Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 27 Sabato calendario

«CHE FATICACCIA COMBATTERE LA BATTAGLIA DELLE NANO-TV» — «I

numeri non sono mai stati il mio forte», si schermisce Piero Chiambretti mentre scarabocchia un foglio già denso di appunti. La scrivania del suo studio è quasi sgombra e sul bianco del legno spicca un porta iPad di tweed verde molto dandy: «Eh, visto che roba?», sorride divertito il conduttore. Si è appena chiusa la prima fase della terza edizione del «Chiambretti Night». La prima su Canale 5. Il passaggio da Italia 1 (a settembre) è stato inizialmente un po’ faticoso. Poi però il temuto giro di boa è riuscito. Si riparte a gennaio, è tempo di bilanci... «La tv è cambiata e qualcuno non l’ha capito. Il digitale ha messo in crisi i teleutenti e chi fa la tv. Ora anche la fantomatica casalinga di Voghera, che ormai è morta e c’è la nipote, sa che i canali si sono moltiplicati. Oltre che contro i soliti noti, si combatte anche contro i nano share: singolarmente sono meno di una cabina telefonica ma insieme diventano dei giganti». È una rivoluzione tecnologica... «Di cui non capiamo il motivo se non fare arricchire chi produce decoder e tv. E di fatto prima si vinceva una seconda serata con il 25% di share, oggi si è degli eroi se si fa il 13%». L’ha presa male... «Sì, ma il nostro risultato è stato soddisfacente: è la prima volta che un programma di seconda, in realtà terza serata, di varietà va su Canale 5. Aver vinto molte serate dimostra che il pubblico di Canale 5 era pronto per noi. O noi per loro. Abbiamo triplicato le teste che vantavamo su Italia 1. Siamo stati stabilmente sopra il milione di spettatori: vista l’ora un esercito».
L’ospite che ha amato di più?
«Rutger Hauer. Ma quella puntata che tanto piacque ai cinéphiles fece un risultato sotto la media di rete: fu fallimentare eppure, per noi che l’abbiamo fatta, una delle migliori». Questo cosa vuole dire? «Che non sempre quello che piace a te piace al pubblico e viceversa. La mediazione tra i due gusti è il successo di un programma». Cosa non le è piaciuto di questi mesi? «Una certa stampa di sinistra ha criticato il programma per la collocazione politica, che non ha, se non di essere a Mediaset. Non si capisce perché non succeda con gli altri 300 programmi Rai prodotti dalla lottizzazione del centrosinistra ma molto centrodestra: Raidue è in quota Lega e molti programmi sono Endemol. Trovo limitativo essere valutati per la toponomastica televisiva».
Ma le critiche non sono forse legate a lei, al suo passato?
«Mi sposto e cambio secondo gli umori che sento di dover trasmettere. Non ho motivo oggi per pensare di stare in Rai né altrove. Il format dei miei programmi sono sempre stato io. Ma in Italia si perdona tutto tranne che il successo». Come mai avete pochi ospiti politici? «Non per scelta. Perché non vengono». Letizia Moratti è venuta... «Ma era in campagna elettorale. Abbiamo invitato anche Bersani nella tana del lupo: oltre a non avere avuto lui non abbiamo avuto nemmeno la cortese risposta del suo ufficio stampa o del suo portaborse». Snobbato dalla sinistra? «Gli uomini della destra in termini di comunicazione vanno più forte. Non vuole dire che la politica della destra sia meglio di quella della sinistra... sempre che la politica della sinistra esista. La verità è che i politici di razza sono pochissimi e preferiscono andare dove sono protetti. Dove possono fare il loro discorsetto evitando rischi». Non vogliono si ironizzi su di loro? «Se non vengono qualche motivo ci sarà. Noi nel tempo li abbiamo invitati. Non siamo la voce del padrone. Abbiamo fatto spesso puntate che mettevano in gioco l’autorevolezza del governo».
Come quando in pieno scandalo Ruby portò in studio il plastico del castello di Arcore...
«Quella ma anche altre puntate sulle battute più o meno riuscite del cavaliere su gay e donne. In passato abbiamo trattato il caso Mentana più delle tv dalla lingua lunga e dalla libertà certa». Se ne è dispiaciuto Pier Silvio Berlusconi? «Mi ha dato carta bianca che credo di aver usato nel mondo migliore». Vorrebbe aprire alla politica? «Come la intendono i programmi di approfondimento sarebbe fare del gossip: tutti, da "Matrix" a Santoro, da "Ballarò" a Vespa, i grandi ascolti li hanno fatti sul gossip. Se usciamo dalla chiacchiera gli italiani mi sembrano molto stanchi e delusi. In tv la politica tout court ha fatto il suo tempo».
Perché i politici evitano lei ma vanno per esempio da Fabio Fazio?
«Fazio è un ottimo p.r., dovrebbe lavorare in un grande albergo».
Le sue trasmissioni sono considerate culturali e non intrattenimento...
«Angelo Gugliemi diceva che in tv tutto è cultura tranne la cultura. Non capisco la differenza tra un programma culturale e uno di intrattenimento laddove conservi interviste, argomenti, citazioni, materiali e opinioni che tracimano in una forma di cultura. Da autore dico che è più facile fare un programma culturale che di intrattenimento. Ma ci sono altri che puntano attraverso le marchette senza k a una cultura spicciola che poi deve essere surrogata dall’intervento di comici che aiutano ad alzare una media di ascolti che diversamente non giustificherebbe l’esistenza del programma». Allude solo a Fazio? «A tanti. I surrogati sono un meccanismo molto furbo per tenere capra e cavoli alla stessa tavola».
Ma diversamente la cultura nella nostra tv sopravvivrebbe?
«Non ho mai considerato la nicchia un alibi: la tv la si fa per un certo numero di persone. Non dico non debbano esserci spazi espressamente culturali ma forse più che prime e seconde serate ci si dovrebbe dedicare ai canali tematici».
Chiara Maffioletti