FABIO POZZO, La Stampa 30/11/2010, pagina 59, 30 novembre 2010
Coppa America, la leva di Facebook - Niente vecchi a bordo della Coppa America 2013. Parola di Russell Coutts, il kiwi ideatore del nuovo corso per gli americani di Oracle, detentori del trofeo: «Dobbiamo traghettare l’America’s Cup dall’era dei Flintstone a quella di Facebook»
Coppa America, la leva di Facebook - Niente vecchi a bordo della Coppa America 2013. Parola di Russell Coutts, il kiwi ideatore del nuovo corso per gli americani di Oracle, detentori del trofeo: «Dobbiamo traghettare l’America’s Cup dall’era dei Flintstone a quella di Facebook». Una rivoluzione che non sarà indolore, nonostante gli organizzatori abbiano bilanciato la svolta ricorrendo a due elementi di continuità col passato: il ritorno della Louis Vuitton Cup, la serie di regate che esprime la barca sfidante, ideata nel 1983, l’anno di Azzurra e una probabile selezione del defender, cioè del team che rappresenterà gli Stati Uniti e che dovrà difendere il trofeo. Anche quest’ultimo un ritorno, che ha già visto farsi avanti Dennis Conner, il primo defender a perdere (dopo 132 anni), poi a riconquistare e a riperdere la «vecchia brocca». Anche se l’ultima volta, nel 1995, aveva lasciato il timone a Paul Cayard. Proprio Cayard, il «baffo» del Moro di Venezia e oggi skipper del team svedese Artemis, indica i termini più dolorosi della rivoluzione. «La mia generazione sarà spazzata via. Per quel gruppo di velisti che ha cominciato vent’anni fa con la Coppa e che non ha più mollato, chiudendo la strada in un certo senso a tanti giovani, è venuta l’ora di sbarcare. Sarà un male per noi, ma un bene per lo sport». Il colpo di mannaia per i «vecchietti» verrà dall’AC 72, la nuova barca con la quale si correrà la prossima Coppa America, nel 2013 (al 99% la finale a San Francisco; 6 eventi preparatori nel 2011, 8 nel 2012, uno sicuramente in Italia). È un catamarano di 22 metri per 14, spinto da un’ala rigida di 40 metri: questa la rivoluzione che manderà in pensione gli ACC, la classe di 24 metri che ha tenuto banco dal 1992: l’addio è stato celebrato qui a Dubai, con l’ultima tappa del Louis Vuitton Trophy (vinta da New Zealand davanti a Oracle, Mascalzone Latino terzo). Nuove imbarcazioni per nuovi velisti. «Ci vorranno giovani a bordo. I catamarani richiedono agilità e forza, bisogna saltare da una parte all’altra» spiega Cayard. «L’esperienza potrà contare forse più del fisico solo per il timoniere e per chi regola l’ala rigida» aggiunge. Undici uomini a bordo, età media 30-40 anni (due per regolamento sotto i 30), peso medio 95 chili di muscoli l’identikit. «La scommessa - continua Cayard - è quella di portare alla vela un pubblico molto più ampio. E allora bisognava rivoluzionare tutto». Da qui, la scelta dei catamarani: «Sono più veloci, più spettacolari e consentono di regatare con tutte le condizioni di vento, evitando noiosi rinvii». Anche il percorso sarà nuovo, più avvincente e vicino a terra (dunque, più visibile dalle tribune). E i match-races dureranno meno. Regate «snack», da consumarsi in fretta, a beneficio della tv. «L’obiettivo è quello di creare più interesse per la Coppa e dunque un maggior ritorno economico anche per i team più piccoli». «Cambiare le regole consente a nuovi Paesi di avvicinarsi all’America’s Cup» è convinto Pietro Beccari, il vicepresidente di Louis Vuitton, artefice col presidente Yves Carcelle del ritorno della selezione degli sfidanti. Un esordiente ci sarebbe già: la Corea del Sud. Iscritti Oracle, Artemis, Mascalzone Latino, dati per sicuri Team New Zealand e i russi di Sinergy. Ci stanno lavorando un nuovo team inglese, uno francese (con Bruno Peyron), i franco-tedeschi di All4One. La nuova formula, però, ha allontanato Team Germany e i britannici di Origin. Anche Alinghi ha dato forfait, ma forse è più una scelta anti-Oracle. «C’è voluto molto per digerire l’idea, ma ora non sembra così brutta. Certo, tutte le rivoluzioni sono pericolose: se va male, sarà un tonfo grosso» sentenzia Grant Dalton, il boss di Team New Zealand.