MAURIZIO MOLINARI, GLAUCO MAGGI, La Stampa 28/11/2010, pagina 4, 28 novembre 2010
"Eletto Ratzinger gli americani sono sotto choc" (2 articoli) - L’Amministrazione Bush fu colta di sorpresa dall’elezione di Joseph Ratzinger al soglio pontificio perché riteneva che avrebbe potuto prevalere un cardinale latinoamericano
"Eletto Ratzinger gli americani sono sotto choc" (2 articoli) - L’Amministrazione Bush fu colta di sorpresa dall’elezione di Joseph Ratzinger al soglio pontificio perché riteneva che avrebbe potuto prevalere un cardinale latinoamericano. Dopo la conclusione del Conclave, a Washington vi fu il timore di attriti sul secolarismo: questo si evince dai diciotto documenti del Dipartimento di Stato che sono stati ottenuti da La Stampa nel rispetto delle norme che regolano il «Freedom of Information Act». Ne pubblichiamo in queste pagine alcuni estratti. 14 maggio 2005 - L’identikit del successore L’elezione del nuovo Papa» è il titolo del documento di 7 pagine che il 14 aprile 2005 parte dall’ambasciata Usa presso la Santa Sede con destinazione la scrivania del Segretario di Stato, Condoleezza Rice. La classificazione è «Sensitive» perché nel sottocapitolo «profilo» si riassume l’identikit del personaggio che, secondo i diplomatici Usa, sarà eletto dal Conclave. «Il primo fattore è l’età, i cardinali cercheranno qualcuno non troppo giovane né troppo vecchio perché non vogliono avere presto un altro funerale e un altro conclave» ma «vogliono evitare anche un papato lungo come quello di Giovanni Paolo II» e inoltre «sarà una persona ragionevolmente in salute». L’altro elemento «è l’abilità linguistica» e dunque «indipendentemente se sarà italiano o meno» il nuovo Papa «deve saper parlare italiano» per «farsi comprendere bene dal gregge» visto che «l’italiano rimane la lingua di lavoro della burocrazia vaticana». Ma soprattutto conterà «l’origine geografica» perché «dopo un polacco è prevedibile che non verrà un cardinale dell’Europa Orientale, non sarà uno degli 11 americani perché cittadini dell’ultima superpotenza rimasta e non sarà un francese perché molti ricordano quanto i Papi francesi nel XIV secolo furono sospettati di essere influenzati dalla monarchia francese». Dunque la previsione contenuta nel paragrafo 12 è che «a godere di un considerabile vantaggio potrà essere un candidato dell’America Centrale o del Sud» anche per «il notevole numero di cattolici». Gli ultimi tre paragrafi si soffermano su altre caratteristiche considerate necessarie: «Dovrà avere un’esperienza pastorale per dimostrare le proprie qualità umane», «dovrà avere esperienza internazionale per affrontare le maggiori questioni della nostra era» e «dovrà essere un buon comunicatore, abile nell’uso dei nuovi media elettronici per trasmettere il messaggio della Chiesa in maniera chiara e potente». 19 aprile 2005- La previsione errata Il 19 aprile del 2005 è il giorno in cui Joseph Ratzinger viene eletto al soglio pontificio e il telegramma spedito da Roma a Washington con la firma «Hardt» oltre a contenere la notizia ammette la previsione errata fatta dalle fonti vaticane consultate dai diplomatici Usa. «Solo ieri Poloff (un «political officer», ndr) ha parlato con una fonte (il nome è censurato, ndr) che ironizzava sull’elezione di Ratzinger». Ma la frase seguente contiene dettagli sull’identità della medesima fonte: «Quando abbiamo visto Brown dopo l’apparizione del nuovo Papa dal balcone, l’americano era sotto shock e ci ha detto di essere rimasto senza parole». Il commento finale è: «Nonostante le speculazioni dei media sul sostegno a Ratzinger da parte di molti cardinali, la sua elezione è stata una sorpresa per molti». I diplomatici statunitensi dunque ammettono che non avevano creduto alle voci che davano Ratzinger favorito, credendo di più all’ipotesi di un candidato proveniente da un Paese in via di sviluppo. Nella pagina seguente Ratzinger viene comunque definito un «cardinale potente» con la reputazione di essere «il guardiano dell’ortodossia teologica». Ma «sebbene i media lo descrivono come un despota autocratico», in un incontro con lui un alto diplomatico Usa lo ha trovato «sorprendentemente umile, spirituale e facile da trattare». Le previsioni immediate si riassumono in tre espressioni: «Continuerà la rotta», «il focus sarà sull’Europa» e «forse sarà una figura di transizione». 