il Fatto Quotidiano 28/11/2010, 28 novembre 2010
DIRITTO DI REPLICA
Caro Direttore,
Marco Travaglio è un maestro della ‘diffamazione indiretta’ che consiste nel trasmettere messaggi oggettivamente diffamatori mettendo insieme cose del tutto distinte le une dalle altre e lasciando al lettore il facile compito di metterle in relazione.
Così nell’articolo del 24 novembre (“Mastella. Chi lo processa cerca rogne”) il messaggio è questo: per ringraziare Mastella di avergli sistemato la moglie al ministero della Giustizia, Vespa ha organizzato una trasmissione- patacca facendo intervistare un coindagato di Ma-stella oscurandolo, ma sapendo bene chi era e quale servizio avrebbe reso all’ex ministro. La ricostruzione di Travaglio è falsa e diffamatoria per le seguenti ragioni. 1) Mia moglie è un magistrato distaccato al ministero della Giustizia dal 2001 e ha collaborato finora con cinque ministri. É stata vice capo di gabinetto e direttore generale della giustizia penale con Roberto Castelli che la promosse capo dipartimento degli Affari di giustizia. Mastella si limitò a confermarla nell’incarico. Dimessosi Ma-stella, mia moglie fu confermata nell’incarico con provvedimento del Consiglio dei ministri durante gli interim di Prodi e di Scotti. Dopo le elezioni del 2008, è stata nominata da Alfano capo dell’ufficio legislativo. Mi pare oggettivamente riduttivo immaginare che Ma-stella, che conosceva e stimava da tempo mia moglie, l’abbia confermata per qualche presenza a Porta a porta che certo non gli era stata negata negli anni precedenti e che a maggior ragione avrebbe avuto da ministro.
2) La storia dell’intervista patacca è completamente inventata. Poiché non ne conoscevo la genesi, me la sono fatta riassumere così da Maurizio Ricci, coordinatore della redazione: “La mattina del 22 ottobre 2009 l’autore del servizio, Fabio D’Alfonso, è andato all’Arpac di Napoli (Agenzia regionale per l’ambiente) dove era scoppiato lo scandalo per le assunzioni e raccomandazioni attraverso l’Udeur, sul quale quel giorno stesso riferivano tutti i giornali. Tra i nomi degli indagati c’era anche quello del direttore e della segretaria dell’Arpac. Segretaria che avrebbe compilato materialmente le liste dei raccomandati da assumere. D’Alfonso si è recato negli uffici dell’Arpac per cercare di parlare con il direttore o con la sua segretaria. E’ entrato con la telecamera accesa senza accordi o telefonate che preavvertivano la nostra richiesta di intervista. É arrivato nel-l’ufficio del direttore che ha rifiutato di commentare l’inchiesta e ha ‘rubato’ un’intervista alla segretaria presunta responsabile della compilazione materiale delle liste che - ignara di essere ripresa - rispondeva ad alcune domande sull’inchiesta. Poi, non volendo continuare a rispondere, ha allontanato il nostro inviato. A questo punto D’Alfonso ha chiesto se vi fosse nell’edificio un ufficio per le relazioni esterne. Arrivato in questo ufficio - sempre con la telecamera bassa e accesa – ha cominciato a parlare informalmente con la persona che si era dichiarata responsabile dell’ufficio stesso e di cui D’Alfonso ignorava l’identità. La persona non ha detto di essere coinvolta nell’inchiesta ed era la prima volta che D’Alfonso la incontrava. Viste le circostanze delle riprese, sia la donna che l’uomo sono stati oscurati, come accade in molte trasmissioni. La segretaria ripresa senza consenso da D’Alfonso ci mandò le sue doglianze attraverso un avvocato”. Come si vede, il servizio era tutt’altro che accomodante e concordato. Il titolo della trasmissione era “I Ma-stella indagati” e in studio l’ex ministro dovette confrontarsi con Italo Bocchino del PdL, Massimo Donadi di Idv, Paolo Gentiloni del Pd e i giornalisti Maurizio Belpietro e Antonio Polito. Mastella ebbe pertanto anche interlocutori tutt’altro che accomodanti. Di tutto questo a Travaglio e al ‘Fatto’ interessa poco. Basta lanciare il messaggio: moglie di Vespa al ministero in cambio di confortevoli ospitate e di trasmissioni patacca.
Bruno Vespa
Già una volta Bruno Vespa e la sua Augusta signora hanno provato a farmi causa civile accusandomi di diffamazione, e l’hanno persa. Ma, volendo, possono sempre riprovarci. Dubito che, nel caso in questione, caverebbero un ragno dal buco. Perchè, nella lunga lettera di cui sopra, non si intravede nemmeno l’ombra di una smentita a quanto ho scritto. Anzi, si leggono solo conferme: 1) al fatto che il conduttore ospita da anni, ripetutamente ed elegantemente, i ministri (cinque) con cui lavora la sua Augusta signora; 2) al fatto che il suo inviato intervistò un “testimone” dal volto oscurato sull’inchiesta Mastella senza controllare chi fosse, e che Vespa mandò in onda l’intervista senza verificare l’identità dell’intervistato. Il quale definiva tra l’altro l’indagine “una cacata giuridica”. Si scoprì poi che il supertestimone era il portavoce dell’Udeur in Campania, indagato in quell’inchiesta insieme a Mastella. Una lezione di deontologia professionale per le giovani generazioni di giornalisti. O un caso di “diffamazione diretta” e anonima?
(m.trav.)