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 2010  novembre 29 Lunedì calendario

Ma in famiglia «il Mago» spariva - «Quello è l’orizzonte». «E co­sa c’è dietro l’orizzonte?» «L’orizzonte e dietro anco­ra l’orizzonte

Ma in famiglia «il Mago» spariva - «Quello è l’orizzonte». «E co­sa c’è dietro l’orizzonte?» «L’orizzonte e dietro anco­ra l’orizzonte. Più avanti ti spingi e più si ritrae l’orizzonte, così che vedi sempre solo l’orizzonte;fino a che ve­di comparire la terraferma, e allora spari­sce l’orizzonte. Ma se ti giri lo puoi ancora vedere». Siamo nel luglio 1924. La bimba che domanda è Elisabeth, quinta e penul­tima figlia del papà che risponde. Il papà si rivelerà a lei (e a Erika, Klaus, Golo, Mo­nika e Michael) ingombrante per la sua as­senza, non per la sua presenza. Ecco, l’orizzonte dei Mann,anzi gli orizzonti dei Mann, che furono tutti, chi più chi meno, offuscati dagli eventi della storia mondia­le o familiare, li troviamo, allineati in strati sovrapposti e comunicanti, in questo li­bro, una miniera di date, fatti, incontri e incroci: La famiglia Mann. Una storia lun­ga un secolo , di Uwe Naumann e Astrid Roffmann (excelsior 1881, pagg. 348, euro 24,50, trad. Ludovica Notarbartolo). Essere «un Mann» non fu facile. La figu­ra composta e algida del «Mago» (così lo chiamava, non in sua presenza, natural­mente, Klaus, il «maledetto» della serie), aleggiava sempre alle spalle di questo o quel protagonista, che si trattasse di fare teatro o politica, pubblicare un libro o pre­parare un matrimonio, andare soldato o cambiare continente. Anche dopo la sua morte, avvenuta il 12 agosto del ’55, il re­sto del secolo dovette misurarsi con il ge­nio. E fu proprio chi, come Klaus e Golo, si sentiva particolarmente trascurato dal pa­dre, ad avvertire più degli altri il peso della sua nobile aura. Klaus e Golo: entrambi, come lui, omosessuali; entrambi, come lui, dediti soprattutto alle lettere; entram­bi, come lui, consapevoli della propria inattualità. Ma anche entrambi, come lui proiettati oltre il crinale del millennio. Mamma Katia, invece, la vera capofami­glia, lei che morirà il 25 aprile dell’80, a 96 anni, non si limitava ad aleggiare come il marito: si faceva sentire eccome. Mai im­personò il ruolo di vestale di cotanto uo­mo, al contrario, sapeva gestirlo e consi­gliarlo, oltre che sondare i cuori dei suoi. «L’educazione è atmosfera, nient’altro», sosteneva Thomas. Sì, in questo senso fu lui a «educare» più di chiunque i figli. Ma la sua era un’educazione data da sugge­stioni e parole misurate, da gusti e inclina­zioni appena accennati, da una cultura diffusa nell’aria come profumo d’un in­censo laico. Riconosceva,certo,l’autorità della primogenita Erika, con una battuta diventata proverbiale, in casa Mann, «Erika deve salare la zuppa», buttata lì quando c’era qualcosa da sistemare o da decidere alla svelta. Però il resto del lavo­ro toccava a Katia... Il Mago ci appare freddo e distaccato di fronte alle tragedie «interne» (la morte del marito di Monika nell’affondamento del­la nave che li stava portando negli Stati Uniti, il suicidio di Klaus...) ed «esterne» (le due guerre).«Dove sono io,è la Germa­nia », diceva. Ma non era una pretesa di unicità e superiorità.Era,invece,la dichia­razione d’amore eterno alla propria terra. Terra che non è sinonimo di patria, poi­ché il germanesimo di Mann era più forte della solenne sbornia nazista alla quale non partecipò e che anzi denunciò, con rammarico,più che con rabbia,dall’esilio sulla West e poi sulla East Coast. Il primo a lasciare il Paese, quando già montava l’orrore hitleriano, era stato Klaus nel ’33,un anno dopo aver incontra­to per caso il Führer al «Carlton» di Mona­co. «La volgarità dei suoi tratti mi tranquil­lizzò », commentava, non immaginando che proprio quella volgarità sarebbe stata la leva usata per sollevare l’orgoglio ferito di un popolo allo sbando. Dopo Klaus, an­che gli altri figli daranno anima e corpo a quella che nella «Prefazione» al volume Frido Mann, il nipote prediletto di Tho­mas, il modello dell’indimenticabile Ne­pomuk del Doctor Faustus , chiama «citta­dinanza globale» della famiglia. Anche questa è un’eredità lasciatadal Novecen­to al presente. E già si staglia nitida sul no­stro orizzonte.