il Giornale 28/11/2010, 28 novembre 2010
Lettere sull’università - la lettera/1 Ma del mio diritto a poter studiare l’onda se ne frega di Francesco Marani* Gentile direttore, sono uno studente ventitreenne dell’università di Bologna
Lettere sull’università - la lettera/1 Ma del mio diritto a poter studiare l’onda se ne frega di Francesco Marani* Gentile direttore, sono uno studente ventitreenne dell’università di Bologna. L’altro giorno, prima che il professore entrasse ed iniziasse una delle poche lezioni che mi è concesso frequentare causa occupazione della facoltà di Lettere e Filosofia di via Zamboni, ho intrattenuto una conversazione con alcuni colleghi studenti. Facevo riferimento a un articoletto scritto di getto la notte scorsa, perché preso da disperazione. Ragionando più o meno logicamente delle proteste che si stanno verificando in tutto il Paese, mi sono sentito dire con freddezza e cinismo imbarazzanti - che il mio diritto di assistere alle lezioni, in questo preciso momento, deve essere giustamente subordinato a quello di coloro che vogliono opporsi all’approvazione del ddl Gelmini. Ciò che è seguito all’infelice diverbio sono stati un grandissimo sconforto e un’amarezza indescrivibile. Dopo questo episodio, mi sono chiesto cosa potessi fare per l’università, per i miei coetanei e, più in generale, per il mio Paese.Se l’interlocutore è di questa tipologia, se manca completamente il senso liberalista del vivere e se la democrazia di cui tutti si fanno paladini non viene poi applicata nella vita vera, cosa può fare un giovane ventitreenne, decisamente controcorrente e più contestatore di tutti quei ragazzi che in questi giorni sono saliti sui monumenti, e che così facendo mi hanno impedito di «conoscere», per cambiare lo stato delle cose? Spero in una vostra gentile risposta. Io sono a corto di idee. Allego le poche righe scritte l’altra notte: «Fonti attendibili - giornalisti di professione inviati a Roma, Firenze, Pisa e Torino - riportano la più o meno nutrita partecipazione ai cortei, svoltisi in giornata contro la riforma Gelmini, di studenti universitari, liceali, impiegati statali e ricercatori. Una domanda sorge spontanea. E i docenti ordinari e quelli associati, mentre alla Camera veniva approvata, non senza difficoltà, parte del ddl, cosa stavano facendo? Non trovate strano il fatto che coloro che dovrebbero essere i più interessati alla materia in discussione, non hanno aderito ad alcun tipo di protesta, civile e non? Loro, i veri nemici dell’Università degli Studi, non ne hanno l’interesse. Se davvero sentissero quei privilegi messi a repentaglio, sarebbero stati i primi a scendere in strada. Sarebbero stati i primi ad urlare a squarciagola il loro dissenso ad una riforma che viene reputata scandalosa e deleteria per l’istruzione. Non pensate che l’obiettivo della rabbia di molti debba forse essere cambiato? O pensate che, nel dubbio, sia meglio protestare? » . * studente dell’Università di Bologna *** la lettera/2 Quegli universitari «democratici» tutti urla e violenze di Maria Caterina Bergamaschi* Sono una studentessa universitaria del polo di Scienze sociali fiorentino. Giovedì mattina mi sono purtroppo imbattuta in una delle più vergognose proteste mai viste nei miei 25 anni di vita;il polo universitario ospitava l’onorevole Santanchè per prendere parte ad un dibattito sull’immigrazione. Dentro il primo edificio trovo lenzuoli vari appesi alle balaustre con diverse colorite espressioni, tra le quali la più «vistosa» era forse «l’università è antifascista»; una folla indisciplinata di persone che si accalca, urla dentro il megafono ed io, che per passare attraverso un edificio universitario e pubblico che dovrebbe anche essere anche mio, avanzo a tentoni in mezzo alla bolgia che a stento forse capisce cosa stia facendo. Il corteo quindi si sposta davanti all’ultimo edificio del polo, quello che ha ospitato il dibattito, tra urla e offese gratuite rivolte ai fascisti. Davanti all’edificio si trovano carabinieri e polizia, là dove effettivamente è doveroso che stiano, è il loro lavoro. Anarchia: i manifestanti lanciano fumogeni, petardi, sassi (che rimbalzanosugli elmetti delle forze dell’ordine), uova ovunque... urla, schiamazzi, gente che addirittura grida ai famosi fascisti «assassini». Di fatto, non sono riuscita ad entrare e ad ascoltare una persona che parlava dentro un edificio pubblico, anche solo per capire cosa avesse da dire. Credo che ciascuno di noi abbia la propria idea ed è giusto che la esprima e sia difeso per questo. Quanto accaduto, anche in altre città italiane, è una delle cose più gravi cui abbia mai assistito. Mi vengono alla mente alcuni principi costituzionali: l’articolo uno, il tredicesimo e il ventunesimo della Costituzione. Riguardo al primo, non mi sento di affermare che, in situazioni come questa, l’Italia dimostri essere un Paese democratico: manifestazioni del genere si vedono solo da una parte politica, e sono indice di inciviltà e totale e assoluta mancanza di rispetto per tutto e tutti. Articolo tredicesimo, mi ritengo violata nella mia libertà personale di camminare liberamente all’interno di luoghi pubblici e mi ritengo violata nella mia libertà di ascoltare una persona che era mia intenzione invece stare a sentire, anche solo per informarmi. Articolo ventunesimo, ritengo che purtroppo in questo Paese vi sia ben poca libertà di manifestare il proprio pensiero, soprattutto con «ogni altro mezzo di diffusione »; o meglio, mi correggo, per determinate persone non sembra esistere tale sacrosanto diritto. * studentessa dell’Università di Firenze