Guido Olimpio, Corriere della Sera 27/11/2010, 27 novembre 2010
I SEGRETI DI WIKILEAKS, ARMA A DOPPIO TAGLIO —
Si chiama Net-Centric Diplomacy e l’hanno creata dopo l’11 settembre per favorire lo scambio di informazioni tra le diverse agenzie federali statunitensi. Un network via Internet dove confluiscono informazioni di natura militare e diplomatica. Una rete alla quale possono accedere solo persone dotate di uno speciale permesso. Il soldato Bradley Manning aveva la parola chiave per aprire il Sesamo dei segreti. E una volta dentro si è impossessato di milioni di files, da quelli sulla guerra in Afghanistan ai cablo delle ambasciate. Materiale poi girato a Wikileaks di Julian Assange che lo ha messo a disposizione di tutti.
Se è andata davvero così si spiega come sia stato possibile violare il segreto dei segreti con una catena di rivelazioni che — come dicono quelli di Wikileaks — possono riscrivere la storia e presentare un mondo diverso. Una sfida resa più facile dalla tecnologia. L’America è la terra del database. Un’archiviazione giustificata con le esigenze di sicurezza ma che è sfuggita di mano. E, in questo caso, ha agevolato la missione di Bradley Manning.
Accettato che il soldato ha usato il grimaldello, resta da capire quali siano le intenzioni della mente, Julian Assange. Il fondatore di Wikileaks ritiene che questa sia una vera operazione di trasparenza. E’ davvero la rivoluzione. Ma come abbiamo ricordato in passato è un sommovimento parziale. Per essere completo deve riguardare non solo i Paesi dell’Occidente. La trasparenza deve essere uguale per tutti. Se emergono i dossier di Washington, Roma e Parigi, è giusto cercare quelli di Pechino, Mosca e Teheran. Forse questa volta — dai cablo del Dipartimento di Stato — scopriremo qualcosa di interessante sulla Russia o il Pakistan. Ma serve un lavoro di scavo più profondo. Sempre che sia possibile. Beffardo il commento del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov: «Se da loro (gli Usa, ndr) i documenti vengono rubati da noi queste cose non succedono». Sarebbe interessante che qualcuno provasse a smentirlo. Non solo per un «equilibrio delle rivelazioni», ma anche per tenere sulla corda poteri che calpestano stampa e opinione pubblica.
Rispetto ai diari di guerra, le conseguenze del nuovo scoop possono essere ben più devastanti. Sono un’arma a doppio taglio. Il primo colpisce le relazioni tra Stati facendo emergere valutazioni che spesso rimangono nascoste. Tutti sanno che Washington non si fida del Pakistan, ma vederlo messo nero su bianco ha un altro effetto. E cosa dire di eventuali giudizi espressi da un ambasciatore nei confronti del Paese ospite. Quel diplomatico potrebbe essere considerato «persona non grata» e cacciato. Altro scenario: l’inviato incontra l’avversario di una dittatura. Cosa accade a quest’ultimo? In nome della trasparenza si svela l’inconfessabile ma al tempo stesso si espone il dissidente ad una ritorsione. Allora Wikileaks dovrebbe selezionare i documenti? E chi si assume il ruolo di giudice? Davanti alle provocazioni della Corea del Nord dobbiamo raccontare quello che l’Ovest intende fare? La diplomazia segreta ha portato a guerre ma le ha anche evitate. La ragion di Stato non sempre è negativa.
Il secondo taglio incide sulle situazioni interne dei Paesi. Un governo chiamato in causa può cercare di limitare i danni ma deve, nel frattempo, salvaguardare la sua dignità nazionale. O reagire in modo scomposto temendo patenti e voti. Un’opposizione può usare il materiale per la sua agenda politica. Un regime se ne serve per regolare i conti. L’uomo della strada entra in possesso di carte che lo aiutano a capire. Se non tutta la verità, almeno una parte. E non è poco. Le incursioni di Wikileaks, forse, costringeranno i governanti a essere più virtuosi o quantomeno attenti. Se poi renderanno il mondo migliore lo capiremo più avanti.
Guido Olimpio