Rossella Cadeo, Maurizio Fiasco, Il Sole 24 Ore 29/11/2010, 29 novembre 2010
LA MAPPA DEL DENARO SPORCO
Genova, Gorizia, Arezzo, Udine, Imperia: cinque delle dieci province dove maggiormente sono stati individuati, dal 2005 al 2009, reati di riciclaggio si trovano – diversamente da quel che si sarebbe portati a credere – nel centro nord e nel nord del Paese e tre di queste sulla linea di frontiera. Se si considerano le prime 30, la presenza meridionale si limita a 11 aree (quattro della Calabria, tre delle Puglia, due della Sicilia e due della Campania).
In effetti la rilevazione dei reati di questo tipo (circa 2mila denunce all’anno) non coincide, sul territorio, con le zone dove la delinquenza preleva o ricava illegalmente reddito: in un luogo si estorce, si rapina, si presta denaro a usura e ci si associa per delinquere, mentre altre sono le aree dove si immette nei canali bancari e si investe in attività formali. Sono queste alcune delle indicazioni che si traggono leggendo i dati relativi ai reati di riciclaggio (si veda la tabella a fianco) contenuti nella ricerca sull’«Apporto della sicurezza pubblica alla creazione del Pil e del Bil» presentata al congresso dell’Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp).
L’evidenza del reato
Occorre sottolineare che in questo tipo di delitti è solo l’attività investigativa e di contrasto a determinare la formazione del dato: l’iniziativa può nascere in seguito a segnalazioni di operazioni anomale o sospette da parte degli istituti di credito oppure dalla prosecuzioni di indagini su altri reati cosiddetti "di primo livello" (come rapina, estorsione, furto, truffe, traffico di stupefacenti).
Fatta questa premessa, dalla tabella a fianco si nota come, se si escludono Napoli e Catania, il fenomeno si concentra nelle aree metropolitane, da Roma a Genova, Milano, Torino, insieme a province dove è elevato il Pil procapite (come Modena, Cremona, Arezzo).
In breve ben poco di quello che le cosche ricavano da estorsioni, traffici di droga, manipolazione degli appalti resta nelle province della punta dello stivale. Le ’ndrine calabre, ad esempio, quando si tratta di ripulire e d’investire, mettendo a valore il loro patrimonio illegale, si spostano: verso il centro nord e verso il nord est, verso il litorale adriatico e verso il triangolo industriale.
Effetto depressivo a sud
Un effetto depressivo "al quadrato", dunque, sui territori meridionali. Da una parte è lì che subiscono colpi di maglio, gli imprenditori onesti di Reggio, Catanzaro, Cosenza, impediti nello sviluppo della cultura del prodotto e negli investimenti. Dall’altra parte, l’imposizione di tangenti (che vanno alle cosche) e i tassi bancari più elevati (per il differenziale nel rating) si combinano con la fuga del reddito criminale verso i paralleli a nord della Calabria.
In quali luoghi si riutilizzano, incrementandoli, i denari del crimine può essere documentato oggi con una evidenza statistica: i casi di riciclaggio denunciati dagli investigatori e la precisazione del luogo del commesso delitto. L’informazione si ricava dalle classifiche elaborate nella ricerca: inchieste avviate, nella maggior parte, dalle procure della Repubblica nelle regioni con le stimmate (Calabria, Sicilia per lo più) e proseguite seguendo le tracce della ricchezza di ’ndrangheta e Cosa Nostra (oltre, ovviamente, della camorra anarcoide di Napoli e Caserta).
L’approdo di queste investigazioni fornisce uno spaccato delle occasioni privilegiate: i grandi scali internazionali delle merci, le frontiere a ovest (Imperia) e a est (la Venezia Giulia), le aree industriali di crisi nel centro nord e del nord (rilevazione di industrie a prezzi di rottamazione).
Asimmetria
Occorre chiarire un altro apparente paradosso: la netta asimmetria tra le province dove hanno maggior peso i riscontri di criminalità associata e mafiosa e le province di maggior evidenza dei reati di riciclaggio e reimpiego di reddito criminale. Se fra le dieci province più segnate da reati associativi (416 e 416 bis del codice penale), traffico di droga, estorsioni, usura, attentati e così via, quattro sono siciliane, altrettante calabresi, una pugliese e una sarda, la situazione si ribalta per il riciclaggio.
Non solo importanti centri industriali (Modena, Genova) territori di frontiera (Udine, Gorizia) ma anche tranquillissimi territori (Rieti, Pistoia) sono il punto d’arrivo (e di ripartenza) di indagini che hanno preso le mosse centinaia di chilometri più a sud.
Una realtà pervasiva e che riceve evidenza se, e solo se, vi è una risposta istituzionale di qualità. Milioni di segnalazioni, sia di provenienza bancaria e sia da privati per gli obblighi delle norme perfezionate nel 2005, divengono procedimento penale se vi è una iniziativa. Essa comincia con una inchiesta penale e prosegue con approfondimenti mirati. Altrimenti l’enorme patrimonio informativo accumulato nelle banche dati resterà una mera virtualità.