Luca Miele, Avvenire 28/11/2010, 28 novembre 2010
CINA EXPRESS PICHINO-LONDRA IN DUE GIORNI
Nell’Ottocento fu il volano del poderoso (e ’sbuffante’) sviluppo economico americano. Talmente bruciante – nel 1840 si contavano 4.500 chilometri di binari, dieci anni più tardi oltre 15mila – da permeare di sé l’immaginario a stelle e strisce: il sibilo del treno riecheggia prepotente nella letteratura, nel cinema e nella canzone americana. A distanza di due secoli, tutti i primati americani stanno per essere polverizzati. Dalla Cina, neanche e a dirlo. Il Dragone sembra instancabile nel ’sequestrare’ l’ultima frontiera del trasporto ferroviario. I numeri non lasciano dubbi. L’alta velocità, secondo i dati forniti dal People’s Daily, supererà quota 13mila chilometri nel 2013. I chilometri balzeranno a 16mila entro il 2020. Il governo, ricorda il Financial Times, ha stanziato oltre 100 miliardi di dollari all’anno, per i prossimi cinque anni, per raggiungere l’obiettivo. Ma non basta: Pechino arriva a sfidare l’impensato. Potrebbe diventare realtà un collegamento che fino a ieri sembrava fantascientifico: il treno Pechino-Londra, capace di coprire – come annunciato dalle autorità di Pechino – la distanza in appena due giorni. Wang Mengshu, membro della Chinese Academy of Engineering, nonché consulente anziano del progetto alta-velocità cinese, non si è risparmiato i toni trionfalistici: «Puntiamo ad avere dei treni che vadano veloci quasi quanto gli aerei», ha spiegato al Daily Telegraph. In che modo Pechino, che si è data dieci anni di tempo per realizzare il progetto, intende ’giocare’ la sua scommessa? I piani del Dragone prevedono la costruzione di tre immensi corridoi, capaci di annodare Londra e Pechino (e quest’ultima con Singapore), riunendo così in un unico gigantesco network ben 17 Paesi. La prima direttrice correrà tra Kunming, in Cina, e Singapore (Asia del sud); la seconda unirà Urumqi nel nord ovest della Cina e la Germania (Asia centrale), agganciando così la rete ferroviaria europea e arrivando fino a Londra; la terza congiungerà Heilongjiang nel nordest della Cina con l’Europa del sudest, attraverso la Russia. I binari, lungo i quali Pechino insegue un ’sogno’ da 480 miliardi di dollari, sono due: l’estensione della rete e la velocità. Il treno più veloce al mondo, come spiega la rivista Technology Review, corre lungo la linea di 968 chilometri che congiunge la città di Wuhan, nel cuore della Cina centrale, a Guangzhou, situata sulla costa sudorientale del Paese. La locomotiva è capace di toccare la vertiginosa velocità di 394 chilometri orari. Ma anche questo record rischia presto di essere messo in soffitta. Il treno ’proiettile’, come lo chiama il China Daily, che al momento è solo sperimentale, ha infatti toccato i 416,6 chilometri orari, correndo tra le città di Hangzhou e Hongqiao. Per Keith Dierkx, direttore del Global rail innovation Center, bisogna arrendersi all’evidenza: «Pechino avrà tra cinque anni più alta velocità che tutto il resto del mondo assieme». Il Dragone punta anche a conquistare nuovi mercati, confermando così l’eccellenza dei suoi prodotti. E piazza locomotori in Kazakhstan, Uzbekistan, Singapore e Turchia. Gli ordini da evadere sono schizzati a quota 500 milioni di dollari. Persino la California ha manifestato, per bocca del governatore Arnold Schwarzenegger, un forte interesse per i treni cinesi: la regione Usa ha dato i permessi per la costruzione di una linea di alta velocità che congiungerà Los Angeles e San Francisco entro il 2020.
Se questi sono le forze e i progetti messi in campo, qual è l’obiettivo a lungo termine perseguito dal Dragone?
Secondo l’analista Roman Muzalevsky, Pechino vuole creare un vero e proprio network ferroviario che stringa Asia e Europa in una unica trama, attraverso il corridoio dell’Asia centrale. L’immensa ragnatela ferroviaria, si legge su AsiaTimes , è pensata come uno strumento per collegare i mercati asiatici ed europei, un modo per la Cina di garantirsi le ingenti risorse energetiche dell’Asia centrale. Al tempo stesso, Pechino punta a sviluppare le regioni occidentali del Paese, fino a oggi solo lambite dal tumultuoso sviluppo economico. L’intento dunque è geopolitico. Pechino sogna di saldare l’Europa all’Asia, precipitandola nell’orbita cinese e allo stesso tempo ’occupare’ economicamente l’Asia centrale. Una regione chiave per i futuri equilibri continentali, sia per la sua posizione cuscinetto verso la Russia che per le immense ricchezze naturali che custodisce. Ricchezze che fanno gola a molti. Ma l’esito della partita è tutt’altro che scontato se è vero come, scrive il Cesi – il Centro Studi Internazionali – che si tratta di «un’area fortemente infiltrata dal fondamentalismo islamico, crocevia di commercio illegale di armi, rotta principale del narcotraffico mondiale». I cinesi sono già al lavoro. E il metodo sembra funzionare. Un esempio su tutti. Il commercio tra Cina e Turkmenistan (una delle repubbliche dell’Asia centrale nate dalla disintegrazione dell’Unione sovietica) è cresciuto di ben 40 volte dal 2000 a oggi. Ben 35 imprese lavorano in Turkmenistan con capitale cinese, aziende del Dragone sono attive in settori chiave dell’economia turkmena, dall’estrazione di petrolio e gas alle telecomunicazioni, passando per l’industria dei trasporti, del tessile e della chimica. Pechino, com’è noto, ha una fame – disperata – di energia. Il capo economista della International Energy Agency (Iea), Fatih Birol, ha fatto sapere che la Cina ha superato gli Stati Uniti come primo consumatore al mondo di energia. Secondo le proiezioni più recenti del U.S. Department of Energy (DoE), il consumo energetico cinese crescerà del 133% tra il 2007 e il 2035. Trovare tanto petrolio, gas naturale e combustibili capaci di saziare questa fame energetica è senza dubbio la più grande sfida economica che Pechino dovrà affrontare per sopravvivere. Una sfida che trascinerà con sé inevitabilmente attriti e conflitti, ma che rivela le ambizioni di Pechino.
Come ha infatti ’profetizzato’ la Chinese Academy of Social Sciences, la Cina sarà entro il 2025 la seconda potenza mondiale dopo gli Usa e la prima economia al mondo entro il 2030, quando sorpasserà proprio gli Stati Uniti. Allacciandosi all’Asia centrale, il Dragone, si legge su Eurasia, «riuscirebbe a ridurre la propria dipendenza dagli approvvigionamenti via mare, che dall’Africa e dal Golfo devono attraversare tutto l’Oceano Indiano e passare dalla delicata strettoia di Singapore».