22 aprile 2005 - «Un segnale di continuità» E’ il 22 aprile, Benedetto XVI ha appena riconfermato il cardinale Angelo Sodano come Segretario di Stato e l’ambasciata Usa in Vaticano plaude vedendovi un segnale di stabilità. «L’incarico è per cinque anni e indica il desiderio del nuovo Papa di preservare la continuità nei livelli più alti del governo» anche se «probabilmente farà cambiamenti nell’amministrazione, inclusa la nomina del suo sostituto come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede». 29 aprile 2005- I dubbi della Chiesa tedesca Il 29 aprile 2005 ad affrontare il tema delle conseguenze dell’elezione di Papa Ratzinger è una nota dell’ambasciata americana a Berlino firmata «Cloud» con il titolo «L’asse Roma-Colonia? La Germania e Benedetto XVI». L’intento è descrivere come «la Germania e il cattolicesimo tedesco hanno salutato l’elezione di Benedetto XVI con un misto di orgoglio, riserve e scetticismo». Per spiegare quest’ultimo aspetto si cita un «influente gesuita locale che ci ha detto che il conservatorismo di Ratzinger potrebbe non rivelarsi una caratteristica fondamentale del Papato, esprimendo l’auspicio di un suo ritorno alle posizioni riformiste delle origini». Il quarto paragrafo va più in profondità, riassumendo i dubbi: «Nel clero cattolico c’è scetticismo sulla possibilità che l’elezione di Ratzinger porti benefici di lungo termine alla Chiesa tedesca». A dimostrarlo c’è «quanto ci ha detto un membro dello staff della Conferenza episcopale» secondo il quale «i giovani, che sono oggi più conservatori dei genitori, se da un lato sono interessati alle critiche del nuovo Papa verso l’ordine sociale esistente» dall’altro «difficilmente possono condividere una moralità che riduce le libertà individuali di cui loro godono». In conclusione «è chiaro che la Chiesa cattolica tedesca, dalla quale Ratzinger è stato assente per oltre vent’anni, non avrà particolari privilegi e ruoli durante questo Papato» a causa di «conflitti passati» nonché della «preoccupazione che Roma possa cercare di esercitare più influenza sulla Germania» a causa di Ratzinger. A conferma di questo «alcuni leader laici ricordano come dopo il 1990 Ratzinger tentò di bloccare l’inclusione di un seminario risalente alla Germania Est nell’Università di Erfurt perché convinto che i legami finanziari, politici e istituzionali fra Chiesa e Stato in Germania indeboliscono l’indipendenza e l’autorità morale della Chiesa». 3 maggio 2005- Gli auguri con Condoleezza Il primo messaggio dell’amministrazione di George W. Bush a Benedetto XVI è una lettera personale del Segretario di Stato, Condoleezza Rice, che il Dipartimento di Stato recapita all’ambasciata degli Stati Uniti in Vaticano chiedendone la consegna «immediata», e spiegando che «non seguirà un originale firmato». Ecco il testo completo: «Sua Santità, desidero estenderle i più calorosi auguri per la Sua elezione a Supremo Pontefice della Chiesa Cattolica. La Santa Sede e gli Stati Uniti condividono molti valori, speranze e aspirazioni. Abbiamo in comune la missione di far avanzare la dignità umana nel mondo. Ricordo affettuosamente la nostra conversazione a pranzo durante la commemorazione del D-Day in Normandia lo scorso 6 giugno. Nel momento in cui Sua Santità assume la leadership della Chiesa Cattolica e della Curia Romana vedo con favore l’opportunità di continuare a lavorare con la Santa Sede per portare pace, libertà e opportunità a chi soffre e a chi è oppresso». 