Varie, 29 novembre 2010
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Biografia di Adriano Lemmi
Lemmi. Banchiere livornese di origini ebraiche, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1885 al 1895, amico e sostenitore di Mazzini, finanziatore della spedizione di Carlo Pisacane. Praticamente un demonio, per il mensile Chiesa viva diretto da don Luigi Villa, che ne scrive col furore con cui poteva scriverne un secolo e passa fa: «Lemmi si vantò sempre di essere il valido emissario di Mazzini in un gran numero di assassinii, tanto che Mazzini stesso lo chiamava “il mio piccolo giudeo che vale dieci buoni diavoli”. Il 4 gennaio 1852 Mazzini e il suo comitato decretarono la condanna a morte del Duca di Parma Carlo III; il 26 marzo Carlo III cadeva sotto i colpi del sicario di cui Lemmi aveva stimolato il fanatismo. Il 21 ottobre 1852, Lemmi ispirò il tentato assassinio del ministro Baldasseroli, presidente del consiglio del Granduca di Toscana; fu lui, sempre su ordine di Mazzini, che armò il braccio del fanatico che attentò alla vita dell’Imperatore d’Austria, il 18 febbraio 1853. l’anemico menagramo Mazzini A Napoli il 1° febbraio del 1849 vennero riaperte le Camere. Nel frattempo erano affluiti a Roma i più importanti capi massoni, tra cui anche Garibaldi e Mazzini, che il 5 febbraio proclamarono la Repubblica Romana. Il 9 febbraio fu formata l’assemblea costituente che proclamò la repubblica e la fine del Papato. L’assassinio fu l’ordinario espediente della setta per contenere la popolazione col terrore, le cui vittime furono preti, cittadini, ufficiali e perfino il ministro Pellegrino Rossi. Nessun assassino fu punito, nemmeno il Zambianchi, colonnello delle Guardie di Finanza, che fece uccidere tanti innocenti nel quartiere di S. Callisto. Anche in Ancona furono commessi degli efferati omicidi, per ordine sempre del sanguinario Mazzini. A questo governo il primo ministro inglese, il massone lord Palmerston, dichiarò di essere pronto a portare qualsiasi aiuto [206570]