Maurizio Caprara, Corriere della Sera 27/11/2010, 27 novembre 2010
DAI RAPITI IN AFGHANISTAN AI RAPPORTI CON PUTIN. LE RIVELAZIONI SULL’ITALIA
Ecco alcuni degli argomenti trattati in una parte delle comunicazioni tra Washington e l’ambasciata Usa a Roma in procinto di esser e svelati dal sito Internet http://wikileaks.org/.
L’attività dei militari e dei servizi segreti italiani in Afghanistan. I negoziati voluti dal governo di Prodi per ottenere il rilascio di Daniele Mastrogiacomo, rapito nel 2007 dai talebani. I contatti tra il governo Berlusconi e lo Stato di Vladimir Putin durante l’offensiva russa in Georgia del 2008. La figura dell’attuale presidente del Consiglio, capo di una coalizione ieri preoccupata nella quale uno dei membri del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, Gaetano Quagliariello, ha messo in guardia da un «rischio di un voyeurismo teso a destabilizzare il rapporto tra Italia e Stati Uniti».
L’attività dei militari e dei servizi segreti italiani in Afghanistan. I negoziati voluti dal governo di Romano Prodi per ottenere il rilascio di Daniele Mastrogiacomo, rapito nel 2007 dai talebani. I contatti tra il governo di Silvio Berlusconi e lo Stato di Vladimir Putin durante l’offensiva russa in Georgia del 2008. Finmeccanica, la principale azienda italiana nel settore della Difesa. La figura dell’attuale presidente del Consiglio, capo di una coalizione ieri preoccupata nella quale uno dei membri del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, Gaetano Quagliariello, ha messo in guardia da un «rischio di un voyeurismo teso a destabilizzare il rapporto tra Italia e Stati Uniti».
Sarebbero questi alcuni degli argomenti più delicati trattati in una parte delle comunicazioni tra Washington e l’ambasciata americana a Roma in procinto di essere svelati dal sito Internet http://wikileaks.org/, presto foce in grado di esporre alla luce un fiume di messaggi classificati tra Dipartimento di Stato e sedi diplomatiche americane sparse nel mondo. Un fiume che già turba diplomazie e governi, alleati e amici.
Al riparo dal segreto si comunica con maggiore sincerità, e se la copertura della riservatezza cade l’imbarazzo può anche bruciare. Che i sismografi delle relazioni bilaterali con gli Usa si sarebbero trovati sotto stress il governo italiano lo ha capito almeno da lunedì scorso, quando Franco Frattini ha cominciato un viaggio tra Israele e Territori palestinesi con telefonate da Roma poco ordinarie. Il numero due dell’ambasciata americana a Roma, il ministro consigliere Douglas Hengel, ha preso contatti con i livelli più alti del ministero degli Esteri. Ha fatto sapere che tra i milioni di pagine di messaggi finiti nelle mani di chi cura il sito adesso più detestato dall’Amministrazione americana non mancano rapporti sull’Italia.
Una parte di una grossa grana, una grana globalizzata dell’era informatica, che al Dipartimento di Stato risulta tra le incombenze in evidenza su parecchie scrivanie, da quella del segretario Hillary Clinton in giù. La direttiva di Washington è: rassicurare i governi che leggeranno affermazioni e rivelazioni sconvenienti, disinnescare preventivamente le esplosioni di clamore attese sui mezzi di informazione. I documenti riguarderebbero gli ultimi dieci anni, dunque le Amministrazioni di George W. Bush e Barack Obama. A Mosca si percepisce fastidio. Serghei Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha commentato sarcastico sugli americani: «Se da loro i documenti segreti vengono rubati, da noi invece queste cose non succedono». Pronostici ieri incontrollabili prevedono tempeste con la Turchia, ci sarebbero accuse di suoi appoggi ad Al Qaeda in Iraq, mentre gli Usa avrebbero aiutato i guerriglieri curdi del Pkk. I presidenti afghano Hamid Karzai e pachistano Asif Ali Zardari, il premier israeliano Bibi Netanyahu avrebbero motivo di risentirsi. I file riguarderebbero anche Gran Bretagna, Danimarca, Canada, Australia.
Gli Stati Uniti hanno fatto sapere al governo italiano che da Wikileaks potrebbe venir fuori qualcosa di « uncomfortable », scomodo. Il ministro degli Esteri Frattini è stato contattato da William J. Burns, il sottosegretario di Hillary Clinton per gli Affari politici, che gli ha anticipato come intende muoversi l’Amministrazione americana: si appresta a dichiarare di non voler commentare il contenuto di documenti sottratti con un reato per il quale è in corso un processo ed è stato eseguito un arresto. Dal governo italiano partirebbe una dichiarazione analoga.
Le carte cruciali sull’Italia avrebbero date tra inizio 2006 e estate 2009. Ci sarebbero rapporti dell’ex ambasciatore statunitense a Roma Ronald Spogli, i documenti parlerebbero degli ultimi governi Prodi e Berlusconi.
Pima che i suoi funzionari passino nei prossimi giorni ore a cercarli sui computer o su Der Spiegel e sul New York Times, due delle testate scelte dal sito corsaro e rivelatore, la Farnesina ha sentito l’esigenza di attestare preventivamente che i legami con gli Usa sono solidi e «non possono essere scalfiti dai messaggi di Wikileaks». Frattini ha definito i rapporti destinati a pubblicazione «documenti di scenario», ma ha anche sostenuto in Consiglio dei ministri che a suo avviso sono in atto «strategie dirette a colpire l’immagine dell’Italia sulla scena internazionale». Un allarme pesante. Ricorda qualche allusione a manovre estere alla quale Bettino Craxi ricorse nelle ore delle sue dimissioni da segretario del Partito socialista italiano. Una diretta ai settori di pubblico italiano favorevoli al governo, tuttavia ingombrante nei rapporti diplomatici. «Né il presidente del Consiglio né il ministro degli Esteri, come già affermato nel comunicato del Consiglio dei ministri di oggi (ieri per chi legge, ndr), hanno mai parlato di complotto internazionale, né di disegno organizzativo per colpire il presidente del Consiglio», ha scritto poi in una nota Frattini.
Le email, i telegrammi, i testi spediti a vario titolo tra uffici della diplomazia americana e presto leggibili con pochi clic su una tastiera sarebbero circa 2 milioni e 700 mila. Conterrebbero giudizi critici su russi potenti, opinioni diverse sul Medio Oriente. Forse, per evitare i contraccolpi sgraditi i governi in questione hanno una via: lavorare affinché la grande quantità di rivelazioni produca un indistinto rumore diffuso.
Maurizio Caprara