ACHILLE BONITO OLIVA , la Repubblica 27/11/2010, 27 novembre 2010
FORME LEGGERE IN QUADRI CELESTI "QUI VIBRA LO SPIRITO CREATORE". "I
miti del Mediterraneo" è il felice titolo della mostra di Joan Miró al Palazzo Blu di Pisa. 110 opere tra pitture sculture, mitografie, disegni, che illustrano - fino al 23 gennaio -l´iconografia del grande artista catalano. Miró ha attraversato da buon surrealista non soltanto le perturbazioni dell´inconscio ma anche gli archetipi riguardanti i miti classici del Minotauro e di Dafne e Cloe, elaborati dal 1933 in poi, anche a Maiorca dove si trasferisce durante la seconda Guerra mondiale e costruisce insieme all´architetto Sert la casa dove dimora fino alla morte. Ha collaborato senza timore e tremore con Picasso per la serie qui esposta Rossa e nera sulla Guerra civile spagnola e ancora con Breton per le Costellazioni, ognuna delle quali è qui accompagnata dai versi del poeta.
Il sogno dell´arte di Miró è costellato e disseminato da frammenti che vivono all´incrocio di molti cieli, che gravitano a diverse altezze. I frammenti sono sempre sottili e mai corposi, la leggerezza permette loro di vagare velocemente e di sostare tranquillamente senza ingombro e senza squilibri. Nei cieli-quadri di Miró non esistono sprofondamenti o precipitazioni. Gli elementi si dispongono secondo i dettami della compresenza e della epifania, secondo il senso dell´illuminazione e dell´apparizione improvvisa.
L´immagine è il portato di un campo di segni disseminati fuori da qualsiasi idea di percorso e tutti pronti a rientrare dentro se stessi, a sognare la propria esilità umbratile. Il sogno di Miró non è fatto di immagini ferme e perentorie ma di filamenti di forme pronte a frantumarsi nell´intreccio di molti itinerari, come nella serie di Barcellona, sulle donne combattenti.
Esso è fatto per essere guardato da un occhio interiore. Le forme germinano direttamente nel sogno del quadro. II linguaggio germinante dell´arte provoca molti fiori e anche deserti, punti bianchi e intoccati della tela. Esso prolifera su se stesso e inonda la superficie del quadro con attento disordine. L´attenzione nasce da una disciplina biologica del linguaggio, che si dispone sempre secondo rapporti e relazioni di istantaneità: i miti del viaggio dell´Arcipelago selvaggio.
Anche i colori si dispongono in maniera aperta o dentro i filamenti delle immagini oppure fuori, a deconcentrare le figure, a stabilire nessi che precipitano lontano. Talvolta essi scoppiano vicino con un fragore che resta sempre silenzioso, in quanto investe sempre l´occhio, seppure quello interno. Da qui poi scorre velocemente negli altri organi della percezione, che non sono mai solamente visivi. Le immagini tornano così da dove sono partite, nei recessi bui o totalmente luminosi del profondo, da cui proviene il mito della Mater natura qui trattato in numerosi quadri.
II profondo di Miró non è naturalmente il luogo dell´irrazionale, del puro misconoscimento della ragione, ma il serbatoio che trova sempre nuova linfa e rinnovamento dalla sua stessa pulsione a rimanere sotterraneo. Un serbatoio messo tutto in orizzontale che non ama alzare la testa, che ha per attitudine un movimento inclinato. È il sogno dell´arte a trasportarlo fuori dalla sua posizione supina, a trascinarlo nel luogo della rappresentazione, dove non subisce perdite, semmai si accresce di un ulteriore splendore oscuro.
"Disciplina di lavoro per avvicinarsi di più alla forma". L´asserzione di Miró scaturisce dalla natura stessa del linguaggio, che ama porsi sempre sotto lo sguardo in maniera compita e compunta. La compunzione non significa certamente perdita di intensità, semmai accrescimento e maggior concentrazione. Il sogno dell´arte in Miró passa attraverso il superamento dell´improvvisazione, e il raffinamento dell´immagine che calibra la propria apparizione. L´immaginario non è un luogo astratto, ma il terminale ininterrotto del serbatoio del profondo. Il linguaggio costituisce la meccanica attraverso cui esso avvia e produce le sue polluzioni.
"Noi avremo un´arte libera e tutto l´interesse dell´artista si baserà sulla vibrazione dello spirito creatore" (Miró). La vibrazione dunque è il movimento che l´artista sviluppa per avvicinarsi al luogo interiore. Da questo luogo la natura non è lontana, anzi essa vive all´unisono sulla stessa lunghezza d´onda, fatta di espansione e contrazione, di sottili tremiti che impediscono grandi eventi ma costituiscono le polarità temporali, e per questo invisibili, entro cui avvengono i piccoli eventi della nascita e della morte.