ROBERTO GIOVANNINI, La Stampa 30/11/2010, pagina 96, 30 novembre 2010
Domande e risposte: Di cosa si parla a Cancun? Ieri è iniziata a Cancun la conferenza sul cambiamento climatico
Domande e risposte: Di cosa si parla a Cancun? Ieri è iniziata a Cancun la conferenza sul cambiamento climatico. Che cos’è? In Messico è cominciata la 16ª Conferenza delle parti (COP) della Convenzione Onu sul clima, e parallelamente la sesta Conferenza dei paesi che aderiscono al Protocollo di Kyoto. Termini complicati, che dimostrano anche quanto sia barocco il meccanismo che sotto l’egida dell’Onu dovrebbe mettere d’accordo tutti i paesi del mondo per combattere il riscaldamento globale. Ma esiste davvero il riscaldamento globale, o è una montatura mediatica? Esiste, sta avvenendo sotto i nostri occhi, e rischia di avere conseguenze drammatiche per l’umanità tra poche decine di anni. Tutta la comunità scientifica e (formalmente) anche tutti i paesi Onu concordano: le milioni e milioni di tonnellate di gas serra (CO, ma non solo) disperse nell’atmosfera dall’inizio dell’era industriale aumentano in termini misurabili la temperatura media del pianeta. E il riscaldamento globale produce cambiamenti nell’ambiente. Sappiamo quali saranno? I modelli di previsione non concordano sul ritmo di questo cambiamento e sulle sue conseguenze. Ma la tendenza e i rischi - già si parla di «ecoprofughi» dalle aree colpite in futuro - sono noti e condivisi. E chi dice che non succederà nulla? Gli scienziati «negazionisti» sono una piccola minoranza e spesso (è un fatto) sono finanziati dalle aziende «emettritrici» (petrolieri, trasporti, industrie pesanti, elettricità). Poi negli USA molti deputati e senatori Repubblicani dicono che comunque Dio non permetterà il cambiamento climatico. Perché nessuno fa niente per salvare il mondo? Non è vero che non si fa niente: i paesi più industrializzati nel 1997 hanno firmato il protocollo di Kyoto, che impone limiti (modesti, ma vincolanti) alle emissioni, attraverso l’innovazione tecnologica e il risparmio energetico. Grandi investimenti li fanno anche i paesi emergenti (come Cina e India), ma il loro ritmo di crescita economica e (il punto di partenza basso) fa sì che comunque le loro emissioni stiano per superare quelle dei paesi «ricchi». La Cina ha superato gli USA come primo emettitore di gas serra mondiale. Questi sforzi sono sufficienti? Assolutamente no. Gli scienziati e l’Onu spiegano che di questo passo sarà impossibile riuscire a fermare l’aumento medio della temperatura mondiale a due soli gradi centigradi. Un aumento dannoso ma considerato non devastante. Ma l’anno scorso, a Copenhagen, non era stato firmato da tutti gli Stati un documento che parlava proprio di due gradi? Sì, l’hanno firmato. Solo che poi gli impegni che i singoli Stati hanno preso (impegni peraltro non vincolanti) coprono solo il 60% dei tagli di emissioni necessari per fermarci a due gradi. E dunque? Secondo le agenzie Onu l’aumento sarà di tre gradi. Ovvero, cicloni, inondazioni, ghiacciai e ghiacci polari sempre meno ampi, zone temperate che si desertificheranno, e così via. Perché gli Stati non si impegnano di più per evitare queste catastrofi? Primo, perché tagliare le emissioni (parliamo di milioni e milioni di tonnellate l’anno) è un compito oggettivamente titanico e complicato. Non si può cambiare in dieci minuti un intero modello economico, il sistema di trasporto, quello di produzione energetica. Secondo, perché il cambiamento costa. Le Confindustrie di tutti i paesi remano contro, tanti cittadini preferiscono risparmiare un euro di tasse e non pensare che tra qualche anno potrebbero avere campi e case spazzate via. E chi dovrebbe pagare? Questo è il terzo, gigantesco, problema. Devono pagare gli Stati ricchi e industrializzati, dagli Usa all’Europa al Giappone, che hanno emesso l’80% del volume di gas serra? Devono pagare Cina, India e Brasile, che con le loro economie in espansione aumentano esponenzialmente le emissioni? E i paesi poveri, chi deve finanziare il loro sviluppo clima-compatibile? Chi controllerà che gli impegni presi sono mantenuti? Se non ci si mette d’accordo su questo non si andrà lontano. E cosa ci dobbiamo aspettare dalla Cop16 di Cancun? L’anno scorso a Copenhagen vennero tutti i del mondo, non conclusero molto. In Messico - si entrerà nel vivo la prossima settimana - si spera di fare passi avanti concreti per recuperare il tempo perduto sui finanziamenti per il clima, la protezione delle foreste, gli aiuti alle popolazioni più vulnerabili. E se poi si mettessero le premesse per un nuovo protocollo di Kyoto (per i paesi ricchi) e a un patto che chiami in causa i paesi emergenti sarebbe un trionfo.