Carola Frediani, Corriere della Sera 27/11/2010, 27 novembre 2010
LA CHIAVETTA USB FATTA DI MAIS. IL FUTURO RICICLATO DELL’HI-TECH
Per anni i gadget hi-tech sono stati sinonimo di plastiche luccicanti ma anche molto nocive. L’idea di utilizzare per la loro produzione materiali riciclati o naturali faceva inorridire i designer. Ma l’onda verde che sta sommergendo economia e società ha spazzato via i vecchi pregiudizi. E ora sfoggiare la scocca di un telefonino fatta di bottiglie usate o il rivestimento del computer derivato da vegetali costituisce un vanto per molte aziende. Da un lato l’obiettivo è recuperare materiali già usati nel ciclo produttivo, dall’altro si cerca di ridurre la produzione complessiva di CO2. Con un occhio attento anche alle eco-mode.
Negli ultimi anni una delle aziende più attive nel realizzare telefonini «riciclati» è stata Samsung. Prima ha commercializzato il Blue Earth, con pannello solare sul retro e composto di plastica proveniente da bottiglie dell’acqua. Poi ha proseguito con il modello Reclaim, fatto prevalentemente con materiali ricavati dal mais. Infine, questo novembre, la casa coreana ha lanciato il cellulare Evergreen: costruito per il 70% con plastica rigenerata, viene consegnato in una confezione di carta riciclata e con scritte fatte di inchiostro proveniente dalla soia. Abolito per ragioni ecologiche il manuale cartaceo, le istruzioni sono solo in versione digitale. Ma soprattutto l’intero telefonino è riciclabile al cento per cento.
Anche Sony Ericsson ha imboccato con decisione la strada eco con il progetto «GreenHeart» che punta a integrare le istanze ambientali in un’intera linea di telefonini. Modelli come l’Elm, l’Hazel o l’Aspen sono costruiti in parte con plastica riciclata e priva di sostanze tossiche. Anche per loro il packaging è minimalista, ecologico e usa inchiostri naturali. In Italia in questi giorni ha debuttato anche il nuovo cellulare verde di Poste Mobile. Si chiama PM1005 e sul retro monta un pannello solare per ricavare energia pulita, la scocca utilizza materiali riciclati al 75% e lo stesso vale per la confezione. Rivestimento riciclato, anche se in metallo e bioplastica, anche per un altro telefonino che ha appena esordito sugli scaffali italiani, il C6-01 di Nokia.
Ma la ricerca di materiali alternativi nella produzione hi-tech non riguarda solo i cellulari. Qualche mese fa Sony ha lanciato un netbook promosso come ecologico, il Vaio W: l’80% delle parti in plastica è realizzato con i dvd e i cd restituiti al produttore. Ridotti anche l’imballaggio e l’utilizzo di carta, mentre la borsa porta-computer è prodotta da bottiglie in Pet riciclato. Più spettacolare, ma non sempre più ecologica, la scelta di Asus che già da qualche tempo produce una serie di notebook ricoperti di bambù. Ma l’uso di vernici non naturali e la presenza di derivati dal petrolio limitano le ambizioni verdi del produttore taiwanese. Più facile avere l’eco-coscienza a posto quando di tratta di piccoli gadget. Come gli auricolari in legno — proveniente da foreste certificate — della Thinksound Wood, che ha anche abolito il Pvc nei cavi. O le memorie Usb della Atp, fatte con plastica biodegradabile ricavata dal mais, che garantiscono comunque una durata decennale e sono resistenti all’acqua. Ma ad andare molto più vicini alla radice del problema sono stati alcuni studenti delle università di Stanford negli Stati Uniti e Aalto in Finlandia che hanno realizzato il laptop Bloom, costituito da componenti modulari che possono essere separati e riciclati in un batter d’occhio. Ci vogliono solo due minuti e dieci mosse per smontarlo e i singoli pezzi sono facilmente raggruppabili in base alla raccolta differenziata: plastica, metalli, circuiti. Inoltre il modo in cui è progettato rende più semplice sostituire dei pezzi rotti o aggiornare alcune parti. A dimostrazione che per essere ecologici non è sempre necessario ricoprirsi di sughero.
Carola Frediani