Giampiero Mughini, Libero 28/11/2010, 28 novembre 2010
LA DOLCE VITA DEL DOPOGUERRA IN MILLE LIBRI
Detto e ripetuto cento volte. Che dallo sfogliare e consultare un ricco catalogo di libri rari, perché da lungo tempo fuori commercio o perché in edizione originale (spesso l’unica), impari molto di più che non da un corso universitario centrato sull’argomento che fa da canovaccio di quel catalogo. È senz’altro il caso dell’imminente catalogo approntato negli anni da un giovane libraio romano, che noi tutti chiamiamo “Ardengo” dal nome della sua libreria non lontana da Campo dei Fiori (libri@ardengo.com).
Un tomone di oltre 1.600 titoli che ci sono voluti poco meno di dieci anni a trovarli, raccoglierli, catalogarli. Tutti libri e riviste e plaquette pubblicati a Roma dal 1940 al 1960, vent’anni che i romani passarono in parte a ripararsi dalle bombe alleate e più tardi, dopo la Liberazione del 1944, a ingegnarsi sul come mettere assieme il pranzo e la cena. Anni che a prima vista giudicheresti i meno adatti a far funzionare le tipografie e le librerie, se non addirittura le gallerie d’arte le più raffinate. E invece lo scenario che ricavi dalla lettura del catalogo di “Ardengo” (un nome che fa da omaggio ad Ardengo Soffici) è uno scenario sontuoso, da farti stropicciare gli occhi da quanto non credi a quello che stai vedendo.
Roma è allo stremo delle forze, le bombe alleate hanno devastato il quartiere di San Lorenzo, gli stivali nazi risuonano terrificanti sui “sanpietrini” delle strade, nelle abitazioni della gente media si muore di freddo e di fame, il pericolo di una bomba o di una raffica di mitra è a ogni angolo; ebbene niente di tutto questo che arresti il lavoro di mini-editori, di traduttori che importano per la prima volta in Italia romanzi stranieri che diverranno famosi vent’anni dopo, di scrittori che pubblicano a proprie spese e in poche centinaia di copie libri che a noi bibliofili del Terzo millennio fanno venire l’acquolina in bocca, gallerie d’arte che ospitano mostre che stanno scandendo la storia dell’arte italiana del Novecento.
È un mare magnum di opere, un inno alla lettura sempre e comunque, un film in cinemascope che racconta la Roma di quegli anni. Immaginate che cosa doveva essere la vita quotidiana nella primavera del 1944, il tempo dello sciagurato attentato di via Rasella e della belluina rappresaglia delle Ardeatine e prima che il 4 giugno arrivassero gli Alleati. Ebbene, in quel drammatico 1944, dalle tipografie romane escono libri come se piovesse. La brillantissima casa editrice Astrolabio (nel 1945 pubblicherà il primo libro di Giorgio Bassani, dopo quello che nel 1940 l’ebreo Bassani aveva dovuto firmare con lo pseudonimo di Giacomo
Marchi a causa delle leggi razziali) tira fuori il Dizionario filosofico di Voltaire e il Dizionario delle idee correnti di Gustave Flaubert, due capolavori destinati a parare le angosce del presente.
La casa editrice Atlantica, molto attenta ai temi e agli autori della politica, pubblica nientemeno che uno dei classici della letteratura socialista, La dittatura del proletariato di Karl Kaustski, libro che ritroverò più tardi nella biblioteca di mio nonno, iscritto al Pci fin dal 1941. La casa editrice Belardetti pubblica in una veste editoriale molto elegante una traduzione del capolavoro di Daniel Defoe, La vita e le avventure di Robinson Crusoe. Le Edizioni della Bussola si cimentano con unatraduzionedellePasseggiateromane
di Stendhal, arricchita da una prefazione del grande francesista Pietro Paolo Trompeo. Grappoli di grandi romanzi dellaletteraturacontemporaneatradotti nelle edizioni Campitelli, Capriotti e De Carlo, il cui catalogo è in quegli anni ricchissimo di novità. L’Usi e costumi 19201940 di Irene Brin edito da De Luigi, e ce ne voleva di ardire per pubblicare nel 1944 una tale apologia della squisitezza formale e dell’eleganza.
