ministro delle Finanze Brian Lenihan e il commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn hanno precisato che non ci sarà nessun haircut, i rimborsi saranno integrali.

L’intervento sulle banche partirà subito. Le aziende di credito dovranno raggiungere un capitale pari al 12% dell’esposizione (è il nuovo core tier 1 capital adequacy ratio), e la banca centrale ha valutato in almeno 2,2 miliardi le risorse necessarie. È verosimile, aggiunge Edgeworth, che il governo-azionista - con l’obiettivo di aumentare la propria quota - usi le risorse proprie. L’intero settore dovrà poi, secondo gli accordi, ridimensionarsi, per adeguarsi alle dimensioni dell’economia.

Cinquanta miliardi saranno intanto destinati direttamente al governo di Dublino, per il suo finanziamento, e saranno effettivamente utilizzati solo se e quando necessario. Il paese potrà tornare a un deficit del 3% del pil nel 2015, con un rinvio di un anno: la crescita, nel 2011 e nel 2012, sarà inferiore a quanto finora previsto. L’Irlanda dovrà infatti varare nuove misure di austerità: non saranno toccate le imposte sulle aziende, una delle chiavi del successo dell’economia, ma occorrerà allargare il numero dei contribuenti, ridurre le esenzioni previdenziali, introdurre una patrimoniale, aumentare l’età pensionistica, tagliare del 4% medio le pensioni statali e del 10% gli stipendi pubblici dei nuovi assunti. In quattro anni saranno risparmiati 10 miliardi e saranno raccolti 5 miliardi di imposte in più.

Questi interventi saranno poi affiancati da riforme strutturali come la riduzione del salario minimo e un nuovo sistema di sussidi che favorisca l’uscita dalla disoccupazione, ma anche minori restrizioni per l’accesso alla professione di avvocato, medico e farmacista e qualche nuova regola a favore della concorrenza.

E poi? Basterà per risparmiare Portogallo e Spagna? Difficile da dire: Lisbona e Madrid - spiega Julian Callow di Barclays - subiranno deficit e accumuleranno debiti inferiori di quelli irlandesi e greci, e non hanno visto il crollo del Pil e delle quotazioni finanziarie di Dublino. «La sfida, per loro - aggiunge - sarà dimostrare che possono andare avanti con il notevole rigore fiscale progettato per l’anno prossimo». Rischia di lasciare il segno anche la proposta di salvataggio lanciata a Lisbona: «Resta il rischio - conclude Edgeworth - che Eurolandia sia ancora sotto pressione perché offra aiuto anche al Portogallo».