Matteo Persivale, Corriere della Sera 28/11/2010, 28 novembre 2010
ROXANA-BUTTERFLY, SUICIDIO CON ANNUNCIO SU FACEBOOK —
Butterfly prende il coltello, chiuso in un astuccio di lacca appeso alla parete accanto alla statua del Buddha. Bacia la lama, legge piano le parole che vi sono incise: «Con onor muore chi non può serbar vita con onore». Poi si punta il coltello alla gola.
Così finisce la vita di Madama Butterfly sui palcoscenici di tutto il mondo e così è finita quella di Roxana Briban, soprano romeno morta a 39 anni nella vasca da bagno della sua casa di Bucarest. Era stata Butterfly, Mimì, Violetta, Aida e tante altre eroine dell’opera sui palcoscenici di Berlino, Vienna, Tolosa, Amsterdam, Seul, Bangkok e Santiago per direttori come Mehta, Ozawa, Jurowski, Marco Armiliato. Roxana si è tagliata i polsi il 20 novembre dopo aver perso l’anno scorso il lavoro che era tutta la sua vita, ilcontratto con l’Opera Nazionale di Bucarest, e pochi mesi fa era svanito anche l’ingaggio con l’Opera di Vienna dopo l’uscita del sovrintendente Ioan Holender.
Ecco la depressione, i problemi alla voce (confermati da Holender alla stampa romena). E poi le ultime ore, il presagio su Facebook: la foto di scena di Roxana e del polso squarciato di Butterfly, il sangue, una dichiarazione d’intenti chiarissima e terribile. C’è un video, sempre su Facebook (mezzo di promozione moderno e versatile per gli artisti ma anche estremo messaggio nella bottiglia per chi ha scelto il suicidio al tempodi Internet ) con gli ultimi istanti di Roxana-Violetta ela musica di Ver di : «...morir si’ giovane, io che penato ho tanto», la Traviata che vede la sua tomba senza lacrime, fiori e nemmeno una croce.
Il resto è silenzio e un foglietto sulla tastiera del computer indirizzato al marito Alexandru con la parola «perdonami».
Roxana Briban è morta «sola, perduta, abbandonata» come la Manon Lescaut del suo adorato Puccini dopo una vita passata a morire sul palcoscenico e risorgere alla replica successiva per poi morire un’altra volta (le protagoniste delle opere più grandi finiscono quasi sempre male a parte poche, felici eccezioni: Raina Kabaivanska somma pucciniana disse al Corriere che «Puccini esalta le
Facebook Sopra, la pagina di Facebook con il polso squarciato di Butterfly A destra, Roxana nell’opera donne attraverso la sofferenza e non è capace di farle vincere»).
Roxana aveva cantato fin da bambina, da quando aveva sei anni: la prima lezione. Dal grigiore del crepuscolo di Ceausescu fino al debutto nel circuito dei professionisti, il salotto buono dell’opera mondiale. Strano per lei — sarebbe diventata eroina tragica sul palcoscenico come nella vita — il debutto nei panni della Contessa mozartiana delle
Nozze di Figaro: per una volta un’eroina che non muore ma vive e sorride perdonando il marito che non la merita in uno dei finali più famosi del teatro musicale (le note che fanno dire al bieco e fittizio Salieri del film
Amadeus che «Dio cantava attraverso quel piccolo uomo, Mozart: per tutto il mondo, inarrestabile»).
Il marito di Roxana, Alexandru, racconta che «avrebbe cantato anche senza essere pagata». Ma l’opera, il canto non amplificato dal microfono, quell’anacronismo che continua a affascinare il pubblico e a sedurre i più grandi musicisti chiede a volte ai cantanti un prezzo troppo alto. Con i sovrintendenti costretti a tagliare i costi, con gli scioperi, un licenziamento o una comune infezione alla gola possono diventare una catastrofe per chi è azzannato dalla depressione come Roxana. Che ha speso la vita sulla scena nei panni di donne che amano troppo e quasi sempr e l ’ uomo s bagliato, donne che si autodistruggono per ricordarci che, come dice il maestro Antonio Pappano, i personaggi dell’opera sono travolti dalle loro e mozioni a l punt o di non riuscire a parlare, perché le parole non bastano per esprimere la gioia infinita e il dolore infinito.
E per questo cantano, come faceva Roxana Briban.
Matteo Persivale