E quanto ai libri che portano il marchio Documento, ossia di quel Federigo Valli che è stato uno dei più grandi editori italiani del ’900, che dire di un libro mirabolante pubblicato in 105 copie nell’aprile 1944, ossia gli Stratagemmi d’amore, quattro novelle galanti quattro-
centesche di Gentile Sermini, adornate da quattro acqueforti numerate e firmate di Alberto Savinio, le uniche da lui fatte nella sua vita e i cui rami vennero biffati dopo la stampa? “Ardengo” chiede 15mila euro. Difficile dargli torto.
Nella Roma tra fine anni Quaranta e primi anni Cinquanta ci sono grandi personaggi, grandi incontri, grandi avventure intellettuali. In quella Roma debutta Bassani. Nella sua casa-museo di via Giulia vive Mario Praz. Arriva un poeta dialettale friulano di nome Pier Paolo Pasolini. Esercita il suo apostolato culturale Emilio Villa. Vengono appesi alle pareti delle gallerie d’arte i primi e travolgenti quadri non figurativi di Emilio Burri. E di tutto questo ci sono tracce a iosa
nel catalogo di cui sto raccontando. A Roma c’è Cinecittà, punto di partenza di quella che sta per diventare “Hollywood sul Tevere”, la capitale del cinema mondiale; la fucina editoriale del Pci che ha nome Editori Riuniti e che ne sforna molti di libri e libriccini a esaltare il paradiso sovietico; la redazione romana della casa editrice Einaudi dalla quale promanano i primi libri einaudiani del dopoguerra (ad esempio il celeberrimo Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, 1945); la libreria Al Ferro di Cavallo che Agnese De Donato s’è inventata a via Ripetta e dove vengono presentati gli artisti di punta della nuova avanguardia italiana; la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e le sue bellissime mostre d’arte contemporanea di cui Palma Bucarelli è l’irradiante regina; e i primi cataloghi, a partire dal 1954, delle mostre organizzate da Plinio De Martiis nella sua leggendaria Galleria La Tartaruga, quella che fa tutt’uno con la storia artistica romana del dopoguerra.
In quella Roma vengono pubblicati libri che da soli raccontano una storia. Il più grande critico letterario italiano del secolo, Giacomo De Benedetti, s’era visto stoppare il secondo volume dei suoi Saggi critici, già pronto nel 1938, e questo perché le leggi razziali impedivano la pubblicazione di libri firmati da ebrei. Lo pubblicano nel 1945 a Roma le Edizioni del Secolo, un libro prezioso che “Ardengo” offre a 78 euro. Nella Roma degli anni Cinquanta arrivava di tanto in tanto un debuttante scrittore siciliano che veniva accolto e ospitato da un poeta dialettale romano suo amico, Mario Dell’Arco, il quale gli fa da tramite con un editore romano, Bardi. E con la sigla Bardi Sciascia pubblica il suo secondo e rarissimo libro, un volumetto di poesie dal titolo La Sicilia, il suo cuore. Il suo cuore arricchito da disegni di Emilio Greco. “Ardengo” chiede la bellezza di 1200 euro.
Così com’è notorio che il pittore Giorgio De Chirico ci tenesse immensamente a quel suo romanzo pregno di umori surrealisti che aveva pubblicato in francese a Parigi nel 1929, Hebdomeros. Ci tiene tanto che nel 1942 riesce a farne pubblicare la traduzione italiana da Bompiani. Solo che a metà degli anni Cinquanta copie di quell’edizione non se ne trovavano più e poi c’è che nel maggio 1952 era morto Alberto Savinio, quello che De Chirico chiamava «il mio valoroso fratello» e da quel giorno mai più De Chirico dismetterà la cravatta nera in segno di lutto. Nel 1957 De Chirico prende due piccioni con una fava. Si riedita a proprie spese il romanzo cui teneva così tanto e lo dedica «alla sacra memoria di mio fratello Alberto Savinio». Ovvio che c’è anche questo libro nel catalogo romano. Buona lettura.