Matteo Liut, Avvenire 28/11/2010, 28 novembre 2010
FALETTI: «IL LIBRO DI CARTA È ANCORA UNO STRUMENTO PERFETTO»
Il suo primo romanzo ha venduto 4 milioni di copie solo in Italia. Però lui, con il suo fare ironico, ma ben piantato per terra, da buon astigiano, non «se la tira troppo». E affronta con lo stesso occhio attento e distaccato anche la sfida di vedere le proprie pagine vendute in formato elettronico. Giorgio Faletti, d’altra parte, confessa di avere un rapporto pessimo con la tecnologia digitale, anche se ammette che gli è molto utile nella scrittura. Che ne pensa della crescita del mercato degli ebook?
«Sono convinto che il futuro nell’editoria potrà essere quello. Ma è un futuro che vedranno i miei eredi. Per il momento ritengo ancora il libro cartaceo uno strumento tecnologicamente perfetto e in quanto tale insuperabile. L’ebook sicuramente ha i suoi vantaggi, ma in determinate situazioni è più comodo il libro; che, ad esempio, non ha bisogno di caricabatterie. Ritengo, insomma, che il libro – se ha resistito finora – tecnologicamente sia ancora all’avanguardia. È vero che magari con l’ebook arrivo in spiaggia e posso leggere senza il problema del vento che mi gira le pagine, però è anche vero che devo portarmi in giro una cosa che ha il suo peso, che dovrà essere ricaricata, che se ti cade per terra si rompe, che se si bagna salta. Il libro di carta, invece, se ti cade per terra lo tiri su e continui a leggerlo».
Ma come scrittore non pensa che l’ebook possa avvicinare più lettori ai suoi libri?
«Io scrivo perché mi piace scrivere e spero che quante più persone possibili leggano i miei libri, il fatto che lo facciano su un libro cartaceo o su un ebook mi va bene lo stesso, dal mio punto di vista la gratificazione è la stessa. Penso comunque che, allo stato attuale delle cose, il libro cartaceo sia ancora in netto vantaggio. E il mio non è un ragionamento da vecchio nostalgico che dice ’ai miei tempi’, anche se ho appena compiuto 60 anni; penso solo di essere realista».
E vive ancora forte il fascino della carta...
«Con un libro cartaceo c’è anche un rapporto un po’ fisico; un libro può essere un oggetto d’arte, una cosa cara che vuoi conservare. Io ad esempio ho uno scaffale intero dedicato a tutte le edizioni straniere dei miei libri e non sarebbe possibile una cosa del genere, affettivamente emotiva, se io avessi pubblicato solo ebook. È un po’ come quando è arrivato il cd, che ha portato una rivoluzione nel formato e ha migliorato di sicuro la qualità dell’audio; ma il fascino del disco in vinile, con quelle copertine che alle volte erano vere opere d’arte, si è perso. Il disco, per quelli della mia età, era una specie di santino. Ancora oggi, ad esempio, non mi piace avere un disco ’piratato’, preferisco avere una cosa che è mia e che corrisponde a determinati canoni.
Un lettore mi ha confessato che quando esce un mio libro se ne fa autografare una copia, ne compra un’altra da leggere e la prima la mette via. Queste sono cose bellissime per un autore: non so come si potrà in futuro autografare un ebook».
Con la firma digitale...
«Sì forse anche con la firma digitale. A parte tutto, però, l’ebook mi pare uno strumento un po’ meccanico, molto freddo. Ad esempio, esistono strumenti elettronici che ’umanizzano’ la freddezza della musica digitale e riproducono quel suono caldo che aveva il vinile. Posso immaginare che in futuro ci potranno essere ebook che riproducono la fisicità delle pagine di carta. In ogni caso non mi pongo più di tanto il problema. Per me il computer è una sofisticata macchina da scrivere».
Però anche i suoi libri nascono in formato elettronico, su un computer.
«Sì certo, scrivo al computer; però per correggere stampo su carta e rileggo ad alta voce. Ascoltando la voce è più facile accorgersi di quello che non funziona. Comunque mi sento di certo avvantaggiato dall’utilizzo del computer, perché con la videoscrittura ho la possibilità di prendere, spostare, appuntare e avere soprattutto una pagina sempre pulita. Non so come farei con una macchina da scrivere, anche se c’è chi la utilizza ancora».
Come immagina allora i suoi lettori nell’era digitale?
«Il mio lettore lo immagino con un sorriso sulle labbra, al di là di quello che ha in mano, se un ebook o un libro di carta. Lo immagino, insomma, talmente preso dalla lettura che magari gli trabocca il latte sul fuoco o gli si brucia l’arrosto, oppure dimentica di scendere dalla metropolitana. Anche se, certo, un po’ mi dispiace per il latte o per l’arrosto».