12 maggio 2005- «Farà prevalere l’identità europea» Per avere la prima analisi sulle prospettive del nuovo Papato bisogna arrivare al 12 maggio 2005. Il documento si intitola «Benedict XVI: Looking Ahead to the New Pontificate» e nelle sette pagine dattiloscritte si sofferma sulle «implicazioni della scelta compiuta dalla Santa Sede». «Sebbene i cardinali non possono discutere i dettagli del voto nel Conclave» ciò che emerge dalle conversazioni intercorse con i diplomatici di Washington è «continuità con il Papato di Giovanni Paolo II, ortodossia teologica e un Papa che non regnerà quanto il predecessore». A giocare a vantaggio di Ratzinger «è stato il fatto che in 23 anni di carriera ha incontrato letteralmente migliaia di vescovi e cardinali in tutto il mondo» e «molti hanno pensato non solo che lo conoscevano ma che lui era al corrente dei loro problemi ecclesiastici». A rafforzare il nuovo Papato c’è l’«assenza di un favorito fra i suoi concorrenti a causa delle divisioni fra Italia e America Latina» che hanno impedito «la materializzazione di un candidato del mondo in via di sviluppo». Ad aver avuto successo è stata la strategia dei sostenitori di Ratzinger basata sulla convinzione che «in tempo di crisi la Chiesa si rifugia nell’identità europea» come avvenuto in passato. Da qui lo scenario di un Papato «concentrato sull’Europa» e segnato «dalle critiche di Ratzinger all’adesione della Turchia all’Ue». Riguardo al resto del mondo: «Chi è vicino al nuovo Papa si aspetta un impegno battagliero contro il secolarismo negli Stati Uniti e in altre nazioni dell’Occidente, assieme alla dovuta attenzione per il mondo in via di sviluppo» e in particolare per l’America Latina in ragione «dei molti cattolici delusi» dalla mancata nomina di un cardinale sudamericano. MAURIZIO MOLINARI *** “Ma Bush era in piena sintonia con le idee di Benedetto XVI” domande a John Allen vaticanista Usa - Gli Usa non furono stupiti dalla elezione di Ratzinger, e il governo Bush non temeva contrasti sul tema del secolarismo. Lo dice John Allen, corrispondente dalla Santa Sede per la rivista «National Catholic Reporter», la voce americana più autorevole sul Vaticano: ha scritto due biografie di Ratzinger, nel 2000 quand’era ancora un cardinale e nel 2005 quando divenne papa Benedetto XVI. Una nota del Dipartimento di Stato del 19 aprile 2005, il giorno dell’elezione, escludeva che potesse essere scelto Ratzinger. Davvero il governo Bush fu sorpreso da quell’esito? «Sorpreso? Non direi proprio. Circolavano, come capita sempre, varie ipotesi: chi escludeva che potesse uscire Ratzinger perché troppo polarizzante, chi puntava su di lui perché era molto forte. Tra questi ultimi l’ambasciatore di Bush in Vaticano, Jim Nicholson. Eravamo su Air Force One per andare ai funerali di papa Giovanni Paolo II, con Bush figlio e Bush padre. C’era pure Bill Clinton, che chiese una previsione a Nicholson, il quale fece il nome di Ratzinger. Clinton la riferì a noi della stampa americana subito dopo». Il 12 maggio 2005, qualche settimana dopo l’elezione, da un’analisi dell’ambasciata Usa in Vaticano si ricava il timore di possibili attriti sul secolarismo. Come reagirono gli Usa all’avvento di papa Ratzinger? «Escludo il timore di contrasti sul secolarismo tra il governo Bush e il Vaticano. Era un fatto più europeo che americano. Negli Stati Uniti la maggioranza dei politici dell’epoca prevedeva che ci sarebbe stata una grande battaglia della Chiesa sui temi della vita, con l’Amministrazione Bush che si sentiva in perfetta sintonia con Ratzinger, entusiasta del suo avvento». Da due anni alla Casa Bianca c’è Obama. Come sono oggi i rapporti del governo Usa con il Vaticano? «Si stanno ancora studiando. Le premesse dall’elezione di Obama erano che, da una parte, la relazione sarebbe stata un disastro sui temi della vita e delle nozze dei gay, ma dall’altra la linea diplomatica vaticana sulla povertà, la giustizia sociale e le guerre si sposasse con quella del Presidente democratico. Non c’è stato il disastro sul primo e neppure la perfetta intesa sul secondo. Devono ancora capire fino a che punto possono fidarsi e procedere insieme». GLAUCO MAGGI