Giulia Zonca, La Stampa 29/11/2010, pagina 42, 29 novembre 2010
Barcellona-Real pigliatutto Quattro miliardi in campo - Il Camp Nou sceglie il silenzio. Hanno tirato teste di porco contro il traditore Figo, hanno ululato contro Mourinho l’ultima volta che se lo sono trovato di fronte e gli hanno tirato i sassi quando ieri è arrivato in città, ma oggi staranno zitti
Barcellona-Real pigliatutto Quattro miliardi in campo - Il Camp Nou sceglie il silenzio. Hanno tirato teste di porco contro il traditore Figo, hanno ululato contro Mourinho l’ultima volta che se lo sono trovato di fronte e gli hanno tirato i sassi quando ieri è arrivato in città, ma oggi staranno zitti. Il nemico sarà ignorato, lo Special One non potrà esaltarsi nella bolgia di fischi perché Guardiola ha chiesto un altro copione. Stasera c’è il grande Clasico: Barcellona-Real Madrid, 13 campioni del mondo e 4 miliardi in campo, 66 gol equamente divisi in questo campionato, dieci vittorie a testa e un punto di differenza, a favore del Real. E la partita pigliatutto, ascolti, sponsor, spettatori, marketing, interessi e il resto della Spagna si è seccato di stare a guardare. Da quelle parti non esiste la collettività, la Liga è un’entità fantasma dove si muovono solo due contendenti e la storia è destinata a ripetersi perché le rivali in questione saranno sempre più ricche. Ogni anno, intascano oltre 600 milioni dalla tv, per il 2015 si rinegozia e gli altri provano a proporre sistemi più europei. Quello che le 18 squadre di scorta vorrebbero è stabilire una quota del 40 per cento da spartire equamente e fissare dei parametri (affluenza allo stadio, vittorie etc) per il restante 60 per cento, ma non è esattamente su questa base che si tratta. Al momento le due nemiche giocano insieme per tenersi un 34 per cento tutto per loro e stuzzicano Valencia e Atletico Madrid (le uniche che ogni tanto si affacciano ai piani alti della classifica) con l’offerta di una fetta dell’11 per cento. Se passa questa linea dovrebbero circolare nelle casse altrui quasi 200 milioni, non proprio una cifra destinata a cambiare gli equilibri. I presidenti giudicano questa gestione del mercato «barbara e fuori legge», cercano di creare una cordata per trascinare le regine di Spagna dall’authority e molti neutrali danno una mano. Economisti, professori universitari, ricercatori, tutti impegnati a dimostrare che Real e Barça stanno ammazzando la Liga. Ovunque le più forti prendono il meglio però alcuni argini esistono. In Inghilterra le quattro squadre che comandano (già il doppio) incassano quasi tre volte in più rispetto ai club in lotta per non retrocedere. Barcellona e Madrid intascano 19 volte più di chi sta nelle retrovie. Anche sulla gestione finanziare fanno come gli pare, il Barcellona è indebitato, il Real ha vissuto per anni al di sopra delle proprie possibilità e nessuno ha imposto verifiche dei conti e canoni rigidi per le iscrizioni. Il Valencia, l’anno scorso in condizioni economiche disastrose, ha dovuto presentare un piano di rientro e si è disfatto di tutte le stelle per avere credibilità e permessi. È vero che il mondo stasera (ore 21, in Italia su Sky Sport 1) si collega con il Camp Nou, ma il resto di Spagna, la minoranza che non tifa né blaugrana né blanchi, si gira dall’altra parte. Non ne vuole sapere del Clasico. Resistenza passiva davanti alla sfida dell’anno. Difficile che il resto del pianeta, chi non è stritolato dallo strapotere di queste due e può permettersi di curiosare, resista al fascino della gara. Messi (13 gol in 10 partite) contro Cristiano Ronaldo (14 gol in 12 partite), catalani contro castigliani, i due migliori attacchi del momento, Guardiola a caccia della rivincita su Mourinho. Il Real è stato accolto a Barcellona con un lancio di oggetti, colpa di 100 radicali infuriati che hanno quasi sfasciato i vetri del pullman, ma Pep il filosofo vuole una clima diverso, chiede il silenzio. Stavolta non si lascerà condizionare dagli effetti speciali di Mou l’incantatore. La sconfitta con l’Inter nell’ultima Champions è diventata l’unica macchia nella sua carriera blaugrana, ha perso altre volte ma mai aveva detto prima «non ero io». Lì ha capito che era ora di finirla con Ibra, colpevole di stravolgergli gioco e idee, lì ha deciso di non farsi fregare dalle parole, di non ascoltare nessuno, neanche i vecchi amici. Allora Figo era riuscito a mandarlo in tilt, i due erano compagni di uscite e di chiacchiere, si scambiavano messaggi e opinioni fino a che Figo, il giocatore più detestato della Catalogna, ha attirato l’ex amico in un tranello. Un appuntamento in cui ha cercato di carpirgli la formazione. Conoscerla o no non faceva poi così tanta differenza solo che i filosofi sono sensibili e davanti alle imboscate si deprimono. Si riparte da quelle notte e si gioca a carte scoperte. Guardiola chiarisce: «Mi aspetto una partita identica a quella con l’Inter. Non ci nascondiamo, andiamo all’attacco» e Mourinho concede in pratica la formazione: «Titolari di sempre, io preferisco la Champions, questa partita non decide nulla». Guardiola contesta: «Non siamo in un dibattito parlamentare quindi non ha senso risponderci a vicenda, ma questa partita decide la Liga». Predizione facile visto che la Liga è di loro proprietà.